Mario Giordano: "La nostra vera sconfitta: smarrire lo spirito Toro"
Abbiamo intervistato in esclusiva Mario Giordano, direttore News Mediaset, e con lui parlato del Torino, squadra della quale è tifoso. La prima verifica dell’intenzione di fare bene è partire per il ritiro di Sappada con la squadra già definita al novanta per cento. Cairo in questi anni ha fatto molto, pur commettendo tanti errori. In questo periodo di difficoltà della società granata alcuni personaggi hanno usato il Torino per farsi pubblicità, ma nessun imprenditore serio si è fatto avanti per rilevare la società. Uno degli errori dell’attuale società è non aver creato una base solida: un centro sportivo, il vivaio con allenatori contrattualizzati a lungo, il Filadelfia, una struttura societaria. I tifosi mantengono vivo lo spirito Toro, ma per quanto riusciranno a farlo di fronte a una situazione così precaria? In questi anni gli sforzi per fare bene sono anche stati fatti, ma non sono stati sufficienti.
Ventura è un allenatore d’esperienza, ma per fare bene deve contare su giocatori funzionali al suo modulo di gioco. Da parte della società sembra esserci l’intenzione di accontentare il mister nelle sue richieste, però conciliare attenzione ai bilanci e ingaggiare calciatori di livello non è facile. Cairo e Petrachi riusciranno a formare una rosa che punti ai primi due posti?
“Mi auguro di sì e la speranza in questa fase è sempre grande perché sembra che l’intenzione di fare bene ci sia, come c’è stata anche in passato, purtroppo il calcio non è una scienza esatta. Io su questo ho un parere un po’ diverso da molti tifosi del Toro, perché ritengo che il presidente Cairo in questi anni abbia fatto molto e sbagliando anche molto, perché chi non fa non sbaglia, ma ha sempre cercato di operare nel tentativo di mettere in piedi una squadra in grado di arrivare ai primi posti e quindi tornare in serie A. Purtroppo, non tutte le scelte che ha fatto sono andate nella direzione auspicata e anche molte delle cose che sembravano adeguate poi non lo sono state. Secondo me la prima verifica per vedere se questo accadrà è, a differenza dell’anno scorso, andare in ritiro a Sappada il 15 luglio con una squadra già definitiva non al settanta, non all’ottanta, ma al novanta per cento. Una delle gravi mancanze dello scorso campionato è stata proprio quella di aver fatto malissimo il ritiro”.
Cairo ha messo in vendita la società e dopo qualche mese ha detto che non si è presentato nessun acquirente. Parte dei tifosi ha il sospetto che lui in verità non abbia nessuna intenzione di vendere. Lei cosa ne pensa? E’ possibile che il Torino non interessi a nessun imprenditore?
“Il presidente Cairo ha avuto un momento di scoramento e di delusione, perché naturalmente essere contestato e non poter andare allo stadio è stato un periodo non facile e quindi quando ha rilasciato quell’intervista nella quale annunciava la messa in vendita della società aveva l’intenzione effettivamente di vendere, però in realtà io sono convinto che in questo momento, periodo difficile per l’economia italiana, non è facile trovare imprenditori seri che vogliano metterci soldi loro per entrare nel calcio, un mondo, come vediamo in queste settimane, tormentato da bufere e da scandali con difficoltà economiche sempre più grandi. Io vedo società blasonate, come il Bologna e l’Ascoli, in difficoltà economiche costanti, con giocatori che non prendono gli stipendi e rischi di fallimenti; quindi è questo che mi rende perplesso sul fatto che ci siano davvero persone disponibili a comprare veramente e non a farsi pubblicità sui giornali; perché purtroppo in questo periodo di difficoltà della società granata abbiamo visto che molti, anche personaggi diciamo così non propriamente brillanti o comunque con molti lati discutibili, hanno usato il nome il Toro per raccogliere un po’ di pubblicità gratuita su se stessi e questo deve essere scongiurato che questo si ripeta in futuro. Se ci sono imprenditori seri che si facciano avanti, io, al momento, non ne vedo e, conoscendo abbastanza da vicino la condizione economica del paese, ho dei dubbi che ci siano persone che siano disponibili a fare offerte importanti”.
Il Torino non ha un centro sportivo tipo Novarello, tanto per fare un esempio, ha un organico dirigenziale ridotto ai minimi termini e un settore giovanile con allenatori che hanno contratti annuali. Il calcio di oggi premia società come l’Udinese e il Novara che hanno strutture e progetti solidi, mentre al Torino sembra che si viva alla giornata e i risultati non arrivano. La dimensione del Torino ormai è la sopravvivenza?
“Mi auguro di no. Sicuramente questo è uno dei difetti peggiori di questo Torino. Uno degli errori, di cui parlavo prima, di questa gestione è non essere riusciti a creare una base solida, una struttura e una sede che sia anche la casa del Torino, un settore giovanile che non solo brilli per risultati, ma anche per stabilità di progetti. Per esempio io non capisco perché agli allenatori delle giovanili vengano rinnovati i contratti per un solo anno alla volta. Agli allenatori delle giovanili andrebbero fatti i contratti a tempo indeterminato se si crede in loro e se hanno ottenuto buoni risultati, perché non sono come gli allenatori della prima squadra che possono andare e venire, qualche volta andare e venire fin troppo, ma questo è un altro discorso. Per gli allenatori delle giovanili è diverso: bisogna investire su di loro, sulla loro persona. Io non riesco proprio a capire questa fragilità, così come la mancanza di un centro di allenamento, al di là della ferita sempre aperta e sanguinante del Filadelfia. Non avere una casa, secondo me, è la causa del rischio di smarrimento dello spirito Toro, che se venisse perso sarebbe la nostra vera sconfitta. Lo spirito Toro nei tifosi è rimasto e lo si vede quando ci sono le occasioni importanti e le partite decisive. I tifosi riescono a ancora a mantenere vivo lo spirito Toro, ma per quanto riusciranno a farlo di fronte a una situazione così precaria?”.
I tifosi del Toro sono divisi fra chi è rassegnato a un esistenza mediocre sperando che arrivino tempi migliori e chi preferirebbe, piuttosto che vivacchiare, ripartire anche da serie inferiori per provare a ricostruire una società che ritrovi la dignità di un tempo. Lei con quale parte della tifoseria sta?
“Io dico che è sempre meglio ricostruire partendo dalla serie B che dall’Interregionale, perché uscire dal calcio professionistico vuol dire rischiare di condannarsi per sempre alla sparizione. E quindi no, bisogna tenersi stretti quello che si ha adesso. Lo dicevo prima, io non ho un giudizio così negativo di questi anni. Abbiamo visto situazioni ovviamente molto migliori come il progetto Udinese, il progetto Chievo, ma anche società fallire, altre retrocedere in Lega Pro, non pagare gli stipendi. Noi abbiamo, con tutti i difetti che dicevamo prima, una società solida che paga gli stipendi. E’ vero fa molti errori, ma le ha provate tutte. Si diceva: non punta sugli allenatori giovani e poi lo ha fatto con Lerda, ha escluso gli uomini simbolo però è arrivato Giacomo Ferri. I tentativi li ha fatti, anche se molti sono stati errori. Ha preso molti giocatori, ha tenuto Ogbonna e Bianchi tutta la stagione, che sono sicuramente calciatori di categoria superiore, quando in molti pensavano che li avrebbe venduti. Gli sforzi sono stati fatti, non sono stati sufficienti. E’ un po’ come dire che i mariti si tagliano i cosiddetti per fare un dispiacere alla moglie, ecco mi sembra che quei tifosi che vogliono azzerare tutto siano un po’ come quei famosi mariti.”