Toro, che tristezza
Flavio Bacile
Ho sempre affermato di non essere un semplice cronista, perché il Toro, per me, non è una semplice squadra di calcio, ma una vera è proprio filosofia di vita, respiro, penso e vivo in granata, sia in quella che è la vita di tutti i giorni, sia quando undici ragazzi vestiti di granata corrono dietro un pallone. Non è facile scrivere del Toro in questi giorni, si cade facilmente nella più turpe retorica, frasi fatte e luoghi comuni, tipici di questi momenti grigi, che ormai abitano a Torino, in modo particolare in quella che è la casa granata.
Si potrebbe dire, e molti di quelli che hanno avuto la fortuna di vedere il Toro, quello vero, ormai lo pensano, che il Toro ormai non esiste più, e, che in tanti hanno lavorato per far sì che l’unica squadra di Torino fosse vestita a strisce, perché, banalmente, i tifosi portano soldi, tanti soldi. Di quel Toro non è rimasto più nulla, anzi, solo la vergogna; quella di vedere il Filadelfia ridotto ad un ammasso di detriti per una storia di vecchie ipoteche francamente incomprensibili, il settore giovanile, vanto del Toro per lunghi decenni, costretto a pure ragioni di budget, la prima squadra barcamenarsi tra gli ultimi posti della serie A ed una serie B autentica fucina di delusioni sempre più cocenti.
Tornare sugli errori di Cairo mi sembra francamente inutile, al presidente dico solo, che nei suoi cinque anni di presidenza, come lui ultimamente ama spesso ricordare, è vero che il Toro ha fatto due anni di prima serie e tre di cadetteria, ma nulla, proprio nulla, tranne forse il miracolo del primo anno, di cui si possa andare veramente fieri. Ricordo, che nonostante trent’anni vissuti pericolosamente, questa società resta come potenziale economico, visto che poi alla fine si parla sempre di soldi, tra le prime dieci del panorama nazionale, e, che vanta tifosi e simpatie che travalicano gli oceani.
Riportare il Toro ai livelli che gli competono, dovrebbe essere un obbligo morale. Di Petrachi ho parlato sempre poco, anche perché preferisco sempre alle parole i fatti. I fatti sono sotto gli occhi di tutti, e mi scuso se mi ripeto per l’ennesima volta, ma, fatto salvo l’undici “titolare”, che comunque non è esente da lacune, rimangono grosse perplessità sui cosiddetti rincalzi, dubbi che i giocatori, quando sono stati chiamati in causa, non sono riusciti a dissipare. Di fatto, una formazione che nel bene o nel male aveva raggiunto la finale del playoff è stata smantellata, quando forse con due o al massimo tre innesti mirati, ma veramente finalizzati al progetto, poteva dire la sua in chiave promozione senza questi tentennamenti.
Dopo Brescia-Torino, e spero proprio di non ricordare male, il DS aveva parlato di due progetti, entrambi validi per costruire una squadra pronta per la promozione.
Che cosa ha bloccato questi progetti?
A Lerda va tutta la mia simpatia, errori ne ha fatti, è vero, forse anche insistere con un modulo che la squadra sembra non “gradire”, ma non riesco a fargliene una colpa. Lui ha il diritto di far giocare la squadra come meglio crede, i giocatori, il dovere di credere in quello che il tecnico insegna. Poi nel calcio la fortuna ha sempre un ruolo predominante, sicuramente inferiore, alla “cattiveria” agonistica, alla voglia di fare bene, che nel Toro non riesco a vedere.
Per quanto riguarda Torino-Frosinone, salvo solo Rubinho, Garofalo e Bianchi, gli altri, penso, dovrebbero sostenere un sereno esame di coscienza. Mi spiace che tra questi ci sia anche Ogbonna, che è quello che amo maggiormente. Deve “decidere” anche lui se fare il salto di qualità che tutti ci aspettiamo da lui, non può più essere uno dei tanti, perché ha doti fisiche e tecniche che gli altri non hanno. In quel ruolo il Toro ha avuto sempre grandi interpreti, lui per me può ricalcarne le orme, e spero proprio di non sbagliarmi.
Quanto al silenzio stampa, per me non serve a nulla, ma se dovesse portare risultati e gioco, allora potremmo stare tutti zitti fino alla fine di questa stagione.