Bava e una storia chiamata "successo": sei trofei in sette anni
Come direttore sportivo della prima squadra, sarà ricordato per un mercato, quanto meno col senno di poi, tutt'altro che brillante. L'investimento su Simone Verdi, finora ben lontano da ripagarne l'entità; l'operazione Laxalt, rimandato al mittente già a gennaio, senza però sostituirlo, lasciando così la squadra con soli tre esterni di ruolo; l'ingaggio di Ujkani, affare rimasto del tutto anonimo (a onor del vero, anche per via dell'estrema solidità, anche dal punto di vista atletico di Sirigu), e, come un sordo urlo nel vuoto, la totale assenza di investimenti per la mediana, autentico punto debole di un Toro partito per competere nella parte medio-alta della classifica, e ritrovatosi a dover scongiurare lo spettro della retrocessione. Una lancia a favore, certo, va spezzata per la permanenza dei big, da capitan Belotti al succitato Sirigu, passando per Izzo - al di là del crollo di rendimento manifestato da quest'ultimo, - e per la difficile gestione del caso N'Koulou. Dura, in ogni caso, raccogliere un'eredità - addio turbolento a parte - come quella lasciata da Gianluca Petrachi.
Ora Massimo Bava, da uomo di società e fedelissimo di Urbano Cairo, torna a occuparsi a tempo pieno del settore giovanile. Probabilmente con gioia, con rinnovato entusiasmo, senza percepire tale ritorno come un passo indietro, in termini professionali. 57 anni il prossimo 17 settembre, Bava, dopo la promozione in Serie C1 col Cuneo, risalente al 2011/12, approdò nei quadri del Torino, proprio per dirigere una development area in crisi di risultati. Una sola stagione di rodaggio, e arriva il primo titolo: decimo Scudetto per la Berretti granata, con Roberto Fogli alla guida. Successo bissato l'anno scorso, Massimiliano Capriolo il tecnico a cui Bava aveva affidato le chiavi della squadra.
Il vero capolavoro di Bava arriva dal clou del settore giovanile, la Primavera. Scelto fin dall'inizio Moreno Longo, allora 36enne, come condottiero, il dirigente granata guida il progetto che, al terzo anno di gestione, riporta lo Scudetto in casa Toro, dopo ben ventitré anni di latitanza. A coronare il successo, la conquista, sempre nel 2015, della Supercoppa nazionale. Un anno dopo, l'arrivederci a Longo, che intraprende la propria avventura tra i pro; a sostituirlo, un allenatore ancor più giovane, Federico Coppitelli. Trentadue anni da compiere, laurea in Scienze Politiche, un titolo Giovanissimi vinto con la Roma (con Scamacca a guidarne l'attacco), un passaggio nella Primavera del Frosinone. Coppitelli sale in sella nell'estate 2016, e, in sole due stagioni, conquista la Coppa Italia, che mancava dal '99, bissandola, anche lui, con la Supercoppa dell'autunno 2018.
Un totale di sei titoli in sette anni, con Massimo Bava al vertice del progetto giovanile. La palma di esperto, anzi, maestro del settore, spetta di diritto al dirigente, torinese di nascita, garbato, prodigo più di fatti che di parole. E, senza dubbio, già ricco di idee per una nuova spinta a quella Primavera granata, proveniente da una stagione, ancorché interrottassi, decisamente avara di soddisfazioni.