Toro, derby perso (tanto per cambiare) a centrocampo. Manca il giro palla
La strategia di chiudersi a riccio, dopo l'insperato goal siglato in apertura di gara da Nkoulou, e provare a tirarla lunga fino al fischio finale, ha quasi funzionato. Quel "quasi", il problemone, quello che sta affliggendo una stagione granata costruita sui "quasi", sui "per un pelo", sui "ci è mancato poco".
Il Toro di Giampaolo, si diceva, ci era quasi riuscito, a portare a casa l'impresa delle imprese: imporsi nel Derby della Mole, sui nove volte campioni d'Italia consecutivi, per di più, per quanto possa valere il fattore campo in un frangente come questo, sul terreno dell'Allianz Stadium. Soprattutto grazie alla determinazione di alcuni suoi singoli. A partire da un capitan Belotti indomito nell'aiutare la retroguardia, sempre presente a saltare e a fare a spallate su cross e corner avversari, e a provare a far salire la squadra, resistendo alle cariche bianconere, sulla propria trequarti, nelle rare occasioni di ripartenza. Passando per uno Lyanco eccellente fino alle defaillance - alle quali ci sta ormai drammaticamente abituando - di fine gara, per un Singo ormai giocatore totale, che il Toro fa bene a tenersi stretto non solo per accrescerne il valore di mercato, ma proprio per mantenere qualche speranza di salvezza in più, per veterani ai quali abbastanza poco, in questa occasione, si può rimproverare, come Rincòn, Ansaldi, lo stesso Nkoulou.
L'"osare e non osare", alla lunga, non ha tuttavia pagato. Le statistiche (redatte dalla Lega Serie A), che raramente - per non dire mai - mentono, testimoniano un Toro tutto sommato non distantissimo dagli avversari in termini di precisione, dal punto di vista dei passaggi riusciti (87% la resa complessiva bianconera, 77% quella granata, quota sulla quale pesa come un macigno quell'ultimo "maledetto" quarto d'ora di gioco), ma assolutamente rinunciatario in termini di mole di gioco prodotta: 254 passaggi riusciti contro i 518 (più del doppio) degli avversari, ampiamente meno di un terzo quelli utili sulla trequarti di campo (143 per la Juve, appena 40 per il Toro), e le giocate offensive riuscite (301 a 89 in favore dei padroni di casa l'impietoso confronto). Forse un po' facile muovere a posteriori questo genere di rilievo: se il Toro avesse giocato a viso aperto, riesce altrettanto facile obiettare, la Juve l'avrebbe infilata agevolmente tre-quattro volte entro l'ora di gioco. Questa Juve? Chissà. A posteriori, questo è un corollario, un dogma che non va mai dimenticato, siamo buoni tutti.
Resta l'evidenza di un dato: il centrocampo granata, specie quando manca Lukic a dare profondità, appare palesemente slegato. Che si giochi col 4-3-1-2 giampaolino o col 3-5-2 voluto dallo spogliatoio, sono tanti, troppi, gli errori in fase di palleggio e le disattenzioni dei vari Meité, Linetty, Lyanco, Zaza: non gli unici, ma certamente i principali elementi di croce e delizia che finora hanno messo in difficoltà i compagni, compromettendo una sfilza di risultati potenzialmente positivi. Al succitato Rincòn non si può chiedere molto più di così, e torna così a ruggire, dai bassifondi della classifica, la problematica legata all'assenza di un elemento, in mezzo al campo, in grado di fornire un'autentica visione di gioco alla squadra. E non è detto che un intervento all'uopo a gennaio non si riveli già tardivo.