ESCLUSIVA, Beccantini: "Juric merita il contratto ottenuto. E' uno da Toro"
TorinoGranata ha sentito Roberto Beccantini per parlare di mercato e soprattutto dell'arrivo di Ivan Juric.
Si aspettava l'arrivo del tecnico croato al Torino?
"Al Toro serviva un allenatore "toro". Pensai anch’io a uno come Ivan Juric".
Bel colpo, ma il mercato? Qualcosa è stato fatto, ma è all'altezza delle aspettative del mister croato?
"Nella griglia on line su "Eurosport" il 20 agosto scorso - e, dunque, a mercato ancora apertissimo - avevo collocato il Toro al nono posto, con questo giudizio: "Il braccino corto di Cairo «contro» il tremendismo di Juric. Sono i paletti dell’ennesima riffa. Pjaca è una mano di poker, di Belotti sfuggono gli umori. Via Sirigu, fiducia a Milinkovic-Savic. La garanzia è il mister: basterà?". Altro dettaglio: con l’Atalanta il Toro mi era piaciuto un sacco. Avrebbe meritato di vincere, non solo di pareggiare. Perse alla lotteria degli ultimi rimpalli. Sì, in extremis si sono svegliati: Pobega, Praet, Zima, Brekalo, croato come Pjaca, come il mister. Che resta il Piave. Senza trascurare Belotti. Che rimane la baionetta. E con un dubbio: il portiere".
Si intuisce che il suo sfogo contro la società avesse come fine smuovere proprio il mercato. Sarà stato assorbito da tutti per ricominciare?
"Direi proprio di sì. Juric dopo Firenze - o meglio, la notte stessa di Firenze, dopo la seconda sconfitta - parlò al boss per interposte domande. Da come ha reagito la società, venendo incontro alle sue istanze, deduco che i vertici avessero recepito il messaggio. Considerandolo per quello che era: un avviso ai comandanti, non certo uno sfogo da navigante frustrato e frustante".
Non le sembra strano però che si fosse fidato troppo di Cairo, considerando che è conosciuto nell'ambiente come uno "parsimonioso"?
"Il Toro, al di là dei mercati che può permettersi o millantare, rimane un club di enorme fascino. Si metta nei panni di Juric. Gli era stata offerta la squadra di Valentino Mazzola, non una qualsiasi. Oppure, se proprio intende usare il bisturi: un reperto da bassa classifica, sì, ma pur sempre il mito del Filadelfia, degli Invincibili".
Cairo si è fidato di Juric facendogli un contratto a lunga scadenza e anche costoso.
"Ha fatto bene. Juric, per quello che ha realizzato a Verona, lo giustificava in pieno. Il problema è un altro: sono sempre gli investimenti e i risultati, prima che le firme, a determinare la lunghezza dei contratti. La pazienza è merce rara".
La squadra a disposizione può fare bene?
"Non posso certo smentire il mio pronostico così presto, così in fretta. Sì".
Se lei dovesse fare un sunto di questi sedici anni di Cairo al Toro cosa commenterebbe?
"Voto 5. Al netto di tutte le attenuanti possibili e immaginabili. Troppi allenatori, troppi diesse, troppa confusione. L’onta di una retrocessione e, come massimo, due settimi posti. Nel Toro di Cairo non ho mai colto il respiro del progetto: sempre, nel bene e nel male, l’ansia del carpe diem. Per carità, i soldi sono suoi e non miei, e poi Torino è città calcisticamente complicata, sappiamo perché. Ma era proprio impossibile riproporre un modello Atalanta o il primo Chievo del Duemila?".
Che campionato in generale prevede per quest'anno e quanto mancheranno gente come Lukaku e Ronaldo?
"Più povero, ma più bello e più equilibrato. Con Cristiano, in pole avevo piazzato la Juventus. Senza, ho avanzato l’Inter. Per lo scudetto possono competere almeno sette "sorellastre", anche il Milan, l’Atalanta, il Napoli, le romane. Come sorpresa, ho segnalato la Fiorentina di Italiano. Confermo".