La classifica sta migliorando, ma ci sono ancora perplessità sul Torino

Il girone d’andata come l’anno scorso è stato chiuso a quota ventisette punti e il sesto posto, utile per accedere all’Europa League, è a un passo.
13.01.2020 10:30 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
La classifica sta migliorando, ma ci sono ancora perplessità sul Torino
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Le vittorie con Roma e Bologna hanno risollevato il Torino che in attesa di sapere quale sarà il risultato fra Parma e Lecce, che si affronteranno questa sera, è al settimo posto, posizione che potrebbe peggiorare e diventare ottava se gli emiliani vinceranno, ma anche rimanere tale se la squadra di D’Aversa non andrà oltre il pareggio. Anche il Verona in teoria potrebbe essere davanti ai granata poiché deve recuperare la partita con la Lazio, ma stante l’ottimo periodo dei biancocelesti, sono alla decima vittoria consecutiva, non è detto che i veneti riescano nell’impresa e intanto fino al cinque febbraio non si giocherà questa gara. Comunque, il Torino ha chiuso il girone d’andata con gli stessi punti, ventisette, dell’anno scorso per cui l’obiettivo stagionale di migliorare il settimo posto finale del passato campionato per accedere all’Europa League è raggiungibile, ma nel girone di ritorno dovrà esserci una cavalcata simile a quella che fu fatta l’anno passato quando furono conquistati trentasei punti. Magari in caso di passi falsi di altre squadre basterà qualche punto in meno, infatti, l’anno scorso a metà stagione il sesto posto, appannaggio della Roma, era distante tre punti, mentre adesso due, Cagliari. Invece rispetto al quinto il divario è raddoppiato passando da quattro, allora Milan, agli otto, dell’attuale coppia formata da Atalanta e Roma, però, questo significa anche che oggi c’è la medesima distanza dal quarto, ma l’anno scorso il quarto, Lazio, di punti ne distava cinque vale a dire tre in meno.

La classifica del Torino sta migliorando, ma allora perché ci sono ancora perplessità sui granata? Ci sono due ordini di motivi: i passi falsi del passato, sia più lontano sia recente, e gli infortuni. I passi falsi, soprattutto con squadre medio-piccole sono una costante negativa del Torino che Mazzarri non è ancora riuscito a debellare, basta pensare alle recenti sconfitte più clamorose con Lecce, Sampdoria, Udinese e Spal, ma anche nello scorso campionato ci furono passi falsi di questo tipo, pareggi (Udinese, Bologna, due volte Fiorentina, due volte Cagliari, Sassuolo, Spal e Parma) e sconfitte (Parma, Bologna ed Empoli) che corrisposero a veri e propri punti gettati via, anche a prescindere da torti arbitrali. Gli infortuni sono un vero e proprio problema, per carità in generale nel calcio sono aumentati perché le performance sono più spinte verso il limite fisico degli atleti, ma questo non basta a spiegare quanto sia sempre affollata l’infermeria dei granata tanto più che sono all’ultimo posto della classifica dei chilometri percorsi in partita dalle squadre di Serie A. Dall’inizio di questa stagione in infermeria sono finiti, per periodi più o meno lunghi e alcuni più volte, Ansaldi, Aina, Baselli, Belotti, Berenguer, Bonifazi, De Silvestri, Djidji (postumi dei problemi fisici della scorsa stagione), Edera, Falque, Izzo, Laxalt, Lyanco, Lukic, Millico, Parigini e Zaza. Qualcuno purtroppo è incline agli infortuni come Lyanco e Ansaldi, il terreno di gioco del Grande Torino non è in buone condizioni, ma comunque la società, Mazzarri e il suo staff qualche domanda dovrebbero porsela e, soprattutto, darsi delle risposte sul perché di tanti infortuni visto che non ne mancano di muscolari.

A queste perplessità vanno aggiunte la fragilità caratteriale che porta spesso la squadra alla prima difficoltà anziché a reagire ad andare in tilt e commettere errori o anche singoli giocatori che reggono male la pressione e se il pubblico rumoreggia a fronte di giocate non buone subito si “deprimono” e fanno anche peggio. I dubbi sulle qualità tecniche di alcuni giocatori come i tanti passaggi errati o interventi sbagliati che si ripetono di partita in partita di Aina, Djidji e Meïté in particolare, ma non solo loro. Prestazioni individuali al di sotto delle potenzialità, infatti, ci sono calciatori che sulla carta potrebbero fare bene o anche più che bene, ma che spesso finiscono per fare prestazioni ai limiti della sufficienza, Baselli, Lukic, Laxalt, ma anche sotto Zaza e Verdi. Un gioco che non convince i più che ritengono che sia troppo basato sul difendersi e che l’attacco punti eccessivamente sulle ripartenze dei singoli e troppo poco su manovre offensive efficaci e la richiesta eccessiva di sacrificio in fase di copertura a Belotti e in generale agli attaccanti. Giocatori che platealmente si stizziscono quando sono sostituiti, l’ultimo caso in ordine di tempo Verdi che ieri è uscito dal campo a fronte di una prestazione nel complesso discreta e che se n’è andato negli spogliatoi e poi a fine partita Mazzarri pubblicamente l’ha redarguito dicendo che aveva sbagliato due o tre passaggi nel giro di poco e per questo era stato sostituito con Laxalt fatto giocare per giunta fuori ruolo e che con il suo ingresso la squadra ne aveva tratto giovamento. O anche calciatori che mal sopportano le ripetute panchine, evidentemente ritenendo che chi è fatto giocare non fornisca chissà quali prestazioni, ma che comunque continua ad essere preferito e lo esternano sui social entrando in polemica con allenatore e società, come, ad esempio, nel caso di Parigini. Non ultimo vanno aggiunte campagne acquisti incomplete nel far arrivare giocatori che colmino le lacune della rosa o nulle per quel che riguarda i precedenti due mercati invernali e per giunta tardive con nuovi rinforzi estivi arrivati solo l’ultimo giorno di calciomercato. 
Può essere che le perplessità siano eccessive così come le critiche, ma nelle ultime stagioni altre squadre, che di solito occupavano le posizioni alte della classifica, hanno avuto difficoltà, il campionato scorso il Milan e la Lazio, in questo ancora il Milan e il Napoli e il Torno non ha saputo approfittarne pur in un contesto di crescita negli ultimi anni che, però, non lo ha portato a quel famoso salto di qualità che avrebbe dovuto spazzare vie le perplessità.