ESCLUSIVA TG – Bonesso: “Il Torino con la Juventus dovrà essere garibaldino nell’andare all’attacco”

01.04.2021 07:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Loris Alessandro Bonesso
Loris Alessandro Bonesso

Loris Alessandro Bonesso è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Bonesso ha indossato la maglia granata prima nelle giovanili e poi in prima squadra dal 1975 all’80, e dopo una parentesi di una stagione nel Catania è ritornato al Torino dal 1981 all’83, attualmente lavora per la Federazione Sammarinese. Con lui, che è entrato nella storia granata per essere insieme a Dossena e Torrisi l’autore di uno dei tre gol che il 27 marzo 1983 permisero al Torino, in svantaggio di due reti, di battere la Juventus segnando in meno di tre minuti dal 71 al 74, abbiamo parlato del derby di sabato.

Siamo anni luce distanti dal famoso derby che l’ha vista protagonista, ma come si affronta la sfida di sabato tra il Torino che sta lottando per salvarsi e la Juventus parecchio distante dal primo posto, ma in lotta per uno nella prossima Champions dalla quale è stata eliminata agli ottavi?

“Quando ripenso o si parla di calcio con tifosi e non alcuni fanno battute ed è vero che adesso anche la Juventus non è nel suo stato di grazia come in quel famoso derby dove era uno squadrone e molti di loro erano reduci dalla vittoria del Mondiale di Spagna e noi al confronto eravamo una squadra normale, ma erano partite che noi del Toro affrontavamo senza grandi preoccupazioni tattiche. Bene o male si sapeva che si andava in campo per dare il massimo e comunque per cercare di vincere la partita. Riguardano le immagini di quella partita vedo un gara aperta dove attaccavamo noi e attaccavano loro potevi prendere gol, ma anche farlo: non c’era tutta quell’attenzione tattica che invece c’è adesso. Nei commenti post partita della Juventus i giocatori dicevano “hanno messo sotto Gentile con un grande pressing” però la partita era aperta e loro potevano farci gol in contropiede. Oggi fin dall’inizio c’è  la paura di perdere e allora le squadre si mettono ad aspettare l’avversario stando coperte e poi cercano il contropiede per attaccare. Questa, secondo me, è una grande differenza fra adesso e allora. Bisognerebbe essere un po’ più garibaldini nell’andare avanti all’attacco. L’Atalanta, ad esempio, è stata bravissima nel riportare in auge l’andare uomo conto uomo senza avere paura e la copertura dietro non è così fondamentale se si è bravi nell’uno contro uno. Questa è la sfrontatezza positiva del dire “chi corre di più oggi?”, “chi ha più voglia di vincere la partita?”, “chi ha più fame di andare a prendersi i tre punti?”. E possibile fare una cosa del genere? Certo che se si mettono a confronto i giocatori della Juventus con quelli del Torino sono nettamente più forti loro, ma lo erano anche quelli di quel famoso derby eppure abbiamo vinto noi. Perché oggi non si potrebbe fare lo stesso? Allora in porta c’era Zoff e in difesa c’erano Gentile, Cabrini Scirea e Brio, e noi avevamo Terraneo fra ai pali, Beruatto, Galbiati, Danova e Van de Korput. In attacco Paolo Rossi e Bettega e noi Selvaggi e Borghi al quale sono subentrato. A metà campo i nostri erano Zaccarelli, Torrisi che poi ha lasciato il posto a Corradini, Dossena e Hernandez e loro Bonini, Tardelli, Boniek e Platini. Lo spirito che serpeggiava in quegli anni era diverso da quello attuale perché ce la giocavano al pari di loro, non era più il Torino dello scudetto e di quel gruppo restavano Roberto Salvadori e Zaccarelli, ma cerano alcuni ragazzi come me venuti su dal vivaio che avevano assimilato e incarnato lo spirito Toro e il valore della maglia granata che indossavamo. Sono cose difficili da spiegare ai ragazzi di adesso, anche a quelli che sono nelle giovanili del Torino”.

Tornando all’attualità, la Juventus ha una difesa solida e un attacco decisamente prolifico, mentre per il Torino se il reparto offensivo è comunque discreto non si può proprio dire altrettanto di quello difensivo che subisce tantissimi gol spesso per errori individuali oltre che collettivi. Cosa può fare Nicola per mettere in campo una squadra che almeno lotti fino alla fine?

“Mah, ho visto che anche nelle ultime gare il Torino dà la sensazione che c’è la voglia di fare, però, si ha come la percezione che la squadra entri in campo con l’idea di dire “stiamo lì accorti perché  se affrontiamo gli avversari a viso aperto le buschiamo”. E’ la mentalità che non mi piace. Si deve andare nella loro metà campo a prenderli, è un discorso che faccio da allenatore amante del calcio moderno, bisogna essere propositivi e non passivi. Propositivo è andare a prenderli di là, passivo e aspettarli al di qua della linea di metà campo in casa tua. Quando insegno calcio ai ragazzi sono animato da questa mentalità che avevo da calciatore e che cerco di inculcare ai giovani che ho allenato e che alleno. In questi ultimi anni il Toro non mi è mai piaciuto, sarà il 3-5-2 che fatto così come dico io è “risparmino” perché si va in campo pensando prima di tutto a non prenderle e infatti in realtà si sta con cinque in difesa e poi se proprio siamo bravi riusciamo anche a vincere la partita. No, non mi piace per niente! E soprattutto quando giochiamo in casa perché loro la metà campo non la devono superare. Oggi si fanno disamine tattiche e si ha il vantaggio rispetto a una volta di sapere tutto sugli avversari e l’effetto sorpresa non c’è più. Quando giocavo in settimana non si facevano minuziose analisi tattiche e non c’erano statistiche su statistiche che permettono di sapere di tutto e di più sull’avversario. La tattica è esasperata. Capisco che si parta svantaggiati, ma quell’aspetto di unione d’intenti o, se si vuole, cuore Toro lo si può portare in campo e lo si può trasferire ai giocatori se sotto c’è un gruppo squadra che permette di portarlo. Io vivo in Romagna e sento solo voci di quale può essere l’andazzo all’interno del gruppo squadra. Vedo che Nicola raduna tutti quanti a centro campo e va bene e so che ci sono tecniche per far sentire uniti tutti quanti sia che si vinca sia che si perda in modo da far vedere che c’è il gruppo, però c’è poi realmente? Non si possono vedere gli allenamenti, anche a causa della pandemia, per cui non si comprende bene se il gruppo c’è veramente, mentre una volta andando al campo in settimana lo si vedeva dagli atteggiamenti dei giocatori e dall’intensità del lavoro. Io sono cresciuto nel Toro e sono legatissimo per ciò mi fa male vedere una squadra che soffre in questo modo. E’ un anno sfortunato, non ci sono gli spettatori allo stadio e non c’è differenza fra partite in casa e fuori però vale per tutti. E ci sono squadre che hanno la capacità di esprimere in campo certi valori e un certo gioco. Pensiamo allo Spezia che è andato a giocare con la Juventus e seppur abbia perso è stato bravo e nel primo tempo sembrava che la Juventus fosse lo Spezia neo promosso”.

Come vede la nuova coppia d’attacco formata da Sanabria e Belotti?

“Sembra ben assortita visto che Sanabria è un giocatore tecnico. Io non lo conosco come giocatore, ma da quello che ha fatto intravedere mi sembra intelligente ed è uno che si sa muovere e quando ha la palla fa delle giocate che hanno senso e fatte bene. E’ un tassello in più che può dare una mano a Belotti e al Torino. Come ho detto, è il modo di stare in campo del Torino che non mi piace. E’ vero che c’era stato il tentativo con Giampaolo di cambiare completamente e di uscire dal 3-5-2 che purtroppo è fallito”.

Ma lei che idea si è fatto sulla fragilità in fase difensiva del Torino?

“Eh (sospira, ndr) non lo so. Sembra una cosa strana. All’inizio del campionato scorso sulla scia di quello precedente sembrava che fosse uno dei punti di forza, ma poi progressivamente e in particolare dal 2020 è diventato il punto debole. Forse è successo qualche cosa all’interno della squadra, faccio fatica a dare una risposta”.

Derby a parte, dopo ci saranno ancora dieci partite e basteranno al Torino per salvarsi?

“Ci sarà da soffrire fino alla fine però il Torino deve farcela a salvarsi. A tutti i costi deve rimanere in Serie A”.

Dalle sue parole non sembra molto fiducioso per il derby?

“Non è che non sono fiducioso, ma la sfortuna vuole che la Juventus abbia nella partita precedente perso in casa proprio con il neo promosso Benevento per cui sabato si presenteranno con una grande determinazione a vincere. Non li si può prendere tanto alla leggera, però, per campioni che siano una certa pressione la sentiranno. Se il Toro sente per un verso questa partita, magari la Juventus la sente per l’altro. Anche loro non possono lasciare tanti punti per strada non vinceranno il decimo scudetto consecutivamente, ma un posto per la Champions lo devono ottenere per cui non possono regalare punti. Si dice che il derby è una partita a sé ed è vero o perlomeno a Torino era così e allora perché non dovrebbe esserlo anche sabato? Bisogna essere positivi. Nicola farà di tutto per trasmettere la determinazione a vincere. Sono tanti anni che vivo lontano da Torino e magari ci fosse il pubblico ci sarebbe un clima diverso però non si deve partire battuti, so di parlare da tifoso, ma vorrei vedere un Torino un po’ più garibaldino. Alla fine potremmo anche perdere, ma facciamogliela sudare e devono temerci. Magari non si aspettano di vedere degli assatanati che vogliono a tutti i costi vincere la partita e pensano di trovare una squadra chiusa e allora giochiamo con il “coltello fra i denti”. Non dico di andare tutti all’arrembaggio in modo scriteriato così ci fanno quattro gol nel primo quarto d’ora, ma avere lo spirito  arrembate sì e non avere assolutamente paura perché il Toro è una squadra che ha voglia di salvarsi non all’ultima giornata e vuole iniziare a farlo proprio dal derby”.