LIVE Ludergnani: "Vincere due scudetti nella stessa stagione è una cosa grande. Abbiamo la responsabilità nel far crescere i ragazzi e produrli per la prima squadra"

Il responsabile del settore giovanile del Torino, Ruggero Ludergnani, fra poco in conferenza stampa farà il punto sulla stagione appena conclusa con la vittoria degli scudetti dell’Under 17 e 18.
Avete vinto due scudetti nel settore giovanile, un doppietta che non accadeva da oltre trent'anni. Cosa ha portato di nuovo per riuscirci?
“Ce ne stiamo rendendo conto più passano i giorni. Io non sapevo che non accadesse da trent’anni. Il fatto di vincere due scudetti nella stessa stagione è qualcosa di difficile realizzazione e ne parlavamo dopo lo scudetto dell'Under 18 la sera della cena insieme a tutto lo staff e al gruppo di lavoro. Non so come si vinca, ma è figlio di una programmazione che è partita quattro anni fa. Mi dispiace che il nostro lavoro venga sempre esaltato quando si vince, se avessimo perso per un calcio di rigore con il Milan o avessimo preso gol al 93° con la Roma, che ha colpito il palo, magari si sarebbe esaltato di meno il lavoro che già da tanti anni stiamo facendo. E’ però un qualcosa di grande, non sapevo che fossero 30 anni”.
Allora furono Primavera e Berretti a vincere.
“Più passerà il tempo, più passeranno magari anche gli anni e ci si renderà conto realmente di quello che si è fatto in questa stagione”.
Il successo più importante è far crescere giocatori per la Primavera e la prima squadra. Quanti di questi ragazzi potranno già fare il salto in Primavera? Ha già parlato con Baroni per magari aggregarne qualcuno anche alla prima squadra?
“Parto dalla fine, fino all’altro giorno siamo stati molto impegnati e siamo stati anche poco a Torino e Baroni ho avuto la possibilità d conoscerlo 10 giorni fa, ma più di tanto non c’è stata la possibilità di parlare con lui. L’idea che è nata l’anno scorso di fare il ritiro nello stesso luogo della prima squadra va nella continuità del lavoro che è partito anni fa e che è una grande condivisione e un rapporto fra la prima squadra e il settore giovanile. Ho sempre detto che l’obiettivo primario di chi fa questo mio lavoro, insieme ai miei ragazzi, ai miei collaboratori, è quello di produrre il più possibile giocatori. E’ adesso che è stato vinto lo scudetto non cambierò il focus. Il produrre i giocatori è alla base e ne parlano i numeri. Sotto questo spetto era già stato fatto un grande lavoro e continua ad essere il principale obiettivo. Poi vincere i trofei fa piacere a tutti perché poi, purtroppo, si accendono i riflettori soprattutto quando si vince, però sono fermamente convinto che a prescindere da queste vittorie si sta facendo già un grande lavoro”.
I giocatori dell’Under 17 e 18 teoricamente sono a 2-3 anni dall’esordio in prima squadra. Quanti d loro riusciranno a diventare calciatori professionisti?
“Domanda a cui è impossibile rispondere perché io posso avere delle idee, come è giusto che sia, ma poi non è detto che ciò che penso accada. In Italia siamo tutti allenatori, si dice. Ognuno vede le cose a suo modo e fa valutazioni sui giocatori in maniera soggettiva. Credo che ci siano dei giocatori che abbiano questo tipo di possibilità, ma che possa avvenire è altra cosa. Alcuni di questi sono ancora ragazzi giovani e quindi vorrei anche spegnere questa eccessiva luce di attenzione poiché bisogna dare loro ancora il tempo di maturare e di crescere. Ribadisco, ci sono dei giocatori che potenzialmente possono fare questo tipo di percorso, come hanno fatto altri 6 quest'anno. Però sono uno molto pragmatico e anche freddo su queste situazioni. Abbiamo l'esempio di Alessio Cacciamani che l'anno scorso è partito con l'Under 18 e nessuno ne parlava, ma a fine stagione ha esordito addirittura in Serie A e ha fatto due presenze. Potrei quindi dire dei nomi, poi magari ne vengono fuori altri due. Ed per questo che le dico che è una domanda a cui è difficile rispondere e non è neanche giusto che io risponda io. Il mondo e la storia del calcio ci insegna che ci sono tante storie che hanno la propria storia: giocatori che possono venire fuori in un momento e altri che vengono fuori in un secondo momento. La cosa più difficile adesso, secondo me, per noi come gestione di questi ragazzi è di fargli capire che comunque la strada è ancora lunghissima. La cosa più difficile per questi ragazzi è di rimanere con i piedi per terra perché sì hanno vinto uno scudetto a livello di categoria, ma non hanno fatto ancora nulla. C'è ancora tanta strada per tanti di loro. Se vogliamo analizzare in entrambi i gruppi potenzialmente ci sono un paio di giocatori per annata che possono avere l’obiettivo di esordire in Serie A, ma spero che siano sempre di più però non posso adesso dire chi poiché alcuni sono ancora ragazzi di 16 a 17 anni quindi devono lavorare tanto”.
A livello di programmazione adesso forse il passettino in più è per far sì che si allenino e giochino tutti in uno stesso luogo, al Robaldo. Il centro sportivo quando sarà utilizzabile?
“È una cosa che sento in questi giorni ed è da mesi che ne parlate tanto. Noi abbiamo un'idea, un cronoprogramma molto chiaro: sostanzialmente da agosto, quando ripartirà la stagione, delle categorie più piccole, dall'Under 16 all'Under 13, inizieranno già a allenarsi al Robaldo. E Under 16, 15, 14 e 13 svolgeranno lì i loro campionati ufficiali. Gli spogliatoi tra il campo 3 e il campo 4 sono già operativi e quindi i ragazzi potranno svolgere già la settimana tipo e il loro campionato. Per quanto riguarda le tre squadre più grandi, Under 17, 18 e 20, ripartiranno con la nuova stagione dove hanno finito la precedente quindi al centro sportivo di Orbassano e resteranno lì fino al completamento di quella che, come sapete, è la struttura più corposa dove ci sono la palestra, la sede del storie giovanile, aule video, ristorante e quant’altro. Nel momento in cui sarà completata quella struttura potremmo utilizzarla. Idealmente a gennaio 2026 saremo tutti al Robaldo. Poi potrà essere un mese o due prima. Chiaramente, come capite anche voi, ci sono tempi tecnici, però il nostro obiettivo, anche nella programmazione e nel planning con le strutture dove ci stiamo allenando adesso è che da gennaio 2026 tutte le squadre saranno al Robaldo. A quel punto anche le tre squadre più grandi, che inizieranno i campionati presso il centro sportivo di Orbassano, si sposteranno e giocheranno le partite al Robaldo”.
Come siete arrivati con l’Under 18 dall’essere una categoria un po’ sacrificata a vincere lo scudetto? E se sono state già prese decisioni su chi saranno gli allenatori della prossima stagione?
“Nei 12 anni che faccio questo mestiere degli errori ne ho fatti dagli errori s’impara. E’ vero che l’anno scorso con Under 18 abbiamo avuto qualche problema perché numericamente avevamo una rosa corta. Noi siamo una società che è molto a disposizione della prima squadra e deve essere molto disponibile a fornire settimanalmente e giornalmente calciatori alla prima squadra e nella stagione 2023-24 abbiamo pagato questo. Quella stagione ci ha insegnato tanto ad ovviare e prevenire i problemi con una rosa più lunga che partiva da una base diversa rispetto al gruppo dei 2006 di due anni fa dell’Under 17. Quindi mettendo insieme gli errori che avevamo fatto in sede di programmazione della stagione 2023-24 e la base del gruppo dei 2007 più alta abbiamo costruito l’attuale gruppo. Soprattutto il campionato Under 18, da sei nn a questa parte ogni anno ha vissuto una crescita e una modifica del campionato stesso. All’inizio c’erano solo 11 squadre e poi addirittura ci sono stati due gironi doversi e poi si è passati a un campionato unico, che sostanzialmente è paritetico alla Primavera numericamente parlando per cui ha un calendario molto lungo. Queste cose ci hanno insegnato a programmare in maniera diversa questa categoria.
In relazione agli allenatori faccio una premessa. In 12 anni non ho mai dovuto sollevare dall’incarico un allenatore e mi è dispiaciuto tantissimo farlo quest’anno. Come ho detto pubblicamente chiedo scusa a mister Tufano perché esonerare è una cosa che non mi piace fare e non lo ritengo etico in un settore giovanile. In quel momento però dovevamo prendere in mano la situazione e ho pensato insieme ai miei collaboratori e anche insieme a Vagnati, Moretti e al presidente Cairo di fare quel tipo di passaggio. Sicuramente ci siamo assunti dei rischi perché siamo andati a stravolgere due-tre gruppi scegliendo la soluzione interna, però ho sempre avuto fiducia negli allenatori che abbiamo spostato e coinvolto in questo tipo di passaggio. E’ innegabile che poi queste scelte hanno pagato e siccome sono uno che fa della continuità il suo credo posso dire che l’anno prossimo ripartiremo dalla continuità: Fioratti allenerà la Primavera e Vegliato l’Under 18 e Rebuffi l’Under 17, Catto l’Under 15 e stiamo facendo valutazioni sull’Under 16 solo perché La Rocca è uno di noi, fa parte del nostro gruppo di lavoro e stiamo portando avanti un certo tipo di progetto. La sostanziale novità o comunque conferma o notizia è che ripartiremo dagli allenatori di quest’anno non perché Vegliato o Rebuffi hanno vinto un titolo bensì perché sono persone con le quali si può condividere un lavoro e ci si può confrontare sul lavoro che facciamo. Sono persone con le quali si può lavorare insieme. A me piace vedere gli allenatori che tra di loro si parlano, che stanno insieme. Vegliato è stato con Fioratti che è sceso giù a Latina e preparavano le partite insieme e per me queste situazioni valgono di più di altro che si può creare. Oltre che dei bravissimi tecnici sono prima di tutto uomini e persone di spessore quindi, come ho detto al Presidente quando ci siamo incontrati a inizio settimana, la mia idea è di andare avanti con la continuità e ripartiremo da loro”.
Arrivare in prima squadra per un ragazzo oggi dell’Under 17 o 18 vuol dire intraprendere un percorso che durerà qualche anno. Ma voi che percorso avete studiato per accompagnare chi si meriterà di esordire in prima squadra e per chi invece lo ha già fatto in modo da affermarsi e diventare un calciatore da Serie A?
“E’ una bellissima domanda ed è anche difficile dare una risposta. E’ forse la responsabilità più grande che noi dirigenti abbiamo perché per tanti di loro il percorso che gli andremo a creare può determinare un indirizzo piuttosto che un altro. Insieme a Davide Vagnati e a Emiliano Moretti questo è un focus che ci dobbiamo porre ogni settimana e ogni mese in modo da fare un po' il punto su quello che è lo sviluppo di ogni singolo giocatore. È chiaro che ogni ragazzo poi ha un proprio percorso migliore in base al suo sviluppo fisico e mentale. C'è chi è più avanti mentalmente e chi è più indietro. C'è chi è più avanti fisicamente e chi è più indietro. C'è chi tecnicamente ha bisogno di lavorare di più e quindi riteniamo che abbia bisogno di fare un passaggio in più internamente. Sicuramente sarà determinante la valutazione che si fa col direttore della prima squadra sapendo che abbiamo una grande responsabilità. Non dobbiamo dimenticare che in Primavera da due anni ci sono delle regole da rispettare per formare stilare la distinta che si deve presentare ogni partita e che l'anno prossimo queste regole cambieranno ancora. All'interno dei 22 giocatori che si possono mettere in distinta dobbiamo averne 10 local, cioè che hanno fatto 24 mesi all'interno del settore giovanile, e 10 italiani. Quindi anche questo è da valutare nei percorsi che dobbiamo pensare per ogni giocatore e va a sommarsi al rispetto delle regole della distinta. C'è tutto un ragionamento dietro a ogni singolo caso, però cercando di sintetizzare è un lavoro che deve essere fatto in grande simbiosi con i direttori della prima squadra perché d questo poi si va a rendere più fruttifero o meno il patrimonio di un giocatore. Lo avete visto anche voi che ci sono giocatori che hanno fatto il loro percorso in Serie C e adesso vanno in Serie B. Ci sono altri che hanno fatto bene In Serie B e vedremo cosa faranno l'anno prossimo. Ci sono anche giocatori che invece si approcceranno direttamente al contesto della Serie A. Di volta in volta bisogna analizzare anche l'opportunità di mercato e l'opportunità che vengono per ogni singolo giocatore”.
Qual è la cosa che in questa stagione le ha dato maggior piacere o che le è riuscita meglio? E qual è il valore aggiunto del Robaldo?
“La cosa che mi ha fatto più piacere e che mi porto via di questo quadriennio è che ho parlato poco perché sapevo che dovevo solo lavorare e dimostrare, insieme al mio gruppo di lavoro e al mio braccio destro Davide Caprari, quindi mi porto via i fatti. Secondo me, con i fatti abbiamo dimostrato di aver lavorato tanto. Lo dicevo la sera dello scudetto dell'Under 18, che il destino ha voluto che noi vincessimo il nostro primo titolo qui al Torino col Torino primo gruppo che avevamo ereditato quattro anni fa. Abbiamo perso una finale di Coppa Italia Primavera che ci aveva lasciato l’amaro in bocca grandissimo e abbiamo perso una semifinale scudetto Primavera in maniera immeritata. Abbiamo anche perso una finale del Torino di Viareggio e molto probabilmente il destino voleva che vincessimo col primo gruppo che avevamo ereditato quattro anni fa, figlio della programmazione, del lavoro e dei sacrifici che abbiamo fatto con tutto il nostro gruppo di lavoro. Quindi la cosa che più mi rende felice è questa, il fatto di aver dimostrato con il lavoro e i fatti e non con le parole che in questo quadriennio abbiamo lavorato tanto e portando a termine diversi progetti e qui mi collego alla tua seconda considerazione: noi due anni fa abbiamo fatto un investimento e abbiamo investito su un'idea che inizialmente era quella di Orbassano per portare lì subito tre squadre in modo che potessero lavorare bene e avere tutti gli strumenti necessari per farlo al meglio. E soprattutto per avere un maggior controllo su queste squadre. Già solo questa cosa ha alzato nettamente lo standard del settore giovanile. Ora entreremo finalmente in questa nuova dimensione del Robaldo. Cosa ci porterà? Tanto perché basterà aprire una finestra e avremo i ragazzi che si allenano lì sotto. Gli staff possono salire una scala e venire a parlare con noi in ogni momento. E noi possiamo avere tutti sotto controllo e i ragazzi tra di loro possono conoscersi: quello dell'Under 15 con quello dell'Under 17, cosa che magari finora allenandosi in posti diversi era difficile. Gli allenatori tra di loro possono condividere tante più cose. Noi riusciamo, sembra una stupidaggine ma non lo è, a far allenare i giocatori in un ambiente granata perché il centro sportivo è tutto nostro. Ci sono tante cose che secondo me possono portare vantaggi. Alla luce anche di quello che ho vissuto in questi 4 anni entriamo in una sfera che sarà un impulso in più e soprattutto dal punto di vista dell'immagine del Torino è una cosa importante”.
Quali sono i tre pilastri principali del lavoro che fate?
“Cerco di risponderti in maniera articolata per poi farti una sintesi. Quando sono arrivato qua la prima cosa che dissi al Presidente fu che senza le strutture, senza un'organizzazione e senza un lavoro di scouting non potevamo andare da nessuna parte. Bisognava costruire dal basso i gruppi e soprattutto creare fondamenta solide per il settore giovanile. La prima cosa che abbiamo fatto fu cercare di dare un'organizzazione più capillare inserendo più figure nell'organigramma perché attorno ai giocatori e allo staff c'è bisogno di un'organizzazione. E credetemi, ancora non abbiamo raggiunto quello che vorrei poiché c'è proprio bisogno di una grande organizzazione grossa. Nel settore giovanile solo come persone che lavorano, non sto parlando di giocatori, siamo in 150. Quindi capite che ci deve essere una struttura organizzativa forte per tenere in piedi tutta questa struttura. E quindi la prima cosa è stata cercare di dare un'organizzazione migliore.
La seconda cosa, iniziare a lavorare e cercare d’intervenire sull'aspetto delle strutture nel minor tempo possibile e nel miglior modo possibile sapendo i limiti che avevamo. Per cui abbiamo preso subito una struttura per il convinto di alto livello. Abbiamo cercato di migliorare, anno dopo anno, i campi dove andavamo ad allenarci. E come avevo spiegato prima la prima cosa è stata l’investimento su Orbassano. Abbiamo preso dei pulmini nuovi, sembrerà una banalità ma non lo è. Abbiamo incrementato il numero di navette per andare a prendere ragazzi locali fuori dalle stazioni. Abbiamo migliorato e cercato di ampliare il servizio che fornivamo.
In ultimo, che non è ultimo, ma sicuramente senza i due primi pilastri sarebbe stato inutile andare a intervenire sul reclutamento dei giocatori. Abbiamo lavorato tanto su questo cercando di creare una struttura di scouting settorializzata e l'arrivo 12 mesi fa di Claudio Sclosa ci ha permesso di migliorare un determinato tipo di settore. Quando parlo di scouting intendo livello nazionale, estero e territoriale, sono evidentemente tre aree di scouting completamente diverse e richiedono persone di diverso tipo e in numero maggiore dovendo lavorare su tre compartimenti: organizzazione, strutture e reclutamento.
In ultimo aggiungerei un quarto pilastro che è altrettanto importante rispetto ai primi tre: la grossa presenza quotidiana sui giocatori e sugli staff perché non possiamo lasciare da soli gli allenatori e i giocatori. Bisogna creare mentalità. Noi siamo passati con i gruppi 2007-2008 per tantissime delusioni in questi quattro anni perché con il gruppo dei 2008, lo dicevo tre anni fa, perdemmo il derby di andata e ritorno con la Juve in maniera pesante e me le ricordo le facce nostre e dei ragazzi. Con il gruppo del 2007 l'anno scorso perdemmo malissimo i playoff con il Sassuolo. Sempre col gruppo del 2008 l'anno scorso disputammo gli ottavi di finale con l'Atalanta, ma non eravamo pronti per fare quel tipo di partite lì. Però in realtà quella partita ci è servita, siamo passati attraverso step che ci sono serviti per poi andare a lavorare sulla mentalità dei giocatori. Parlare con i ragazzi, rimproverandoli perché anche questo fa parte del nostro ruolo. Questi sono stati, secondo me, non tre bensì quattro pilastri fondamentali del nostro lavoro. Aggiungo, l'ho detto con un vostro collega ma lo penso davvero, che io da solo non posso fare niente. Prima della conferenza ho parlato con persone che stavano facendo riunioni perché dietro di me c'è un gruppo di lavoro che lavora fortissimo, che forse lavora anche più di me alle volte e senza di loro tutto questo non sarebbe possibile, quindi vorrei ringraziarli pubblicamente”.
Qual è l’ostacolo più grande che questi ragazzi devono superare per affermarsi?
“La verità in tasca non ce l'ho, posso avere una mia idea: non ci dobbiamo mai far abbagliare dai risultati perché i risultati si possono ottenere in tanti modi. Come dicevo all’inizio, l'obiettivo del settore giovanile è quello di produrre giocatori, non quello di vincere per forza solo gli scudetti. Mi è stato chiesto quanti di questi giocatori potrebbero poi arrivare a esordire in A ebbene e alla fine di questo biennio che manca per il 2007 e triennio che manca per i 2008 non avremo prodotto giocatori questi trofei bellissimi resteranno fine a se stessi. Abbiamo vissuto serate bellissime a Latina e Frosinone, ma se poi non raggiungeremo il nostro obiettivo avremo fatto bene però non avremo valori assoluti all'interno delle squadre perché sono loro che poi arrivano a fare i giocatori. L'unica cosa che io dico è: non guardiamo i risultati pensando che per forza ci siano valori all'interno delle squadre. Sicuramente se ottieni risultati dei valori ci sono, è innegabile, ma dopo però bisogna fare bene le valutazioni e analizzare correttamente il valore che c'è all'interno delle squadre. L’altra cosa che dico è, in questo sono fortunato, ci deve essere più attenzione verso il lavoro che c'è sotto da parte di chi nelle società sta sopra al settore giovanile. Chi sta sopra deve conoscere di più il settore giovanile, il patrimonio che c'è perché se non lo conosci non puoi poi accompagnare questi giocatori, non puoi pensare di tirare fuori qualcosa da loro. Io sono fortunato perché con Emiliano Moretti e con Davide Vagnati ci confrontiamo tanto. E’ opportuno che dai vertici delle società ci sia maggiore sensibilità e conoscenza di quello che è il patrimonio che può esserci nel settore giovanile, perché poi la responsabilità che abbiamo nel creare il percorso a questi calciatori fa la differenza nel produrre o meno giocatori”.
Aiuta avere allenatori di prima squadra che siano partiti dal settore giovanile?
“Al 100%. Anche questo fa parte di una filiera producente quindi sì, la risposta è semplicemente sì. Poi non vado avanti però sì sono d'accordo, assolutamente sì”.
Prima ha fatto un importante discorso sui pilastri però oltre serve anche avere budget importanti proprio perché il settore giovanile è composto da tantissime persone, ma forse in generale i club di Serie A sono un po' restii a concederli?
“Sono d'accordo, ma non tanto per comprare più giocatori perché la professionalità ha un costo (sorride, ndr) come lo sviluppo di strumenti che serve mettere attorno ai giocatori e quindi sì su questo sono d'accordo. Penso che dal nulla non nasca nulla quindi è importante mettere a disposizione di questi giocatori strutture, staff e persone competenti. Noi in questi anni abbiamo inserito sempre di più figure collaterali. Ed è quello che intendevo quando dicevo che dietro a un mondo come questo ci sono tante figure dallo psicologo al nutrizionista, persone dedicate solo all'analisi dei dati, dei ragazzi, preparatori per sviluppare la forza. Ci sono tante cose e tante persone che bisogna inserire attorno al giocatore. Non faccio un ragionamento sul Torino, ma vi dico la verità perché anno dopo anno ho cercato di migliorare certe cose inserendo cose in più e su questo il Presidente mi ha sempre dato fiducia e carta bianca ovviamente chiedendomi delle spiegazioni, com’è giusto che sia. In un contesto generale rispetto alla domanda che mi hai fatto sono d'accordo, per cercare di migliorare e produrre di più il movimento calcio Italiano deve porre un po' più d’attenzione ai settori giovanili”.
Dopo quattro anni dal suo arrivo il gap con la Juventus è diminuito? Quanta strada dovete ancora fare per eventualmente ridurre ancora il divario? Cosa chiederà a Baroni e pensa che potrà esserci un rapporto come con Vanoli che aveva un’attenzione particolare per il settore giovanile?
“A Baroni non chiederò nulla perché non ho mai chiesto nulla né a mister Juric né a Vanoli. Io devo essere a disposizione, come è giusto che sia il mio ruolo e quello degli allenatori del settore giovanile e di tutto il mio staff. Davvero siamo a disposizione, penso agli autisti e ai tanti sacrifici che fanno. Quindi non chiederò nulla a mister Baroni e se poi lui avrà bisogno di chiedermi qualcosa in merito ai ragazzi o a qualsiasi altra cosa ovviamente sono a super disposizione. La cosa che spero che accada è che ci sia quello che già stiamo facendo, ma su questo non ho il minimo dubbio perché poi tutto parte dal lavoro tra noi dirigenti, cioè quello dalla grande condivisione.
In merito alla prima domanda, sicuramente ricoprendo questo ruolo, quattro anni fa ho capito bene la grande rivalità che c’è con la Juventus e devo dire la verità che la si sente soprattutto a livello giovanile, ma è bello che sia così. Ho sempre detto ai miei ragazzi di pensare alla nostra strada, noi dobbiamo avere la nostra strada perché se guardiamo alla strada degli altri non dico che perdiamo tempo, ma perdiamo il nostro focus. Quanto siamo distanti, quanto siamo più vicini rispetto all'inizio o quanto gap ancora c'è ribadisco, noi dobbiamo percorrere la nostra strada perché altrimenti perdiamo tempo e sprechiamo energie. Rispetto a quattro anni fa i derby sono più combattuti, ed è sotto gli occhi di tutti poi una volta lo possiamo vincere noi e quest'anno è capitato molto di più, un’altra volta lo possono vincere loro e si può anche pareggiare. Non mi stanco di dirlo, dobbiamo pensare alla nostra strada e non stare a guardare la Juve. Il primo anno alla sera dopo il derby dormivo poco, ma adesso e mi fa piacere la partita ce la giochiamo alla pari ed è sinonimo che un po' il gap l'abbiamo ridotto. Dire se li abbiamo superati oppure no o se siamo più vicini non è neanche bello. Quest’anno abbiamo fatto belle partite con l’Under 2017 e con la Primavera, anche se al ritorno non è stata la gara che ci ha portato a fare risultato, soprattutto il primo tempo è stato nettamente insufficiente. Però, ripeto, la cosa più importante è che in questo momento riusciamo a stare in partita e a fare la partita”.
Avere la seconda squadra è un discorso fattibile solo per le big o averla oppure comunque avere club satelliti in Serie C potrebbe serve per valorizzare meglio i ragazzi più bravi?
“Parlo del Torino perché, giustamente, dobbiamo parlare del Torino. Credo che questa cosa non debba essere decisa da me, ma è un'idea che deve partire dal Presidente e dal Direttore Sportivo. Noi dobbiamo alzare ancora di più il livello del settore giovanile, questa è la cosa che in questo momento devo mettere ancora nel mirino, il focus. In questo momento hanno la seconda squadra, club di un certo livello che fanno e hanno determinati percorsi. Adesso dobbiamo cercare di avere sempre di più giocatori di alto livello che possano entrare direttamente dalla porta principale nelle rose della Serie A e avere giocatori che possano fare il loro percorso, almeno in Serie B. Questo deve essere il nostro principale focus, poi fare o non fare l'Under 23 sarà un ragionamento molto più profondo. Nel momento in cui dovessimo mai pensare a questa cosa dovremmo avere dei gruppi veramente forti e qualitativi in ogni annata perché con l’Under 23 s’innesca un meccanismo di scalata in avanti dei giocatori per cui devi essere pronto”.
Al di là della scelta del Torino, lei giudica l'Under 23 uno strumento utile per far crescere i giocatori, per dar loro un po' di visibilità?
“Indubbiamente velocizza il percorso di qualche giocatore. E’ innegabile che all'interno di ogni annata ci sia qualche giocatore più avanti e più qualitativo e quindi poter permettere a questi giocatori di saltare determinate categorie per stare nel contesto delle categorie con dei giocatori già maturi e formati velocizza il percorso e consente di bruciare le tappe. Soprattutto permette di formarsi in maniera diversa, però, ripeto, bisogna sempre poi andare ad analizzare il club in cui si fa questo tipo di percorso e la strutturazione dell squadra”.
Lo vediamo con la Nazionale maggiore che trovare numericamente giocatori italiani è sempre più difficile. Quanto e se incide questo anche nei settori giovanili?
“Incide, Dico che anche noi italiani come contesto sociale dobbiamo però migliorare. Dobbiamo avere meno la cultura del sospetto, del vittimismo e più professionalità, più voglia di fare sacrifici e di lavorare perché sennò è sempre un non auto analizzarsi. Io sono uno molto critico e non sono mai contento di quello che ottengo e faccio. Siccome faccio questo di lavoro da 12 anni ed è la mia passione, ho visto tanti ragazzi italiani e stranieri, ma credo che noi italiani in primis dobbiamo cambiare mentalità, non dobbiamo pensare di essere i più bravi o quelli che hanno inventato il calcio. E i nostri ragazzi per primi devono avere meno alibi e cercare di essere più professionali, più lavoratori. E’ un argomento molto grande e delicato, vivendo la quotidianità ribadisco che dobbiamo essere anche più autocritici e cercare di capire cosa possiamo fare di diverso. Non parlo solo di noi responsabili, ma proprio di tutto il contesto sociale”.
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