ESCLUSIVA TG – Cassini (2ª parte): “Se vuoi entrare nel Toro veramente devi capire che non è solo una squadra di calcio, serve andare in una direzione più mistica che aziendalista”

ESCLUSIVA TG – Cassini (2ª parte): “Se vuoi entrare nel Toro veramente devi capire che non è solo una squadra di calcio, serve andare in una direzione più mistica che aziendalista”
Marco Cassini
mercoledì 28 maggio 2025, 12:00Esclusive
di Elena Rossin
fonte Elena Rossin

Marco Casssini è stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Cassini è un attore, un regista e tifoso del Toro. Con lui abbiamo parlato della sua squadra del cuore e dei valori granata. Una bella chiacchierata ricca di contenuti che viene riportata in due parti, la prima, pubblicata ieri, dal titolo “Riconoscere la grandezza della storia del Toro per Cairo sarebbe stato un grande atto di umiltà e gli avrebbe permesso di avere un rapporto migliore con i tifosi” (per leggerla cliccare sul seguente link https://www.torinogranata.it/primo-piano/esclusiva-tg-cassini-riconoscere-la-grandezza-della-storia-del-toro-per-cairo-sarebbe-stato-un-grande-atto-di-umilta-e-gli-avrebbe-permesso-di-avere-u-174525) e di seguito la seconda.

Sarà quindi per lei un’emozione il 6 giugno poter giocare al Filadelfia La partita della Leggenda?
“Assolutamente non vedo l’ora, mi vengono i brividi solo a pensarci. Onestamente avrei voluto che il Torino potesse tornare a giocare al Fila, ma mi rendo conto che per questioni di spazio non sarebbe stato possibile ricostruirlo per ottenere l’omologazione per giocare partite di Serie A e di coppe europee”.

Lei non è di Torino, ma come nasce la sua fede granata?
“E’ stata una chiamata particolare, perché il cinema mi ha portato a diplomarmi al Centro sperimentale di cinematografia, che è la scuola più antica e famosa del mondo, e la mia prima esperienza di film è stata a Torino, anche la seconda e la terza per la verità, e quindi è successo che a un certo punto sono diventato protagonista con Luciana Littizzetto di una serie molto famosa dal titolo “Fuoriclasse”, che fece uno share altissimo all'epoca in cui uscì. Le riprese furono fatte nel 2009 e quindi ero a Torino e abitavo in via Massena nel quartiere Crocetta. Scoprivo la città mano a mano e sentivo una forza propulsiva dentro il mio cuore fortissima, che non ho mai sentito in vita mia, una connessione quasi mistica ed è stato in quei giorni che ho cominciato ad approfondire la mia passione per il Toro. Si dice che il Toro lo si ha dentro, nel mi caso il Toro mi ha scelto. E’ stata una cosa incredibile. Poi è successo che ho girato a Torino anche i due film successivi. Le produzioni sapeva che ero tifoso del Toro e allora se giravamo di sabato o di domenica e il Toro giocava in casa mi mettevano di prima scena perché così poi potevo andare allo stadio. Spesso capitava che andavo sul set con la felpa del Toro e mi dicevano, ma perché sei vestito così? Era sempre molto bello. La passione granata è diventata parte integrante della mia vita, ho inserito un piccolo aneddoto sul Grande Torino nel mio primo film da regista “La notte non fa più paura”: a un certo punto in una scena sognante si vede un bambino con la maglia di Valentino Mazzola correre in un campo di calcio immerso nell'acqua. Chi è tifoso del Toro chiaramente coglie il riferimento a Superga. Il mio sogno, lo dico in maniera molto onesta, è quello di realizzare una serie sul Toro. Sono stati fatti film e documentari, ma ancora mai una serie. E quando parlo di serie intendo una di quelle grandi. Sono in contatto con molti parenti degli Invincibili con i quali ho scritto un rapporto anche di amicizia, e proprio oggi vado ad intervistare Susanna Egri. Sto cercando di raccogliere testimonianze prima che il tempo porti via chi può raccontarmele. Vorrei provare a raccontare il Toro da un'ottica nuova, che possa parlare alle nuove generazioni con un linguaggio molto autentico e grintoso. Nel caso non riuscissi a fare la serie con il materiale video che sto raccogliendo realizzerò un docufilm”.

Lei non vive a Torino, ma come fa a conciliare la sua passione per il Toro e andare allo stadio visto che magari anche per questioni di lavoro è impegnato quando la squadra gioca?
“Nel mio lavoro si lavora sempre tantissimo, anche di sabato o di domenica e in qualunque orario ed è vero quindi che ci sono dei momenti nei quali sono impossibilitato ad andare allo stadio. Ultimamente ho girato un altro film “Due di fiori”, racconta una storia ambientata negli anni ’30, che sto presentando adesso e mentre lo giravo per motivi di produzione ero molto impegnato anche nei fine settimana per cui allo stadio non riuscivo ad andare. Però quando riesco il Toro è il mio primo obiettivo. Con Torino ho un rapporto importante, ho tanti amici e appena posso passo la giornata in città e poi me ne torno a Milano. Ho tanti amici che gravitano nel mondo del Toro, conosco bene anche i campioni del 1976. Questo per dire che ho un rapporto molto vivo col mondo granata. Non so da dove venga tutto questo, però onestamente c'è ed è molto forte e presente nella mia vita”.

Se dovesse scegliere come soggetto per un film un calciatore del Torino spaziando dal 1906 a oggi, chi sceglierebbe?
“In linea generale direi due nomi. Uno è Bacigalupo il portiere del Grande Torino  che era fortissimo e mi ha sempre molto interessato la visione di questo portiere che guardava i suoi incredibili compagni giocare. L’altro è Paolino Pulici che ha  una forza propulsiva pazzesca che si sente nelle interviste che ancora adesso rilascia, pezzi di pensiero sportivo bellissimi. Di lui mi colpisce la sua costanza. Pulici in carriera ha giocato anche in altre squadre lo sappiamo, però è rimasto vicinissimo non solo a sua moglie, con una costanza incredibile, ma anche alla maglia granata. Direi quindi loro due. Ma anche Valentino Mazzola che disse chiaramente che si stava sposando con un'altra persona, all'epoca non era così semplice chiudere un matrimonio e risposarsi. Sono personaggi che potrebbero essere anche forti al di fuori dello stretto ambito calcistico perché avevano coraggio anche nella vita privata. Potrebbero essere soggetti interessanti per un film anche altri calciatori come Menti per la sua malinconia di cui ancora si parla, o Grezar per il modo intuitivo di giocare, che dicono essere molto vicino a Dimarco per modalità di gioco. Ecco ognuno di loro stava mettendo un piccolo seme in più, il Toro, secondo me, è anche questo: avere idee creative superiori. Negli anni questo si è ripetuto al Toro si è ragionato fuori dagli schemi, si sono fatte cose innovative e forse proprio per questo il Grande Torino è stato così forte in campo. E’ una cosa bellissima. Anche il presidente Ferruccio Novo era all’avanguardia prese il preparatore atletico, il preparatore dei portieri che era inglese, cose che non faceva nessuno all’epoca. Creò un settore giovanile dal nulla e questo metodo lo sta ripetendo adesso il Barcellona. Se uno conosce un po' il calcio si accorge che in tanti momenti della nostra storia abbiamo avuto delle persone dalla creatività altissima. Meroni ne è l'apice. Significa andare in una direzione che è più mistica che aziendalista. Questo è il punto. Se vuoi entrare nel Toro veramente devi capire che non è solo una squadra di calcio, c'è dell'altro. Noi tifosi lo sappiamo e viviamo di questo”.

Cosa  farebbe per vedere di nuovo il Toro giocare in Europa?
“Ho un'idea e potrebbe anche funzionare. Ci sono delle applicazioni per il telefono che consentono di fare investimenti altissimi, in termini economici, in totale sicurezza. Ci sono applicazioni che ti permettono di gestire un'azienda anche a distanza. Ebbene sono sicuro che con la forza di tutti noi tifosi e supporti di questo tipo si potrebbe fare molto. E’ la mia creatività che mi spinge a pensare questo e sono sicuro che con la forza di tutti i tifosi potremmo riconquistarci il Toro, ricomprarlo e chiunque potrebbe accedere grazie a un'applicazione a un direttivo, al CdA che prende le decisioni. Il CdA sarebbe ovviamente composto da quattro-cinque persone, ma il tifoso-proprietrio sarebbe sempre informato attraverso l'applicazione e democraticamente dire se è d'accordo oppure no sulle decisioni che vengono prese. Davvero sono convinto che una cosa del genere  ci potrebbe portare a essere partecipi e ad avere un peso nel nostro Toro.
Magari chi leggerà l’intervista mi ricoprirà di una pioggia di critiche, ma le idee vanno espresse e bisogna fare qualche cosa di concreto per far tornare grande il Toro, non si può solo, seppur giustamente, criticare a parole. Lo ripeto, servono i fatti”.

La sua idea è quindi una sorta di azionariato popolare?
“Sì, esatto. Un azionariato popolare ben strutturato. Tra l'altro Torino è fra le prime, se non la prima, città per quanto riguarda la tecnologia e le start up. Parlo della possibilità di gestire una squadra di calcio con un direttivo e con il tifoso che viene sempre informato e può partecipare alle decisioni, anche solo attraverso un sì o un no. Decisioni quindi prese democraticamente. E grazie alle applicazioni sul telefono avere grafici e informazioni su come vengono utilizzati i soldi. Tutto alla luce del sole e il tifoso così diventa parte integrante della società. Non si tratta di una cosa mai sperimentata prima perché ci sono già aziende che fanno scuola in questo senso. Ad esempio, la Nintendo, l'azienda che ha sviluppato Super Mario Bros, con l’azionariato si ha la possibilità di essere coinvolto anche nelle assemblee dove parli con i capi supremi della Nintendo. E’ una cosa molto bella che ristabilisce un contatto. Penso ai 174 tifosi del Toro Club di Teramo, una piccola città dell’Abruzzo dove sono nato, o ad altri Toro Club come quello intitolato a Gigi Meroni o anche a tante famiglie granata o singoli tifosi che sarebbero coinvolti direttamente nel Torino se si mettesse in piedi un'operazione di questo tipo. Il Toro siamo noi tifosi, fine del discorso. Ovviamente si tratterebbe di un azionariato popolare serio con una gestione rigorosa e democratica e si controlla tutto tramite un’applicazione”.

All’esterno ci sono già forme di azionariato popolare nel calcio e se ne parla anche in Italia e qualche passo è già stato mosso e proprio in ambito granata c’è l’Associazione ToroMio.
“Conosco ToroMio, forse però loro non sono ancora del tutto consapevoli dei grandi passaggi tecnologici che sono stati compiuti negli ultimi due anni, anche con l'intelligenza artificiale. Avere un approccio un pizzico rivolto al futuro potrebbe aiutarti a valutare questa idea. Dal mio punto di vista il Toro se lo possono riprendere tranquillamente i tifosi”.

Sarebbe la soluzione a tutti i problemi, la questione è se Cairo però vuole vendere.
“Da un punto di vista collettivo, bisognerebbe capire quante persone ci sarebbero. Bisognerebbe fare un lavoro importante di raccolta che legalmente fosse assolutamente corretto. E poi si potrebbe andare a fare una proposta all’attuale Presidente dicendogli che dalla Sicilia arrivano tot euro, dalla Lombardia questi altri, dal Piemonte questa è la cifra, dal Lazio ecco altri denari, tutto questo è il nostro azionariato popolare e abbiamo tot milioni per comprare il Toro ora intavoliamo una trattativa e lei ci vende il club”.

In Italia siamo tutti allenatori e commissari tecnici, come si potrebbero gestire così tante teste che costituiscono l’azionariato popolare per poter arrivare a prendere decisioni che si trasformino in una gestione positiva per la squadra e i risultati sul campo? Non è così semplice.
“Certo che non lo è. Ma in uno scenario simile vanno scelte persone che sanno fare questo di mestiere per il CdA e un presidente che curi gli interessi del Toro e non i suoi. Non è sicuramente una strada semplice, però è la strada più autentica. Noi siamo abituati ad avere un Presidente che fa molte interviste, che è molto presente, ma nella mia idea non esisterebbe un presidente così perché di fatto tutti noi tifosi saremmo presidenti in quanto reali padroni del Toro. Poi ci sarebbe qualcuno che gestisce in maniera molto sana la società, ma sotto il diretto e in tempo reale controllo dei tifosi-proprietari grazie alle applicazioni sul telefono. Il presidente quindi non sarebbe il proprietario, ma un manager che deve rispondere del suo operato alla proprietà, quindi a noi tifosi. Ogni decisione del presidente o del CdA verrebbe sottoposta ai tifosi, mi spiego: arriva un nuovo giocatore, e si chiede ai tifosi deve per prima cosa andare a visitare il Museo del Toro e Superga? La risposta sarebbe sì e allora si inserirebbe questa clausola nel contratto, sulla falsa riga di quello che fece il presidente Novo con Franco Ossola, come avevo raccontato nella prima parte dell’intervista. Oppure, mettiamo un tetto di spesa agli stipendi dei calciatori a 3 milioni di euro così siamo sicuri che il Torino non fallisce in due anni? Anche in questo caso immagino che tutti i tifosi direbbero di sì. Ecco che cosa intendo io con l’azionariato popolare. Il presidente-manager sarebbe vincolato dalle decisioni dei tifosi-proprietari e avrebbe un ufficio dove lavorare in un vera sede del Toro e non stando in uffici che gestiscono altre sue proprietà e affari”.

Potrebbe proporsi lei come presidente.
“No, no, questo mai. Non sarei in grado, però mi piace proporre delle idee. Sono un regista cinematografico e il mio lavoro è creare sogni per le persone e provare ad emozionarle con il cinema. Spesso penso al mio Toro e dico come sarebbe bello che il Toro fosse delle persone. Se succedesse una cosa del genere, se decidessimo di fare questo io non sarò mai il presidente, nessuno sarà mai il presidente perché il Toro è del Toro, di tutti i tifosi. I tifosi questo lo sanno, è il primo dei nostri dieci comandamenti: su questo non c’è storia”.