I sette anni di Cairo: "Per il Toro ho speso 60 milioni, ma la società è sana. Ventura? E' stato bravo a farsi costruire la squadra che voleva"
Urbano Cairo ha da poco festeggiato il suo settimo anno da presidente del Torino. Dopo la sbronza della prima stagione, culminata con la promozione in A, i grattacapi non sono mancati all'imprenditore di origini alessandrine. Il numero uno granata ne ha parlato in un'intervista direttamente nella sede del Tuttosport, iniziando dall'argomento stadio Olimpico: "Lo stadio può essere preso in gestione per 30, 50 anni oppure anche essere acquistato. Ma lo stadio Olimpico, che funziona abbastanza bene anche se le curve sono un po lontane, non è un impianto pensato e costruito per essere vissuto sette giorni su sette. E un impianto ristrutturato per le Olimpiadi invernali, tanto che la parte che distanzia le curve dal campo è stata ideata per ospitare il giro di campo delle nazioni partecipanti. Non è lo stadio che potremmo immaginare di costruire qualora si dovesse partire da zero".
L'ambiente torinista ha sempre rivendicato la volontà di avere una struttura più torinese che milanese. Ecco la risposta del patron: "Io ho preso il Toro sette anni fa: in quel momento c'era stato chi aveva fatto rivivere il Toro attraverso il lodo Petrucci, però se poi Chiamparino mi aveva chiamato è perché c'erano impegni importanti da affrontare. Ricordo che il giorno dopo averlo rilevato dovetti aumentare il capitale da 20 mila euro a dieci milioni e poi feci fidejussioni per 15 milioni. Dovevo garantire anche un anno di stipendi. Accettai volentieri. Mio papà e mia mamma, tifosissimi del Grande Torino, mi spinsero a realizzare un qualcosa che già io ero intenzionato a portare avanti. Però sono nato a Milano, vivo a Milano, lavoro a Milano e quindi sono impossibilitato a vivere a Torino da presidente del Toro".
Il presidente condensa in una sorta di bignami i suoi anni al Toro: "La cosa che mi ha creato dei problemi è stata la retrocessione. E lasciamo stare come è avvenuta. Avrei dovuto dotarmi subito di una struttura più robusta e ne ho pagato le conseguenze. Pensavo di poter fare di più da lontano e invece non è così, da 120 chilometri di distanza non si possono gestire le dinamiche di una azienda particolare come un club di calcio. Il Toro in Europa? Non è che avessi proprio detto Toro in Europa. Avevo in cuor mio il sogno europeo e se lho dichiarato lho fatto in un momento di ingenuità, di trasporto, magari di presunzione ma in buona fede. In sette anni penso di aver rispettato i miei impegni: il club non ha debiti, ho ripianato quello che c'era da ripianare e ho evitato di fare ciò che magari fanno altri. Cioè spendersi prima i diritti tv dell'anno successivo oppure non pagare l'Iva. Il Toro è una società florida e linda. Se il calcio è un affare? No, per il momento non è affatto un affare. Mi è costato 60 milioni di euro. Ho una mia agendina su cui c'è scritto cosa ho speso, voce per voce. Se i miei figli la leggono mi fanno interdire. Spero in futuro di raccogliere risultati, per rientrare dall'attuale perdita".
Cairo esprime poi il suo obiettivo sul potenziamento a livello societario del Torino: "Sto scegliendo le persone giuste per i ruoli nei quali dobbiamo potenziarci. Comi è ormai dg a tempo pieno, e posso contare su collaboratori validi anche se è il momento di una accelerazione di passo per mantenere la A. Dobbiamo potenziare il numero degli osservatori. Ventura è importante e non solo per ciò che sa fare in panchina. Lui ha grande esperienza e per me è stimolante il confronto. Ma sappiate che anche lui deve essere aiutato. Comunque è bravo, riesce a farsi fare la squadra che vuole".
Le ultime dichiarazioni toccano inevitabilmente la questione Filadelfia. Ma non ci sono al momento significative novità: "Al di là delle cifre circolate, io non so cosa abbiano stanziato i due enti. Allora perché non ci vediamo nel consiglio del Filadelfia, davanti a tutti i soggetti coinvolti, e diciamo con un impegno formale quanto mettiamo per il Filadelfia? Io sono disponibile a fare la mia parte e lo dico da presidente del Torino. Ma se ora dico che metto 100 lire resta scolpito nella pietra. E allora è giusto che io dica cosa voglio fare in una sede in cui si prendono impegni formali e rigorosi. E soprattutto dai quali non si torna indietro. Dunque è un appello: al sindaco di Torino, Fassino, e al presidente della Regione, Cota. Siccome mi fido di loro, facciamo un patto d'acciaio sul Fila".