Sarà servita la lezione?
Amnesie su palle inattive, scarsa capacità di mantenere la concentrazione, nessuna reattività dopo lo svantaggio, squadra lunga con scollamento fra i reparti, troppa presunzione di poter con poco agonismo portare a casa la vittoria: erano state le gravi pecche del Torino. Sul fronte avversario, invece, erano prevalsi il coraggio nei propri mezzi, mentre i granata giravano al minimo, e la capacità di sfruttare gli spazi e le ripartenze. Questa lezione, per dirla con le parole del portiere granata, pare proprio che non sia stata assimilata alla luce del proseguo del campionato del Torino.
Ora si è arrivati all’ultima spiaggia e si deve affrontare proprio quella squadra che salì in cattedra e impartì gli insegnamenti base. Non per l’allenatore e neppure per i tifosi, ma per se stessi ognuno dei giocatori che scenderanno in campo sabato all’Olimpico dovrà dimostrare di essere un professionista e far tesoro degli schiaffoni presi e ripresi. Perché si sa che nel calcio a pagare per primi sono sempre gli allenatori, ma alla lunga anche i calciatori dopo stagioni sottotono al momento del rinnovo del contratto o alla stipula di uno nuovo trovano difficoltà a confermare ingaggi spropositati per il reale rendimento.
Contro il Pescara non viene richiesto ai calciatori l’impossibile, ma molto più semplicemente di essere concentrati e determinati nello sviluppare un gioco semplice fatto di palla a terra e passaggi precisi, con l’aggiunta di movimenti senza palla che smarchino gli attaccanti e li mettano nella condizione di centrare lo specchio della posta: insomma i fondamenti del gioco del calcio, proprio quelli che si insegnano fin dalle giovanili. Rammentando, e sono parole di Paolo Pulici dette a Nicola Balice e riportate su Tuttosport di domenica 13 febbraio scorso, “Ricordo ancora che Ussello (prima ala e poi allenatore del Torino, ndr) mi diceva che se fossi sceso in campo per divertirmi si sarebbero divertiti tutti quanti a guardarmi, se fossi sceso in campo arrabbiato avrei fatto incazzare tutti quelli che mi guardavano”.