Il tentativo del presidente del Torino Cairo di tendere la mano ai tifosi e di ricucire: tra captatio benevolentiae e forse qualche parvenza di ripensamento

Ieri il presidente del Torino, Urbano Cairo, è stato per l’ennesima volta contestato dai tifosi che vogliono solo una cosa: che venda il club e che se ne vada. Ma dopo la partita di Coppa Italia con il Pisa, vinta per 1 a 0, rispondendo alle domande dei giornalisti presenti che lo aspettavano nell’antistadio, Cairo è apparso più conciliante e ha usato toni pacati in una sorta di cambio di registro, anche nel tono di voce, rispetto a quanto pure detto solo qualche giorno o settimana fa. Con tanto di minimizzare il numero dei contestatori e definire i cori contro di lui un acufene. Dichiarazioni che erano servite solo a rinforzare la contestazione.
Che si tratti di una svolta è decisamente molto prematuro dirlo, soprattutto alla luce dei 20 anni di promesse non mantenute e parole per sviare l’attenzione dalla questione, però è doveroso prenderne atto. Certo si è trattato solo da parte sua di non voler tornare a parlare della contestazione: “Abbiamo detto tutto e di più e adesso quello che conta è fare bene sul campo” e questo può anche essere letto come il solito tentativo di spostare l’attenzione su altro. E in parte anche rispondendo alla domanda se avesse ripensato al termine acufene: ”Io non entro più in queste cose. La contestazione l’abbiamo vista oggi e la settimana scorsa, domenica etcetera”. Però poi ha anche aggiunto: “Il tifoso può contestare e se vuole fare lo fa. Secondo me, aiutare la squadra è meglio però la libertà c’è: siamo in un Paese libero e quindi ognuno coglie le sue libertà”. Non continuando a perseverare nel dire che tanti tifosi sono con lui. Magari il fatto che domenica in occasione della partita con l’Atalanta, preceduta da un’altra marcia con più di 5000 tifosi, dopo quella del 4 maggio con più di 20000 e quella seguente la cessione di Bellanova, del 25 agosto 2024, con più di 10000, a far sentire il suo dissenso c’era anche lo scrittore Alessandro Baricco, che indossava la maglia di Moschino (uno dei grandi giocatori granata degli anni 60) e reggeva una bandiera con la scritta: “Cairo Vattene” oltre ad aver fatto un post su Instagram, potrebbe aver fatto un po’ riflettere Cairo. Tanto più che da anni anche altri illustri personaggi, compresi ex calciatori e dirigenti del Toro, di comprovata fede granata lo invitano a fare almeno un passo indietro, meglio se vende. Oppure magari il presidente del Torino ha solo ripensato agli inizi quando appena preso il club granata, dopo il fallimento, era osannato da tutti ed era considerato il salvatore della patria mentre ora ha dilapidato tutto il consenso, allontanando anche molti tifosi dallo stadio, ed è avverso ai più.
Cairo ha anche cambiato un po’ rotta sul fatto che la contestazione danneggi la squadra, quasi come se fosse colpa dei tifosi se i risultati non arrivano mai: “No, non credo perché sono ragazzi che hanno una bella scorza però essere aiutati … Ho fatto un esempio a loro quando li ho visti l’altro giorno: abbiamo un popolo straordinario. Mi ricordo che quando presi il Torino e arrivammo alla fine dei paly off con il Mantova allora facemmo un allenamento prima della partita il sabato a Borgaro e c’erano 2500 persone che fecero di tutto di più dando una spinta pazzesca e poi allo stadio (al Delle Alpi, ndr) in 60.000. Ho detto ai giocatori: avete dei tifosi straordinari, il top che c’è, e lo dice uno che è contestato, quindi dovete cercare di accendervi, vi portano loro perché sono troppo forti. E’ chiaro che nel momento in cui c’è una negatività lo sono anche negativamente per cui devi riuscire ad accenderli. Ce la faremo”. E sul fatto che ci possano essere margini per ricucire è stato meno possibilità e più realista pur non perdendo la speranza: “Non lo so, l’ho già detto. Non voglio più parlare di questo, adesso l’importante è il campo: che si preparino bene, che giochino bene, che non abbiano più le amnesie tipo domenica e poi se le cose vanno meglio tutto è più positivo. Poi vedremo, non ho la palla di vetro”.
Che si tatti solo di captatio benevolentiae o che forse ci sia qualche parvenza di ripensamento solo il tempo lo dirà, ma almeno un tentativo di abbassare i toni lo ha fatto dopo averli alzati con le sue precedenti dichiarazioni. Chi ama davvero il Toro sa che è indispensabile che ci siano dei cambiamenti perché continuare così alla lunga porterà solo a scomparire perché se non ci sono i tifosi non può neppure esserci la squadra di calcio. Nessuno al momento pensa o s’illude che Cairo possa essere repentinamente cambiato, però visto che in 20 anni di risultati con il Torino non ne ha di fatto ottenuti, magari cambiare un po’ rotta potrebbe aiutare e davvero sarebbe una gran bella cosa per il Toro.
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