ESCLUSIVA TG – Cassini (1ª parte): “Riconoscere la grandezza della storia del Toro per Cairo sarebbe stato un grande atto di umiltà e gli avrebbe permesso di avere un rapporto migliore con i tifosi”

ESCLUSIVA TG – Cassini (1ª parte): “Riconoscere la grandezza della storia del Toro per Cairo sarebbe stato un grande atto di umiltà e gli avrebbe permesso di avere un rapporto migliore con i tifosi”
Marco Cassini
martedì 27 maggio 2025, 12:00Esclusive
di Elena Rossin
fonte Elena Rossin

Marco Casssini è stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Cassini è un attore, un regista e tifoso del Toro. Con lui abbiamo parlato della sua squadra del cuore e dei valori granata. Una bella chiacchierata ricca di contenuti che viene riportata in due parti, la prima pubblicata oggi e la seconda domani.

Campionato concluso, cosa pensa di questa stagione del Torino?
“Le parole dell’allenatore della Roma Ranieri, signore del calcio, sono state, secondo me, illuminanti. Nell'ultima conferenza della sua carriera ha parlato del Toro e non dicendo cose scontate. Infatti ha detto di essersi ritrovato contro il Toro, quello vero, ed era difficile affrontarlo. Lui parlava degli eroi del 76, ma anche della mentalità granata che noi cerchiamo di trasmettere ai nostri figli, ai nostri amici, ai nostri genitori, perché parlare di Toro significa questo. Il rischio è che dopo questi ultimi 20 anni il passaggio di testimone, che è così bello perché fa parte non solo della cultura di noi tifosi del Toro ma dell'Italia intera, sia complicato poiché calcisticamente è un periodo molto delicato e il rischio è che vada perduta una delle storie più belle del mondo. Penso che si abbia una grande responsabilità quando si gestisce una squadra che va ben oltre l’undicesimo o il nono posto in classifica, la prima parte o la seconda parte della graduatoria. Si ha la responsabilità di portare avanti, nel caso del Toro, valori unici che vanno ben al di là del calcio”.

Di questa stagione cosa salva?
“Salvo i bambini allo stadio, ne vedo sempre tanti, salvo le bandiere di Valentino che continuano a sventolare, salvo il 4 maggio che è stato migliore dell'anno precedente considerando che l’anno scorso  sull'autobus dei giocatori sono stati pronunciati degli epiteti non proprio carini rivolti al mondo Toro e questo forse ha creato un maggiore scollamento. Ma ci sono stati tanti episodi in questi anni che sono stati difficili da comprendere e accettare, forse persino per la società stessa. Ecco perché salvo i bambini allo stadio, quel ragazzino che domenica era davanti allo stadio con il papà che lo teneva per mano. Salvo Paolo Vanoli, che è un allenatore italiano e che ha uno stile di gioco e che nelle conferenze stampa spesso ha cercato di parlare da uomo Toro. Poi chiaramente non è facile, è un periodo complesso”.

Invece cosa boccia di questo campionato?
“Da un punto di vista di mercato, riuscire a colmare subito vuoto lasciato da Zapata sarebbe stato strategico, almeno per arrivare a riprenderci quei punticini che l'anno scorso eravamo riusciti a fare. Dal punto di vista di mercato la società ha cercato di tappare i buchi che c’erano nella rosa, ma sempre un po' in ritardo. Credo che questo abbia a che fare molto anche con il tipo di trattative che si fanno, io mi occupo di cinema, non faccio calcio, però quando tu entri in contatto con un calciatore è importante convincerlo subito che sta prendendo la strada giusta nel vestire la maglia granata. Però, se si fa caso, negli ultimi anni, in particolare negli ultimi dieci, spesso sono usciti nomi di calciatori, ma poi per un motivo o per un altro non sono arrivati perché sempre preferivano altri progetti: questo è un termometro importante da valutare. Vuol dire che o il nostro progetto non è abbastanza vincente, o da un punto di vista economico non riusciamo a metterci nelle condizioni di essere competitivi, ma in entrambi i casi il Toro finisce per stare dove sta. E questo è il motivo per cui poi magari molti tifosi vorrebbero almeno vedere delle partite da Toro. Purtroppo ci dobbiamo accontentare di piccoli pezzi di Toro, lo sappiamo”.

E sulla dirigenza che opinione si è fatto?
“Ci dobbiamo anche ricordare che è vero che Saputo ha preso il Bologna, a Como ci sono due proprietari indonesiani ricchissimi e che in Italia molte squadre hanno proprietà straniere. Anche alla Roma sono arrivati gli americani e la squadra ha vinto la Conference League, ma il fatto di avere una presidenza italiana per una squadra come il Toro, secondo me, è un plus. Perché il Toro fa parte della nostra cultura e questo sicuramente avrebbe potuto essere un grande plus con il tempo. Sulla carta cosa ci sarebbe meglio di un Presidente italiano che aveva genitori tifosi granata? Le premesse c’erano e ci sono tutte, però per trasformare questo in realtà ci vuole un passo in più”.

Tanti tifosi contestano Cairo, lei da che parte sta?
“Lo dico in maniera molto aperta ed onesta, sono dalla parte del tifoso del Toro. Ci sono stati errori importanti anche dal punto di vista delle relazioni con i tifosi. Ci sono stati episodi non belli e ne abbiamo visti diversi dalla sfiorata rissa fra il direttore sportivo e l’allenatore al quando a Superga alcuni calciatori hanno detto cose non positive nei confronti dei tifosi del Toro. Ci sono stati i cosiddetti “esperimenti sociali” in Curva Primavera. Tanti episodi che se fossero analizzati parlandone in un confronto anche con i propri tifosi sarebbe già un primo passo per un dialogo. ll tifoso del Toro notoriamente è un tifoso sportivo, ama vedere la propria squadra giocare prima di andare contro gli altri. C'è una grande differenza tra noi e i tifosi dell'Inter, per esempio. Il Toro guarda a se stesso sempre e questa è una cosa bellissima, quindi spero che ci sia sempre la possibilità di capire gli errori oggettivi. Per esempio, un errore di comunicazione è rilasciare interviste, come fatto nell'ultimo ventennio soprattutto all’inizio, dove si diceva che la presidenza ci avrebbe portato molto in alto. I Friedkin a Roma hanno adottato tutt'altra comunicazione: quasi zero interviste e se si chiede come si chiama di nome il Presidente in molti non lo sanno. I Presidenti della Roma compaiono molto di rado, eppure hanno fatto un lavoro importante in una piazza anche molto complicata. Hanno scelto una strategia di comunicazione differente perché si approcciavano a una piazza difficile e forse non vinceranno quanto i Sensi, però provano a fare del loro meglio evitando di creare false illusioni. Questo secondo me è un atteggiamento di comunicazione sano e che trasmette credibilità. Penso che noi tifosi del Toro, ma tutti, vorrebbero sempre la verità, nel bene e nel male. Al Toro la comunicazione fin dall’inizio non è stata molto efficace. Un altra cosa, purtroppo difficile da digerire per tutti, è che nell'organigramma non c'è nessun discendente diretto degli Invincibili, non c'è un elemento che sia uno, che di cognome fa Loik, Mazzola, Gabetto. Trovo ingiustificabile che non ci sia questo passaggio di cultura. Questo è stato un altro punto sul quale si sarebbe dovuto lavorare molto meglio”.

Pur non essendo lei di Torino ha le idee chiare sulla proprietà.
“Me le sono fatte col tempo approfondendo la storia del Toro. Di recente ho visto il contratto che Ferruccio Novo fece a Franco Ossola, all'interno c’era una clausola che diceva che il giocatore avrebbe dovuto avere un atteggiamento irreprensibile, di grande responsabilità nei confronti della maglia e di grande serietà nel lavoro. Quasi come se già dal contratto si volesse trasmettere il rispetto per i valori del Toro e una cultura del lavoro. Ferruccio Novo, 70 e rotti anni fa, lavorava così: è un fatto. Prima di far leggere i nomi degli invincibili a Superga, magari sarebbe meglio portare i calciatori al Museo del Toro, fargli fare una passeggiata in città facendogli vedere che cos'è piazza CLN, piazza San Carlo le piazze e le vie che hanno accolto migliaia di tifosi il giorno del funerale dei giocatori del Grande Torino. I calciatori prima di firmare il contratto dovrebbero leggere le statistiche del passato perché in tante siamo ancora tra i primi. Insomma fargli capire dove arrivano. Invece c'è questo scollamento e si parla di progetti, di contratti senza che dentro ci sia la cultura, il DNA del Toro. Questo è sintomo che ci sia un distaccamento. Riconoscere la grandezza della storia passata per l’attuale Presidente sarebbe stato un grande atto di umiltà e sicuramente lo avrebbe portato ad avere un rapporto migliore con noi tifosi e con tutti i sostenitori del Toro”.

A parte Ricci che di sua volontà e in forma privata è andato a visitare il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, nessun altro attuale giocatore granata ci è andato. Solo una volta anni fa Cairo c’è stato ed è dai tempi di Ventura, il 21 ottobre 2011, che la prima squadra non si reca al Museo.
“Non può essere una giustificazione, ma il Museo si trova a Grugliasco e non a Torino. La sua collocazione naturale sarebbe al Filadelfia. Borgo Filadelfia dove c’è il Fila e Santa Rita dove c’è lo stadio Grande Torino sono luoghi fondamentali, vi si respira ancora l’aria di quando c’erano Mazzola e compagni e se si socchiudono gli occhi si può immaginarli camminare per le strade per entrare al Fila. Se le persone che arrivano dal Sud America e da qualsiasi altra parte del mondo vanno apposta in via Filadelfia per vedere il moncone del vecchio Fila un motivo ci sarà. Il Museo del Toro è importante per conoscere la storia granata e trasferirlo al Fila sarebbe un valore aggiunto, anche per la città di Torino. Ecco perché venerdì 6 giugno alle 20,15 al Fila non si può mancare alla Partita della Leggenda fra Glorie Granata e gli Artisti e Amici Granata. Io ci sarò e avrò l’onore e il privilegio di scendere in quel campo calcato da Mazzola e compagni. Raccogliere fondi per portare il Museo al Fila è doveroso per riportare la nostra storia dove è nato tutto. Tutti dobbiamo impegnarci, agendo con fatti concreti, com’è la Partita del 6 giugno, e non solo a parole per riportare la storia del Toro al centro del villaggio. Se il Museo del Toro fosse al Filadelfia, magari sarebbe più facile per i giocatori andarlo a visitare. E’ quasi oltraggioso che non ci vadano, il Torino non è una squadra di calcio e basta nella quale un calciatore gioca qualche stagione e poi va altrove. Il nostro non può essere un progetto con la speranza di andare in Europa per poi vendere i giocatori facendo plusvalenze. Il Toro non è questo. Il Toro significa che finisci l'allenamento e fuori c'è un bambino che ti sta aspettando per avere un autografo, per fare una foto e tu giocatore ti fermi e magari gli racconti anche cosa significa vestire quella maglia per te. Il Toro è un modo di intendere lo sport e la vita che è totalmente diverso da quello che stiamo vivendo in questi anni. Questo è il modo giusto.  Guardiamo le squadre vincenti, lasciamo perdere quelle italiane, come il Barcellona che ha una continuità di tempo e di storia, una storia che fa paura in senso buono. Oppure il Manchester United, per fare un altro esempio. Dal mio punto di vista è bellissimo quello che stiamo facendo con la Partita della Leggenda e spero che possa aiutare il Toro a ritornare un po' al centro del villaggio. Lo scopo di riportare il Museo al Fila è proprio un atto concreto per rimettere al centro del villaggio una storia che fa parte dei torinesi e degli italiani in generale, e quella storia viene da quel quartiere, dallo stadio Filadelfia. E’ quindi giusto riportare lì il Museo”.

Il link della seconda parte dell’intervista dal titolo “Se vuoi entrare nel Toro veramente devi capire che non è solo una squadra di calcio, serve andare in una direzione più mistica che aziendalista”https://www.torinogranata.it/esclusive/esclusiva-tg-cassini-2a-parte-se-vuoi-entrare-nel-toro-veramente-devi-capire-che-non-e-solo-una-squadra-di-calcio-serve-andare-in-una-direzione-piu-mi-174557