Federsupporter, il caso Torino non può essere invocato alla luce del quadro normativo attuale

Federsupporter lo spiega in una nota dell’avvocato Massimo Rossetti, responsabile dell’area legale dell’associazione di tutela dei tifosi, che si allega in calce.
17.06.2015 19:18 di  Marina Beccuti  Twitter:    vedi letture
Federsupporter, il caso Torino non può essere invocato alla luce del quadro normativo attuale

Ammissione di società di calcio italiane alle competizioni UEFA. Responsabilità delle società.

                                                                                    

 

Premessa.

 

Le norme UEFA sono redatte in lingua inglese, quale lingua ufficiale della stessa UEFA ( le altre lingue ufficiali sono il francese ed il tedesco).

Ne consegue che non sempre la loro trasposizione nella lingua italiana risulta o può risultare del tutto aderente, in specie dal punto di vista tecnico-giuridico, all’espressione inglese.

Le norme UEFA, inoltre, sono essenzialmente coerenti con un sistema di common law; vale a dire funzionali ad un diritto giurisprudenziale, per cui sono i giudici, pronunciandosi, a creare il diritto.

Da qui il fatto che le norme UEFA sono, per lo più, norme di principio, adattabili e che vanno adattate ad ogni singolo caso concreto.

Le norme CONI e FIGC, invece, sono coerenti con un sistema di civil law; vale a dire appartenenti ad uno specifico corpus normativo codificato in astratto ed in via generale.

Norme applicabili e che vanno applicate ad ogni fattispecie concreta che presenti gli stessi caratteri contemplati astrattamente dalle norme stesse.

Quanto, poi, all’applicazione di queste ultime, nel ribadire le osservazioni già formulate in proposito nelle mie note del 4 giugno scorso, preciso che le suddette norme - astratte- vanno applicate, di volta in volta, al caso concreto e che i precedenti, sebbene utili quali elementi di riferimento, tuttavia, vanno sempre presi con prudenza e cautela, poiché casi, pur analoghi o che lo sembrano, possono presentare diversità e difformità l’uno dall’altro, dovendosi anche tenere conto della sopravvenienza di norme.

Allo scopo, infine, di evitare qualsiasi “ impressione meramente soggettiva”, ma volendo rispettare il “ dovere di informazione” nei confronti dei nostri soci e, più in generale, dell’opinione pubblica, mi limiterò a riportare di seguito, con alcuni chiarimenti di carattere tecnico-giuridico, alcune disposizioni di fonte UEFA, FIGC e CONI che potrebbero interessare sia l’iscrizione di società italiane alle competizioni UEFA sia la responsabilità di tali società.

 

Ammissione di società italiane a competizioni UEFA.

 

La normativa UEFA, ai fini dell’ammissione in oggetto, prevede, tra l’altro, che il club non sia stato coinvolto, né direttamente né indirettamente, in combine.

Più precisamente, l’art. 50, comma 3, dello Statuto UEFA recita : “The admission to a UEFA competition of a member Association or club directly or indirectly involved in any activity aimed at arranging or influencing the outcome of a match at national or international level can be refused with immediate effect, without prejudice to any possibile disciplinary measures”.

La traduzione italiana più aderente alla suddetta disposizione può essere la seguente “L’ammissione di una Federazione o di un club, direttamente o indirettamente, coinvolto in attività che tentino di  prestabilire o influenzare il risultato di una partita nazionale o internazionale può essere rifiutata con effetto immediato, senza precludere altre eventuali misure disciplinari”.

Tale norma generale è stata introdotta nei regolamenti della UEFA Champions League e della UEFA Europe League, i cui artt. 2.05, 2.08 e 2.09 (traduzione italiana) stabiliscono: “Se, in base a tutte le circostanze di fatto e alle informazioni disponibili, la UEFA conclude che un club è stato coinvolto, direttamente o indirettamente, dopo l’entrata in vigore dell’articolo 50 degli Statuti UEFA (27 aprile 2007) in attività che tentino di prestabilire o influenzare il risultato di una partita, nazionale o internazionale, la UEFA dichiarerà tale club non idoneo a partecipare alla competizione. La non idoneità è valida solo per una stagione calcistica. Per quanto riguarda il verdetto, la UEFA può affidarsi (ma non è vincolata) alla decisione di un Organo Sportivo nazionale o internazionale, di un tribunale arbitrale o di  un tribunale di stato ha già avuto l’effetto di impedire al club di partecipare a una competizione UEFA. Oltre alla sanzione amministrativa, ovvero la dichiarazione di non idoneità di un club come previsto dal paragrafo 2.05, gli organi giudiziari UEFA possono, se le circostanze lo giustificano, adottare altre misure come previsto dai regolamenti disciplinari UEFA”.

L’art. 12, comma 1 delle UEFA Disciplinary Regulations, Edizione 2013, corrispondenti, in ambito UEFA, al Codice di Giustizia Sportiva (CGS) in ambito FIGC, sancisce che “All persons bound by UEFA’S rules and regulations must refrain from any behaviour that damages or could damage the integrity of matches and competition and must cooperate fully with UEFA at all times in it’s efforts to combat such behaviour”.

La traduzione italiana più aderente alla suddetta norma è la seguente: “Tutte le persone vincolate alle regole e alle norme della UEFA devono astenersi da comportamenti che danneggiano o possano danneggiare l’integrità delle partite o delle competizioni. Inoltre, tutti devono collaborare totalmente con la UEFA per prevenire tali comportamenti”.

Sempre l’art. 12, comma 2, lettera d, prevede che la regolarità delle gare si intende violata, per esempio, da chiunque “who does not immediately and voluntarily inform UEFA if approached in connection with activities aimed at influencing in a unlawful or undue manner the course and/or result of a match or competition”.

La traduzione italiana più aderente alla suddetta norma è la seguente: “Chiunque non informi immediatamente e volontariamente la UEFA se contattato in relazione ad attività rivolta a influenzare in maniera illecita o indebita lo svolgimento e/o i risultati di una partita o di una competizione”.

Tutto ciò premesso, i principali problemi interpretativi che, a mio avviso, si possono porre sono : la portata dell’avverbio “ indirettamente” in relazione all’uso del verbo “ coinvolto”, nonché la portata dell’espressione “ combine”.

Circa la prima questione ( portata dell’avverbio “ indirettamente” in relazione all’uso del verbo “ coinvolto”), mi sembra di poter dire che un coinvolgimento indiretto possa essere rappresentato dal caso di responsabilità oggettiva della società, così come disciplinata dal CGS della FIGC.

Stabilisce, infatti, l’art. 4 , comma 2, del suddetto CGS che “ Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5 ( i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale )”.

Circa la portata dell’espressione “ combine”, mentre è indubbio che essa riguarda l’illecito sportivo, come definito dall’art. 7, comma 1, del CGS della FIGC ( “ Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”), può essere incerto se essa comprenda anche l’omessa denuncia di tale illecito, così come definita  e sanzionata ai successivi commi 7 e 8 ( “ I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7 comporta per i soggetti di cui all’art.1, commi 1 e 5, la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a sei mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro  30.000”).

Laddove, se è pur vero che le fattispecie di illecito sportivo e di omessa denuncia di quest’ultimo sono disciplinate e sanzionate nel CGS della FIGC in maniera autonoma e diversa, è altrettanto vero però, che entrambe implicano un coinvolgimento, indiretto nel caso dell’omessa denuncia, in una combine, tenuto conto, a quest’ultimo proposito, come rilevato in Premessa, che nel linguaggio inglese adottato dalla UEFA al coinvolgimento anche indiretto nella combine potrebbe essere attribuito un significato non strettamente limitato al compimento o al tentativo di compimento di un illecito sportivo.

D’altronde, non v’è dubbio che, come si è visto, l’art. 12, comma 2, lettera d, delle UEFA Disciplinary Regulations contempla e sanziona anch’esso  la fattispecie di omessa denuncia, così come contemplata e sanzionata all’art. 7, commi 7 e 8 , del CGS della FIGC.

Aggiungasi, per completezza, che, almeno a mio avviso, l’omessa denuncia di un illecito o di un tentativo di illecito di cui si sia venuti a conoscenza prima dell’evento sportivo potrebbe far qualificare, ai fini  del coinvolgimento in una combine, tale omissione come un concorso omissivo nell’illecito o nel tentativo di illecito stessi.

Quanto a possibili precedenti, molti organi di informazione ricordano che il Torino è stato ammesso alla Coppa Uefa dello corso anno, avendo sostenuto che il patteggiamento in sede sportiva non aveva efficacia di riconoscimento del fatto che l’incolpato, proprio tesserato, avesse commesso l’illecito.

Secondo il Codice della Giustizia Sportiva del CONI, entrato in vigore il 12 giugno 2014, cui ciascuna Federazione deve provvedere a conformare i rispettivi Statuti e Regolamenti di giustizia in tempo utile per l’inizio della prima stagione sportiva successiva alla suddetta data, mentre esclude la possibilità di ricorrere al patteggiamento per i casi di recidiva e di illecito sportivo ( art. 28, comma 4 e art. 48, comma 3),  stabilisce che “ La sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti ( patteggiamento ndr) ha la stessa efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare davanti agli organi di giustizia sportiva della sentenza penale irrevocabile di condanna quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell’affermazione che l’imputato lo ha commesso “ ( art. 39, commi 1 e 2 ).

Aggiungasi che,  ai sensi dell’art. 445, comma 1 bis, ultimo periodo, CPP “ Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza ( di applicazione della pena su richiesta, alias patteggiamento, ndr) è equiparata ad una pronuncia di condanna”.

Viene allora da chiedersi, se è vero, come è vero, che il Codice della Giustizia Sportiva del CONI attribuisce dal 12 giugno 2014 al patteggiamento in sede penale efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare sportivo quanto all’accertamento del fatto ed alla responsabilità di chi lo ha commesso, se sia ancora sostenibile che il patteggiamento in sede sportiva possa essere ritenuto come non implicitamente ammissivo della commissione dell’illecito e se l’UEFA, in sede di ammissione del Torino alla competizione europea, abbia valutato oppure no la soprarichiamata norma del Codice di Giustizia Sportiva del CONI.

2.Responsabilità delle società

 

Le società, oltre a rispondere oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati, di soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché di coloro che svolgono qualsiasi attività al loro interno o nel loro interesse o comunque rilevante nell’ordinamento federale (art.4, comma 2, del CGS della FIGC), rispondono “ direttamente dell’operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali” ( art. 4, comma 1 ).

In altre parole, la società risponde, in prima persona, dell’operato di chi ne ha la rappresentanza ai fini federali.

La responsabilità diretta, come è intuibile, è ben più grave e pesante di quella oggettiva.

L’art. 1, comma 1, del predetto CGS prevede che “ Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.

Il successivo comma 6 prevede che “In caso di violazione degli obblighi previsti dal comma 1 si applicano le sanzioni di cui alle lettere a), b), c), g) della’art 18, comma 1,  e quelle di cui alle lettere  a), b), c), d), f), g) h) dell’art 19, comma 1”.

Le sanzioni di cui all’art. 18, comma 1, a carico delle società, lettere a, b, c, e g, consistono: nell’ammonizione, nell’ammenda, nell’ammenda  con diffida, nella penalizzazione di uno o più punti in classifica, da scontare nella stagione sportiva in corso e, se inefficace, in tutto o in parte, nella stagione successiva.

Le sanzioni  di cui all’art. 19, comma 1, a carico di dirigenti e tesserati, alle lettere a, b, c,d, f, g, h, consistono : nell’ammonizione, nell’ammonizione con diffida, nell’ammenda, nell’ammenda con diffida, nella squalifica a tempo determinato, nel divieto di accedere agli impianti sportivi, nell’inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno alla FIGC, con eventuale richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, a ricoprire cariche federali e a rappresentare le società nell’ambito federale.

L’art. 16, comma 1, del CGS della FIGC prevede che “ Gli organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonchè l’eventuale recidiva”.

Quest’ultima, ai sensi del successivo art. 21, commi 1 e 2 ,  consiste, per le società, i dirigenti, i tesserati, nonché per tutti i soggetti di cui all’art. 1, comma 5, nell’aver “  subito una sanzione per fatti della stessa natura nella medesima stagione sportiva. La condanna ad una delle sanzioni previste dalle lettere d,e,f,g,h,,i,l,m,dell’art. 18, comma 1, è valutata ai fini della recidiva, anche per le infrazioni commesse nella stagione sportiva successiva”.

Nel caso di recidiva, “E’ applicato un aumento della pena determinato secondo la gravità del fatto e la reiterazione delle infrazioni “ ( art. 21, comma 1).

Non solo, ma come già detto, la recidiva comporta l’impossibilità di ricorrere al patteggiamento.

 

Avv. Massimo Rossetti