Luigi Pavarese: "Tifo Napoli, ma lo spirito Toro mi è rimasto nel cuore"
Abbiamo intervistato in esclusiva il direttore sportivo Luigi Pavarese che conosce molto bene il Napoli e il Torino perché ha lavorato nei due club e con lui abbiamo parlato della sfida di oggi pomeriggio fra queste due formazioni.
Per motivi differenti Napoli e Torino sono alla ricerca di punti, i partenopei per rimanere in scia alla Juventus di cui erano stati considerati i maggiori antagonisti e i granata per accumulare più punti possibili per la salvezza. Una partita che si preannuncia intensa?
“Sono convito che il Napoli sia sempre il vero antagonista della Juventus per la vittoria finale. Non bisogna lasciarsi influenzare dai risultati di una singola partita, è vero che il Napoli ha perso a Bergamo, ma dal punto di vista della condizione fisica e del gioco espresso è una squadra veramente in salute. E’ stato molto sfortunato con l’Atalanta perché ha creato tanto, ma purtroppo, vuoi perché si è trovato un Consigli in stato di grazia, vuoi per qualche disattenzione di troppo nell’area avversaria è successo che tornasse a mani vuote e fosse anche scavalcato in classifica dall’Inter. Il Torino da parte sue è una squadra che in trasferta non ha mai perso e questo è da tenere in conto, la formazione allenata da Ventura sa agire di rimessa, chiudere gli spazi, conquista tantissimi palloni e sa poi ripartire di conseguenza facendo anche male agli avversari. E’ vero che con il pareggio con la Lazio il Torino ha mosso la classifica, ma ha gettato via l’incontro perché aveva creato e avuto un bel numero di occasioni per segnare e alla fine ha rischiato pure di perdere, se Rocchi non avesse sbagliato il tiro mandando la palla sull’esterno della rete, ma sono convinto che prima il Toro aveva creato i presupposti per vincere così come era accaduto con l’Atalanta. Certo però che alla vigilia non era scontato il pareggio con la Lazio dopo la cocente sconfitta con il Parma, sconfitta immeritata perché si era ritrovato sullo zero a zero con l’espulsione di Sansone, episodio che invece era un chiaro fallo da rigore a favore, quindi da una situazione di possibile vantaggio si era ritrovato in inferiorità numerica e poco dopo è stato castigato subendo gol. Alla partita di oggi pomeriggio arrivano due squadre in salute. La forza del Napoli è quella di rispettare tutti gli avversari, indipendentemente dal profondo rispetto che il Torino incute per il valore della maglia granata. Comunque il Torino è una buona squadra ben allenata da Ventura, ottimo allenatore, che sicuramente a Napoli avrà tanta voglia di mettere in mostra un bel gioco perché è stato il primo allenatore dell’era De Laurentiis e si ricorderà come amaramente finì per lui (nella prima stagione dopo il fallimento a metà gennaio 2005 la squadra era sesta in Lega Pro e a due lunghezze dall’ultimo posto utile per i play off e così s’interruppe il rapporto fra il tecnico genovese e la società partenopea, ndr) e quindi vorrà far sì che il Toro ottenga un risultato positivo. Il Napoli però ha necessità assoluta di riprendere il cammino per mantenere il contatto con Juventus e Inter”.
Gli organici di Napoli e Torino sono compatibili con gli obiettivi stagionali che si sono poste le due società?
“Il Torino ha l’obiettivo di salvarsi e Petrachi ha messo a disposizione di Ventura, grazie alla disponibilità della società, una formazione in grado di disputare un campionato tranquillo e io lo auguro al Toro perché a lui sono legato avendo ottenuto il mio primo successo da direttore sportivo riportandolo dalla B alla A e prima da segretario avevo vissuto l’esperienza della finale di Coppa Uefa a Amsterdam.
Mi sia permessa una divagazione utile a far capire quanto vale la maglia granata e quanto rimane dentro lo spirito Toro a chi ha avuto la fortuna di viverlo. Ad Amsterdam amaramente perdemmo quella maledetta partita, la sedia che Mondonico brandì in aria era quella sulla quale ero seduto io, nonostante tutto che bei tempi! Qualche giorno fa facevo lezione al corso per allenatori del comitato campano e ricordavo la partita di Coppa Uefa del Torino a Madrid per mettere in risalto l’unità e la compattezza e cosa vuol dire lottare veramente l’uno per l’altro, perché quella squadra aveva un’anima e ognuno componeva un pezzo di quell’anima, lo spirito Toro era stato interiorizzato da tutti. Eravamo andati in vantaggio con il Real con Casagrande, poi loro fecero dieci minuti incredibili e io da bordo campo contavo i giocatori spagnoli perché sembravano in venti-trenta eppure erano sempre undici e fecero gol prima con Hagi e poi con Hierro e per noi, nella sua tragicità, fu positivo l’infortunio accaduto a Cravero, quando Hagi gli finì contro a gamba tesa e gli fece uno squarcio nella gamba e Annoni, Policano e Bruno volevano picchiarlo, mentre i compagni provavano a difenderlo e chiedevano scusa per quello che era successo. La squadra sembrava proprio un toro inferocito che voleva incornare l’avversario. Quella scena terribile dell’infortunio calmò l’agonismo dei giocatori del Real Madrid e nei minuti finali non fecero più nulla e noi non rischiammo di prendere altri gol che ci avrebbero reso impossibile la rimonta, come poi invece avvenne, nella meravigliosa gara di ritorno. Spero con questo esempio di essere riuscito a spiegare cosa vuol dire lo spirito Toro e la fortuna che ha chi ha lavorato nel Torino come me per ben due volte ai tempi di Borsano e poi nella gestione Vidulich quando nel primo anno risalimmo in serie A e nel secondo retrocedemmo in B per un punto, perdendo da qualche parte dove non avremmo dovuto assolutamente, quello è il più grande rammarico della mia vita. Io del Napoli sono tifoso e non ne ho mai fatto mistero, però al Toro sono legato perché mi ha insegnato tanto e quando si parla di cuore Toro so cosa significa e chi ama il calcio non può non amare il Toro, infatti spero che quanto prima possa tornare ai tempi gloriosi per la società, ma soprattutto per la gente granata che merita grandissime soddisfazioni e se fosse stato per me avrei regalato loro la luna, ma purtroppo non è stato possibile.
Tornando alla domanda iniziale il Napoli è stato costruito bene per puntare a vincere il campionato ed è chiaro che è una squadra che deve crescere mentalmente e lo sta facendo e se non pratica il miglior calcio è comunque fra quelle che giocano meglio e sarà, forse, anche Cavani dipendente, ma è chiaro che comunque ha dei calciatori che sono in grado di fare la differenza e decidere la partita. La crescita del Napoli è legata soprattutto alla crescita professionale di un giocatore come Hamsik, che è l’anima di questa squadra ancor più di Cavani e può condurla a un traguardo importante com’è lo scudetto”.