Nel Toro ci sono anche gesti sublimi che passano inosservati e ai quali non si è riconoscenti

“Quell’assegno sui due piedi di Sergio Rossi”: il ricordo di Fabio Ravezzani.
28.11.2019 15:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Tuttosport
Foto di repertorio
Foto di repertorio
© foto di Emanuele Pastorella

Il giornalista Fabio Ravezzani oggi su Tuttosport ha scritto un articolo illuminante e che rende onore a un presidente, Sergio Rossi, ingiustamente e colpevolmente contestato. Nel suo articolo Ravezzani, prendendo spunto dalle forti contestazioni a Cairo di questi giorni, ha parlato dei presidenti del Torino succedutisi dopo Pianelli e delle contestazioni fatte dalla tifoseria, o almeno da una parte, per invitarli ad andarsene e a ognuno di loro ha legato un’immagine che a lui è rimasta.

Quelle immagini caratterizzano una ad una sia l’uomo sia il presidente. Ravezzani ha avuto a che fare in quanto giornalista che seguiva le vicende del Torino con tutti questi presidenti quando erano in carica, tranne uno.
Gerbi che telefona a casa per qualche critica di troppo in tv e poi mi riceve in ufficio e mi regala una sterlina d'oro.
De Finis che mi dice: “Sa, appena sono diventato presidente, la Fiat mi ha tolto tutti gli appalti per le pulizie negli stabilimenti”.
Borsano asserragliato nella sede Gima che annuncia di aver appena venduto Lentini dopo aver garantito il contrario per mesi.
Goveani che canta e suona Lucio Dalla con la chitarra sotto la Maratona (in delirio) in una notte di piena estate.
Calleri che mi dice: “Per favore, può smettere di chiamarmi sceriffo su Tuttosport?”.
Vidulich, Bodi e Palazzetti che assicurano nella loro prima conferenza stampa di agire per conto della Merrill Lynch, una delle più grandi banche mondiali.
Aghemo che si precipita Tuttosport e nello studio del direttore Jacobelli annuncia che vuole comprare il Toro.
Cimminelli irraggiungibile durante la trattativa che incontro per sbaglio sotto i portici in piazza San Carlo e mi dice con tono un po' sprezzante: “Lei e Tuttosport mi siete costati un sacco di soldi perché avrei potuto comprare il Toro dal fallimento se non aveste rotto i c…”.
Romero che parla della tragedia di Gigi Meroni come fosse capitata ieri e non 30 anni prima.
Cairo ancora molto lontano dal giorno in cui comprerà il Toro che mi invita a pranzo a Milano per un'intervista e mi chiede: “Per caso lei ha anche una copia dell'ultimo bilancio? Se me lo porta, mi fa una cortesia”.

Il ricordo più vivido, scrive Ravezzani, però resta di un presidente che quando era in carica non ho conosciuto da giornalista: Sergio Rossi. Lo vidi quando sembrava dovesse tornare in coppia con Luigi Giribaldi. Ci fu una conferenza stampa. Arrivammo in tanti. I due entrarono insieme, tutti i colleghi inseguirono Giribaldi, io invece rimasi da solo in una stanza con Rossi. Era nervoso, teso. Mi confidò:” Ho detto a Luigi di stare attento. Questa è una società maledetta. Quando è morta mia figlia non hanno mandato nemmeno un gagliardetto al suo funerale”. E mi tornò in mente una confidenza fattami da Luciano Nizzola: “Riunione del Cda granata, dovevamo decidere chi vendere per sanare il bilancio. Rossi mi guardò e chiese: quanti soldi mancano? Gli risposi: 10 miliardi, presidente. Lui aprì il libretto degli assegni firmò e disse: eccoli. Rimanemmo tutti a bocca aperta.

Ravezzai ricorda chiosando che su un muro, a fianco della vecchia sede in corso Vittorio Emanuele, per molti anni rimase una scritta in vernice rossa anche per lui. Diceva: “Rossi, vattene!”.