Carlo Nesti: "Sacchi... di saggezza

22.02.2009 10:52 di  Raffaella Bon   vedi letture

Arrigo Sacchi, oltre che un grande allenatore, è sempre stato un ottimo "pensatore" del calcio, un intellettuale di raro spessore morale. Forse, in televisione, non lo aiutano l'espressione austera e l'eloquio macchinoso, ma leggerlo è un piacere. Personalmente, non perdo un suo "pezzo" su "La Gazzetta dello Sport".

Da molti anni si parla dell'introduzione della "moviola" sui campi di gioco, per chiarire, in tempo reale, gli episodi controversi, ed evitare ingiustizie. Platini, presidente "illuminato" dell'Uefa, propone, prima ancora di questo, l'introduzione di 2 giudici di linea dietro le porte, come nel tennis.

Interpellato sull'argomento, sapete cosa ha risposto Sacchi? "Credo che il nostro calcio debba iniziare un processo di rinnovamento etico, e non certo tecnologico. La tecnologia è controllata, comunque, dagli esseri umani, e alla luce della italica cultura del sospetto, non cambierebbe un bel niente".

Sento di potermi allineare alla considerazione di Arrigo, che, tra l'altro, non hai nascosto la sua fervida fede cristiana. E sento di dovere allargare il discorso. Le 2 grandi "piaghe" del calcio tricolore, la violenza e la dietrologia, dipendono dalla mancanza di "cultura sportiva", ignorata dalla scuola.

Sono convinto, da sempre, che chi discute per ore del fuorigioco millimetrico, e chi aspetta i pullman avversari per bersagliarli di oggetti, difficilmente sia stato "atleta praticante". Avrebbe imparato il "rispetto dell'avversario" e il "saper perdere", che sono virtù anche del cristiano-modello.

Interpretare gli "errori" come "malafede", significa coltivare rabbie e rancori, l'esatto contrario della funzione "aggregante" dello sport. Ma i vuoti "storici" non si colmano in pochi mesi, in un paese in cui, per troppo tempo, sport è stato sinonimo di "propaganda fascista", e quindi da buttare.

Con questo, nessuno vuole escludere le tesi meno ottimistiche. Della cultura sportiva, fa parte anche l'attitudine degli arbitri a respingere la "sudditanza psicologica" nei riguardi dei grandi club. Essa è indimostrabile, e la verità risiede solo nella coscienza di chi dirige gli incontri.