Lo sforzo del Torino per recuperare Ljajic sia a 360° ma ci metta del suo anche Adem

Nel finale di stagione Mihajlovic adotterà più spesso il 4-2-3-1 e utilizzerà anche il 4-3-1-2 per mettere Ljajic nella condizione di agire in una posizione più congeniale.
05.04.2017 11:10 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Lo sforzo del Torino per recuperare Ljajic sia a 360° ma ci metta del suo anche Adem
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Sul talento di Adem Ljajic non si discute, ha la capacità d’inventare giocate uniche se può spaziare su tutto il fronte d’attacco ed essere libero da marcature e da incombenze in fase difensiva. E’ in grado di trovare soluzioni vincenti creando la superiorità numerica, sa mettere se stesso o un compagno nella condizione di andare al tiro in porta, è capace di puntare l’uomo e di saltarlo se è in vena, sa battere le punizioni anche se ultimamente di gol da calcio da fermo non ne ha realizzati. Insomma è un giocatore che può fare la differenza, però, è anche maledettamente discontinuo e ha un caratterino non facile, ma si sa che i talenti qualche difetto lo devono pur avere. Mihajlovic, che ne conosce pregi e difetti, l’ha voluto al Torino e sta cercando in tutti i modi di farlo rendere al meglio. Finora gli sforzi del mister e del suo staff non hanno dato grandi risultati, però, nessuno demorde e adesso che la squadra non ha più obiettivi europei si cerca di valorizzare al massimo Ljajic, anche per non disperdere un investimento che per la politica del Torino è stato elevato, infatti, il giocatore è stato pagato quasi nove milioni di euro, mai così tanto il presidente Cairo aveva sborsato per un singolo calciatore, neppure per Belotti che era costato un milioncino di euro in meno.

Mihajlovic sa benissimo che Ljajic rende meglio da trequartista o comunque in una posizione a centrocampo che gli consenta di usare la fantasia per essere efficace. E’ vero che finora è stato utilizzato in prevalenza da esterno sinistro in un attacco a tre, ma questa posizione non è congeniale al giocatore ed è stata adottata anche per impossibilità se non totale, almeno parziale di collocarlo diversamente poiché i compagni a diposizione, in particolare Maxi Lopez ma non solo, non erano in grado di essere schierati per tutta la partita con un modulo differente dal 4-3-3 e così il 4-2-3-1 o anche il 4-3-1-2 erano quasi impraticabili se non per spezzoni di gara. In più c’era, e per la verità c’è tuttora, il problema che per supportare a dovere un trequartista o comunque un fantasista in modo che sia libero di agire senza compiti specifici se non quelli di innescare la manovra vincente in attacco, servono due terzini che sappiano sia spingere sia coprire adeguatamente in fase difensiva e centrocampisti muscolari pronti a fare da diga in fase di non possesso palla, ma anche capaci di inserirsi e di supportare Ljajic. Senza contare che i difensori centrali non possono permettersi distrazioni di sorta perché con un trequartista, o fantasista che dir si voglia, inevitabilmente la squadra è un po’ sbilanciata in avanti e in caso di perdita del possesso palla ci vogliono giocatori capaci di difendere in modo molto efficace. Il Torino da quest’ultimo punto di vista ha dimostrato tutti i suoi limiti incassando in trenta giornate ben cinquanta gol, vale a dire 1,6 in media a partita.          

In questo finale di stagione Mihajlovic proverà ripetutamente, come lui stesso ha detto nel dopo partita del match con l’Udinese, sia il 4-2-3-1 ma anche il 4-3-1-2, sempre tenendo conto dello stato di forma dei suoi giocatori e dell’avversario da affrontare e aggiungiamoci anche del rispettare gli equilibri dello spogliatoio per non accantonare troppo chi ha dato finora e che può essere utile alla causa anche in seguito, giovane o meno giovane che sia. Ljajic sarà posto nella condizione di agire nella posizione a lui più congeniale, ma dovrà metterci tanto del suo per ripagare la grande attenzione che gli è riservata.