La sconfitta del Torino con l’Atalanta riassume la stagione della squadra e del club granata

27.05.2024 11:45 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Il gol di Scamacca
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Il gol di Scamacca
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Aveva detto bene mister Juric alla vigilia della gara con l’Atalanta che questa doveva essere “la partita della vita” poiché in palio c’era fare tutto quello che si poteva per arrivare in Europa senza lasciare la possibilità solo dipendente dagli altrui risultati, ma così non è stato per il Torino. L’approccio al match tutto sommato non è stato male non per nulla la partita era in equilibrio, ma poi quando l’Atalanta ha iniziato a pressare alto la qualità e personalità dei bergamaschi è venuta fuori e prima con Scamacca (26’) e poi raddoppiando con Lookman (43’) hanno messo in ginocchio i granata portandosi sul due a zero. Mentre il Torino non è riuscito a rendersi pericoloso dalle parti di Carnesecchi. La musica non è cambiata nel secondo tempo e l’Atalanta ha arrotondato il risultato con il rigore messo a segno da Pasalic (71’) continuando a mettere pressione al Torino incapace di reagire come dimostra l’unico tiro in porta fatto: quello di Ilic al 90esimo. E il passivo poteva essere anche molto più pesante, ma tre reti sono state giustamente annullate alla squadra di Gasperini: la prima a Sacamacca perché in precedenza De Keteleare sul fondo non era riuscito a tenere la palla in campo (52’); la seconda a Lookman per un fallo su Ilic (66’) e la terza ancora a Lookman per fuorigioco segnalato dall’assistente (76’).

Se qualcuno al Torino, in particolare fra i giocatori, pensava che l’Atalanta fosse distratta dall’aver vinto l’Europa League e che si sarebbe presentata in campo ebbra per i festeggiamenti si è sbagliato di grosso. I bergamaschi hanno fatto la partita che dovevano dimostrando di avere ambizione e personalità e non accontentandosi dell’essersi qualificati per la prossima Champions League e l’aver raggiunto il 5° posto avendo la possibilità, anche per il recupero della partita con la Fiorentina del prossimo 2 giugno, di arrivare al 3°. Finire terzi è più prestigioso che arrivare quinti e poi più in alto ci si piazza in classifica più il proprio club ottiene soldi dalla ripartizione dei proventi audiovisivi gestiti dalla Lega: quest’anno l’Inter che ha vinto lo scudetto prenderà 20 milioni, il Milan che è arrivato secondo 16,8, chi arriverà terzo (Juventus o Atalanta) 14,4 e chi sarà quarto 12 (fonte Gazzetta dello Sport del 20 febbraio 2024). All’Atalanta c’è indubbiamente unità d’intenti fra la proprietà, l’allenatore e i giocatori, come dimostrano i tanti progressi fatti negli anni. Mentre al Torino questo evidentemente non c’è infatti il presidente Cairo in occasione della partita più importante per la sua squadra non era presente e lo aveva già annunciato nei giorni precedenti spiegando che sarebbe stato a Roma per la tappa conclusiva del Giro d’Italia. Quando un imprenditore ha più attività è assolutamente legittimo che possa privilegiarne una più di un’altra e si sa che essere l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport dà grandissimo potere perché si ha in mano l’informazione che conta, mancando in Italia altri gruppi editoriali che vogliano, sappiano e possano contrastare questa che da tanti decenni è un’egemonia, per cui non c’è da stupirsi che il presidente del Torino sia andato a Roma poiché la Gazzetta organizza il Giro d’Italia e non a Bergamo dove la squadra di cui è proprietario si sarebbe giocata la partita della vita.

L’approdo agli spareggi per la prossima Conference League nonostante tutto è ancora possibile per il Torino perché se anche ha perso con l’Atalanta è rimasto al 9° posto raggiunto sì dal Napoli però in virtù degli scontri diretti con i partenopei, una vittoria e un pareggio, ha la meglio nella classifica avulsa. In più ieri sera la Lazio avendo pareggiato con il Sassuolo è rimasta al 7° posto e questo fa sì che se la Fiorentina vincerà fra due giorni la Conference League chi è nono andrà appunto a giocarsi gli spareggi per accedere a questa competizione.
Resta comunque il fatto che il Torino non è stato capace di essere padrone del suo destino. Sono mancati: la società che non ha allestito una squadra abbastanza competitiva pur non avendo ceduto i migliori in estate e anche nel mercato di gennaio non ha potenziato l’attacco pur sapendo che era deficitario in termini di gol, l’allenatore che ha confidato in qualche giocatore che non ha reso per quanto poteva e magari qualche volta avrebbe potuto osare di più per trovare soluzioni offensive più efficaci e i giocatori che potevano in alcuni frangenti essere più determinati e determinanti ed essere più attenti a non commettere errori individuali. Hanno di certo influito gli infortuni, anche se tanti sono stati quelli che hanno colpito i difensori però nonostante questo comunque il reparto difensivo del Torino con 36 gol al passivo è il quarto della Serie A, mentre l’attacco è stato deficitario infatti con 36 reti è il quarto peggiore del campionato. Come hanno pesato i punti lasciati per strada con squadre che sono retrocesse (pareggi con Salernitana e Sassuolo) o che hanno lottato fino all’ultimo per evitare la Serie B (la sconfitta con l’Empoli, complimenti a Davide Nicola per aver compiuto l’ennesimo miracolo di prendere una squadra con un piede in B e di mantenerla in A). E a completare il quadro ci sono stati errori arbitrali e del Var che hanno influito su più di un risultato.
Non c’è quindi da stupirsi che il Torino non sia riuscito ad andare oltre la metà classifica perché, come ha detto Juric, questa squadra più di così non poteva fare e infatti anche nell’ultima partita, quella della vita, ha mostrato tutti i suoi limiti e ha disputato una gara specchio della stagione.