Abbruscato: "Il Torino nè uscirà fuori"

02.12.2009 12:05 di  Raffaella Bon   vedi letture
Abbruscato: "Il Torino nè uscirà fuori"
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Dopo un anno di calvario, Elvis Abbruscato è risorto e con la rete al Palermo è tornato decisivo. Tre punti importanti regalati al Chievo nella rincorsa ad una salvezza che sembrava tornata in grossa discussione dopo le recenti prestazioni.

Partiamo da questa esperienza con il Chievo, come sta andando?
"Bene, sempre in crescita e con un grande lavoro psico-fisico. Il gol di domenica mi ha provocato un'emozione indescrivibile, è arrivato a un anno dall'infortunio ed è stato come buttarmi alle spalle tutto quello che mi è successo".

Tra l'altro un bellissimo gol in rovesciata.
"Era l'unico modo che mi è venuto in mente per riuscire a calciare nel minor tempo possibile".

Come valuti l'attacco di quest'anno del Chievo? C'è qualche problema?
"Non c'è nessun problema. In questo momento della stagione le squadre si equivalgono e quando sarà il momento i gol arriveranno per tutti".

Parliamo della tua carriera, come ti sei avvicinato al calcio?
"Mi sono avvicinato su consiglio di un amico di mia madre. Io facevo altri sport e ho iniziato ad undici anni, un po' tardi anche se giocavo tutti i giorni con gli amici per divertimento".

Che sport facevi allora?
"Ho iniziato col nuoto, poi ho fatto pattinaggio, pallacanestro, atletica e karate. A quei tempi mi piaceva cambiare ogni anno e alla fine ho trovato la mia identità nel calcio. Ad appassionarmi di più, in quegli anni, è stata comunque l'atletica".

Hai così iniziato nel settore giovanile della Reggiana, cosa ti ha dato?
"Tanto, ho trovato persone che mi hanno voluto bene e che hanno sempre creduto in me, anche nei momenti difficili. A 14-15 anni hai sempre delle voglie da ragazzino di pensare al divertimento e c'è chi mi è stato vicino istruendomi nel calcio".

Secondo te, per una squadra, quanto è importante il settore giovanile?
"E' determinante. Credo siano le basi per diventare giocatore, crescere e maturare".

Il Chievo che settore giovanile ha per te?
"Un settore giovanile sicuramente importante, vive sui giovani e da tempo adotta questa politica. I risultati, poi, danno anche ragione".

Tu sei stato anche a Torino, lì il settore giovanile non è fortissimo.
"Lo era prima del fallimento. Adesso è in costruzione e credo avrà la possibilità di tornare ai livelli di prima".

Invece in altre tue ex squadre, come Lecce, Livorno e Triestina, com'era?
"A Lecce vengono da scudetti Primavera e qualche giocatore è arrivato in prima squadra. Per la Triestina e il Livorno non li conosco in questo momento".

I settori giovanili possono essere danneggiati dalla massiccia presenza di stranieri in Italia?
"Non credo, adesso come adesso vedo tanti giovani in serie A e penso che le società lavorino tanto sui settori giovanili. Agli italiani giovani danno le stesse opportunità degli stranieri e penso che sia addirittura molto meglio di qualche anno fa".

Come sono state le tue prime avventure?
"A Livorno avevo diciannove anni e venivo dal settore giovanile, è stata la mia prima esperienza fra i professionisti. Dopo sono stato a Trieste, ho vinto la C1 e sono cresciuto a livello mentale e fisico. Successivamente c'è stato il Verona, in B, e ho giocato poche partite, ma mi è servito per una costruzione globale di me stesso. Infine è arrivato l'Arezzo, dove mi sono consacrato come giocatore. Ho vinto la C1 e ci siamo salvati per due anni in B. Ho avuto l'opportunità di esprimermi e di segnare grazie all'allenatore, il direttore sportivo e i dirigenti".

Quali sono stati gli allenatori che ti hanno dato di più e di meno?
"Sicuramente mi ha dato tanto Somma, è stato colui che mi ha dato totale fiducia nella mia prima stagione da titolare. Anche gli altri che ho avuto poi sono stati importanti per la crescita psicologica che mi ha aiutato ad affrontare il primo campionato importante con l'Arezzo".

Sei poi arrivato al Torino, com'è stata questa esperienza?
"Ho vinto il campionato di B giocando qui negli ultimi cinque mesi. L'anno dopo in A ho un po' sofferto, ma mi è servito per conoscere la categoria. Dopo sono andato in prestito al Lecce, in B, e abbiamo vinto il campionato. Questo mi è servito per ritrovare quella fiducia e quella determinazione che avevo prima, poi sono tornato in A e partito molto bene in un ambiente che mi voleva bene. Stavo facendo bene fino a quando, nel novembre 2008, mi sono fatto male. E' finito il campionato nel momento in cui stavo meglio".

Che rapporti hai avuto con i vari allenatori che si sono succeduti?
"Non ho mai giudicato gli allenatori, credo che i giocatori debbano sempre seguire le regole e fare quello che il tecnico dice di fare senza crearsi dei pregiudizi. Io la vivo così e penso che quando tutta la squadra ascolta l'allenatore, nel bene o nel male, le cose vadano sempre bene. A Torino ho avuto tanti allenatori, ma non ho mai avuto problemi".

Ti aspettavi l'esonero di Colantuono?
"Non sto seguendo le loro vicende, faccio parte del Chievo e queste cose non mi riguardano".

Visto che sei rimasto tanti anni, quali sono i mali di questa squadra?
"Secondo me non esiste nessun male, quest'anno vinceranno il campionato e ripartiranno dalla A. Si tratta solo di riuscire ad ingranare con i risultati, sette punti dalla prima in classifica sono pochi per un campionato con così tante partite da giocare. E' chiaro che la retrocessione fa male a tutti, ma hanno giocatori importanti con la personalità per risolvere questa situazione".

Parliamo di te, come sei dentro e fuori dal campo?
"In campo sicuramente determinato e cerco sempre di arrivare alla partita facendo una settimana adeguata. Credo che questa sia importantissima prima di una partita e cerco di dare il massimo. Fuori dal campo sono molto metodico e penso sempre a tornare a casa con la famiglia dopo gli allenamenti".

Nel tuo futuro cosa vedi?
"Il mio futuro è adesso. Penso ad allenarmi bene, con costanza e determinazione, per riprendermi quello che l'infortunio mi ha tolto".

E magari pensi a segnare un altro gol domenica.
"Penso sempre alla prestazione, poi i gol vengono, non sono un problema. Penso che un giocatore sia sempre ripagato da quello che fa per la squadra".