ATLETI rovinati dal morbo che fa tremare il calcio
«Chel’hai visto i’Borgonovointv?»,domandauntifoso ultrasessantenne dallo spiccato accento fiorentino nello storico bar Marisa vicino lo stadio Franchi. Da queste parti Stefano Borgonovo, tre stagioni in maglia viola - unadelle quali alfianco diRoberto Baggio - non è stato mai dimenticato. Firenze è particolarmente sensibile all’argomento Sla: proprio aun calciatore viola,ArmandoSegato, 40 anni fa fu diagnosticata per la prima volta questa malattia. «Ma non credo che c’entri la pratica calcisticaosportivaoafenomeni, altrimenti ci sarebbero tanti ciclisti morti di Sla - dice il figlio Alessandro -. Nel caso di mio padre la malattia comparve dopo un infortunio ai legamenti che si procurò mentre allenava il Venezia e da lì non recuperò più. Infatti l’unica azione legale che fece mia madreechepersefuunacausa di lavoro contro la società veneta».
C’è poi la storia di Bruno Beatrice, altro calciatore della Fiorentina degli anni ’70, che haancora degli strascichi penalidopol’esposto dellavedova Gabriella Bernardini. A fine2007 unanuovainchiesta, coordinata dal pm Bocciolini e condotta dai carabinieri del Nas di Firenze, ha inserito nel registro degli indagati tre persone: Carlo Mazzone, all’epoca allenatore della Fiorentina, e due ex primari. I tre sono già stati ascoltati dai Nase si sono detti estranei alla vicenda. Mazzone è stato sentito due volte, la seconda nell’agosto scorso dopo una sua richiesta al pm, e si è detto sereno perché «non ho mai suggerito cure ai medici sportivi».
Intanto l’intervista televisiva di Borgonovo ha riaperto la ferita dei familiari delpovero Beatrice. «Spero con tutto il cuore che sia ilprimocalciatore a guarire dalla Sla - dice la figlia Claudia -;ancheio come sua moglie Chantal spero nel miracolo, ma pensare che la sua malattia sia stata causata da una fatalità, dal destino, non ci credo e non ci crederò mai. Io il calcio non lo assolvo». Sotto accusa, le cure e i sistemi terapeutici dell’epoca.«Nonsonounmedico - insiste Claudia che ha costituito un’associazione per le vittime del doping -ma credo che le cause di certe malattie che colpiscono i calciatori vadano ricercate in pratiche mediche o paramediche, comel’abuso dimedicinali o di altri mezzi o sistemi terapeutici o di allenamento. Mio padre è morto per questi motivi e non auguro a nessuno di finire come lui».
«Ioricordo sololelunghetelefonate di mio marito mentre eraattaccatoaunaflebo e il suo tremore quando cercava di dormire dopo le partite », racconta per l’ennesima volta la vedova di Beatrice, addolorata per la vicenda di Borgonovo.
«Non sapevano quello che davanoloro -haspiegato tante volte la vedova di Nello Saltutti, un’altra vittima dal passato in viola -. Mio marito certe volte diceva al medico che stava bene, che non aveva bisognodi nulla, ma il lunedì gli facevano comunque delle cure ricostituenti».
Toscano di nascita (Ponsacco, vicino Pisa) era Adriano Lombardi, deceduto l’anno scorso. «Mi ripeteva continuamente, nonostante la sofferenza per la malattia, che non era stato il calcio a causargli la Sla - sottolinea il fratello Luciano - e io stesso ho scoperto che è così.Loconfermano le statistiche ufficiali, ho conosciuto altre persone morte per la Sla che non avevano mai dato un calcio a un pallone. Certo, manca una diagnosi esatta e soprattutto le cure».