Per un quattro maggio che guarda al futuro ispirarsi al Grande Torino
Il passato quando è stato grande a tal punto da diventare leggenda è una stella cometa che indica la strada da seguire. Il Grande Torino è diventato tale perché ha conquistato tutto ciò che c’era in palio con grinta e determinazione divenendo il simbolo della rinascita di un’intera Nazione, che voleva superare la guerra e andare avanti costruendo un futuro migliore per sé e per i propri figli e nipoti. Già nella stagione 1941/42 il Torino era una squadra forte, formata da Bodoira e Cavalli in porta, Ferrini, Ellena, Piacentini e Petron in difesa, Baldi e Gallea a centrocampo, Menti, Ferraris, Gabetto e Ossola in attacco, ma che incappò in qualche passo falso: a inizio stagione l’eliminazione al primo turno in Coppa Italia e a tre giornate dalla fine la sconfitta sempre con il Venezia, dove giocavano Loik e Mazzola. Il presidente Novo non volendo farsi sfuggire di nuovo lo scudetto prese i due migliori giocatori che aveva il Venezia ovvero Loik e Mazzola e Grezar dalla Triestina. L’inizio del campionato non fu dei migliori, ma il Torino lottò fino all’ultimo e conquistò non solo il primo posto in campionato, ma vinse anche la Coppa Italia battendo proprio il Venezia. Così iniziò, per proseguire dopo la seconda guerra mondiale, un ciclo fatto di vittorie e trionfi che solo la tragedia di Superga interruppe. Di quel nucleo iniziale di giocatori negli anni qualcuno andò via, ma si aggiunsero Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Grava, Maroso, Martelli, Operto, Rigamonti, Schubert e Tomà e in panchina arrivò Erbstein affiancato da Lievesley, la squadra non era mai privata dei calciatori migliori, ma rinforzata dai più forti giocatori che c’erano in circolazione.
Oggi ci sono dei segnali che vanno nella direzione di provare a ricostruire il concetto che stava alla base del Grande Torino. Sono iniziati i lavori per ricostruire il Filadelfia, lo stadio prima Comunale e poi Olimpico è stato intitolato proprio agli Invincibili, la società si è aggiudicata la concessione per vent’anni del centro sportivo Robaldo, dove sarà creata la cittadella del settore giovanile. Il Museo del Toro, nato e tenuto in vita dai tifosi, dovrebbe trovare collocazione presso il Fila. Il settore giovanile è tornato a imporsi ai vertici del calcio che conta con la vittoria dello scudetto della Primavera di Moreno Longo e la Supercoppa italiana e anche le altre formazioni sono assurte ai piani alti o altissimi delle rispettive categorie. La prima squadra la scorsa stagione dopo vent’anni è tornata a giocare in Europa League. Tanto dopo anni e anni di buio culminato con il fallimento e altalena fra serie A e B e con il settore giovanile praticamente smantellato. Adesso però serve imboccare con decisione la strada che porta il settore giovanile a essere potenziato sempre di più in modo da essere la culla dei giocatori che formeranno la prima squadra granata e non solo, come avveniva qualche lustro fa quando scorrendo le varie formazioni della serie A si trovavano tanti calciatori provenienti dalle giovanili del Torino. E soprattutto dovrà essere riportata la prima squadra a far parte del gruppetto che si piazza nei primi posti della classifica e disputa le coppe internazionali. Novo partendo da una buona squadra di base e aggiungendo i migliori giocatori in circolazione creò il Grande Torino, con le dovute proporzioni dettate dai tempi attuali Cairo, se vuole veramente, può far tornare il Torino nel calcio che conta: obiettivo quinto posto in campionato, finale di Coppa Italia e andare più avanti possibile in Europa League. Così a partire dal quattro maggio di sessantasette anni dopo questa data non sarà solo il giorno della commemorazione degli Invincibili, ma l’inizio di un futuro costruito sull’assimilazione del concetto di squadra vincente.