Livorno-Torino 2-1, l'analisi tattica
Ormai abbonato al 2-1, a favore o contro che sia di volta in volta, questo Toro colpisce soprattutto per la scarsa propensione alla costanza e alla continuità di risultati, aspetto che sulla medio-lunga distanza renderebbe pressoché irraggiungibile anche il solo conseguimento dei playoff. Dalla sconfitta di Livorno emerge la difficoltà nel reperimento di una linea tattica solida e univoca: ben venga l'elasticità al cambiamento di fronte ai differenti contesti di gara, ci mancherebbe, ma in questo caso, duole dirlo, il tecnico Franco Lerda ha peccato di mancanza di metodo, schierando giocatori investiti di posizioni e compiti inadeguati alle rispettive caratteristiche (Lazarevic e, in parte, Di Cesare), riuscendo a infondere le necessarie motivazioni soltanto a gara in corso e in seguito a un risultato svantaggio (in questo caso doppio), scenario profilatosi già davvero troppe volte durante questo primo scorcio di stagione.
Piuttosto particolare l'atteggiamento tattico con cui la squadra ha iniziato la gara, schierata con una sorta di 3-3-3-1, fatto di linee troppo rade per garantire solidità al modulo (che in realtà andava a "categorizzarsi" in un 3-4-2-1 che ricordava vagamente il primo Zaccheroni, quello dell'Udinese), ma al contempo dotate di un movimento senza palla insufficiente ("morbo" che sembra affliggere il Toro da tempo ormai quasi immemore), con la squadra di conseguenza spezzata in "tronconi", sofferente così contro le formazioni corte e capaci di un buon fraseggio.
Note parzialmente liete Gasbarroni, voglioso di riscatto e di affermare la propria qualità di categoria superiore, e il portoghese Filipe Oliveira, che ha ricoperto con buon piglio un ruolo a lui decisamente congeniale; da rivedere tutto o quasi, come già affermato, per quanto riguarda i movimenti difensivi e, ancora una volta, sulle palle da fermo, sarà necessario porre rimedio all'isolamento di Bianchi, ripropostosi in coincidenza, fortunatamente, con la vena realizzativa di Rolandinho ritrovata. Benino De Feudis, poco assistito da Obodo (che, lo ribadiamo, può dare quel quid in più a questa squadra, se utilizzato nella giusta posizione, con gli appropriati compiti tattici, e con un minutaggio tale da non appesantirne la precaria condizione muscolare) nel filtro, è mancata la consueta verve di Sgrigna.