Ventura sulla Nazionale: "Nessuna invidia per l'Italia di Mancini. Però ho dovuto riprendere la mia vita"
Giampiero Ventura ha parlato della sua delicata quanto infruttuosa esperienza con la Nazionale italiana a Radio Anch'io lo Sport. Non c'è invidia o rammarico per quello che è stato, anche se il suo non è stato nemmeno un periodo fortunato.
"C'è un percorso straordinariamente positivo, basti pensare alla qualificazione con tre partite di anticipo. La cosa migliore è quest'infornata di giovani, questa crescita esponenziale, dai Chiesa ai Bernardeschi per arrivare a Sensi e Barella. Mancini ha seminato per creare lo zoccolo duro per l'Italia del futuro, molti stanno facendo esperienza, le coppe, è un'immagine positiva. Faccio i complimenti a Mancini, spero che l'Italia possa tornare dove merita, io ne sono il primo tifoso", ha commentato Ventura l'impresa già raggiunta da Mancini.
La cosa importante di questa Italia è avere a disposizione molti giocatori giovani: "Credo che solo ed esclusivamente la crescita di giovani di qualità possa fare aprire cicli. Poi il grande merito è dare la possibilità a questi ragazzi di crescere, di dare esperienza. Quando ho convocato Barella in molti si stupirono, ora gioca nell'Inter, a Barcellona, è una crescita per la Nazionale. È un augurio, il mio, che sia iniziata la crescita".
Qualche rammarico c'è nell'aver accettato la nazionale in un momento non proprio felice: "Forse avrei dovuto pensarci quando ho accettato che non era la cosa più giusta da fare. Ho accettato con il cuore, chi lo fa nel calcio spesso sbaglia, bisogna avere più raziocinio. Se non ci fosse stata la Spagna ci saremmo qualificati con due mesi di anticipo. Me ne dispiaccio, non tanto come ct, bensì come tifoso. Al 4-3 di Rivera, contro la Germania, esultai. Avversari più facili per questa Italia? Rimango dell'idea che vincere non sia mai facile, rimane un percorso straordinariamente positivo. È ovvio che arriveranno gare più difficili".
Non c'è invidia per Ventura, che comunque le sue belle esperienze calcistiche le ha fatte: "È stata un'esperienza dura, in molti hanno visto solo il risultato sportivo, invece c'è stato qualcosa di più, di epocale. Non bisognava pensare al risultato finale, ma anche ai presupposti. Ho dovuto prenderne le distanze, per riprendere la mia vita. Quella sconfitta ha tentato di cancellare i 34 anni di vita calcistica che ho fatto. L'obiettivo era tornare sul campo di calcio, il filo conduttore della mia vita".
L'esperienza alla Salernitana è importante e si rivede un po' come ai tempi del Toro: "Era in B, c'era contestazione, in tre anni siamo passati dalla B all'Europa. Non dico che sia fattibile a Salerno, ma assomiglia di più a quel tipo di percorso. C'è stato un tipo di rapporto con la città, con la tifoseria. Siamo sulla buona strada, c'è molto da fare".