Tre gol in quattro anni. Ma Pellegri è ancora il più giovane candidato alla 9 della Nazionale
All'improvviso, Pietro Pellegri. La palla persa nel finale, un incidente di percorso: il Torino, a questo punto della stagione, non ha altro da chiedere se non capire su che basi costruire il proprio futuro. Il gol, un evento raro ma liberatorio. L'ultimo era datato 6 dicembre 2020, parlava francese: 496 giorni fa. Per trovare quello precedente bisogna risalire di altri 833 giorni. Sommati gli uni agli altri, fanno tre reti in 1.329 giorni. Significa tre gol in quattro anni, arrotondati per eccesso ma neanche troppo: ha gonfiato la rete nel 2018, nel 2020 e nel 2022. Nel mezzo, troppo tempo senza esultare e tanta sfortuna.
Sembra finito, è solo iniziato. Il peccato originale di questo ragazzone ligure, classe 2001, è di essersi messo in mostra troppo presto. Sempre all'Olimpico, ma contro la Roma: aveva 16 anni e 72 giorni. Soltanto due giocatori sono stati più precoci di lui nel trovare il gol in Serie A, ma non due qualunque: Amedeo Amadei e Gianni Rivera, tra i più grandi nella storia del nostro calcio. Da lì in poi, una carriera dickensiana: grandi aspettative e grandi difficoltà.
Ha tutta la vita davanti. Ha segnato di fronte a Immobile e Belotti. Forse è un caso, forse no: sono i due centravanti di una Nazionale che cerca altro per gli anni a venire. Pellegri, giova ripeterlo, è nato nel 2001: è più giovane di Scamacca e Raspadori, più nuovo del nuovo che avanza. A oggi, non è inserito nelle liste dei futuri numeri 9 dell'Italia. Perché ha avuto troppi infortuni, e il fisico di cristallo resta il grande cruccio di un talento indiscutibile. Troppe aspettative, generate a loro volta dai tanti (troppi?) soldi investiti per bruciare quello che per qualità potrebbe benissimo essere il miglior attaccante italiano dei prossimi dieci-quindici anni. Qualche atteggiamento da rivedere. Nel calderone ci mettiamo di tutto, per carità. Però Pietro Pellegri ha 21 anni ed è tornato a segnare in Serie A. Ha tutta la vita davanti e, senza mettergli il peso del mondo sulle spalle, possiamo tornare a credere che ci faccia divertire. Chissà, magari anche sognare.