I giocatori del Torino devono capire e accettare che si può essere protagonisti da titolari e da subentranti
L’idea che più si sta in campo è più si ha la possibilità di fare la giocata che può essere determinante è relativa, non assoluta. E infatti quante volte un calciatore disputa dall’inizio alla fine una partita e non ne diventa il protagonista? Magari fa anche molto bene, ma non è lui che verrà ricordato per la vittoria o il pareggio colto quando ormai sembrava che fosse sconfitta bensì chi ha fatto il gol o impedito che lo facessero gli avversari, a prescindere se ha giocato un minuto o tutto il match. Ed è proprio da questo che bisogna partire.
E’ mutato il concetto di stare in panchina con i cinque cambi perché i calciatori hanno più possibilità di giocare e quindi di dare un contributo importante alla squadra e di conseguenza essere protagonisti, ma troppo spesso chi inizia una partita accomodandosi in panchina, nella propria testa e anche nell’immaginario collettivo, è considerato meno “bravo” in quanto seconda scelta di chi è titolare e chi esce, se non ha problemi fisici, è stato “bocciato”, ma non sempre è così. Si possono fare innumerevoli esempi di giocatori che entrati a partita in corso ne hanno cambiato l’andamento in meglio e altri che avvalorano la tesi che non sempre essere sostituiti vuole automaticamente dire che non si è fatto abbastanza bene. Quante facce accigliate si vedono in panchina a inizio partita e quanti calciatori quando vengono sostituiti non la prendono bene. I giocatori invece devono accettare che il turnover e l’entrare o l’uscire a gara in corso è una risorsa da sfruttare, basta pensare che così si dosano meglio le fatiche e si rischia meno d’infortunarsi: le prestazioni positive non necessariamente dipendono solo dalla durata perché è sempre la qualità alla fine a fare la differenza.
E veniamo al Torino. La difficoltà a segnare e l’arrivo di Zapata pongono la questione di dover fare dei cambiamenti. E i cambiamenti inevitabilmente passano dall’utilizzo dei giocatori. Il classico modulo di Juric, il 3-4-2-1, non deve essere buttato alle ortiche, però potrebbe non essere l’unico e a seconda delle occasioni venire variato con il 3-4-1-2, il 3-5-2 o anche il 3-4-3. Più difficile pensare di cambiare l’impianto difensivo a tre e passarlo a quattro. Le varianti quindi interesserebbero maggiormente centrocampo e attacco coinvolgendo ovviamente i calciatori che vi giocano ed è lapalissiano che contemporaneamente in campo ci vanno in 11 ai quali si aggiungono 5 con i cambi per cui in ogni partita possono essere utilizzati 16 giocatori. Juric, ma vale per qualsiasi allenatore, sceglie in base alla forma fisica, all’impegno visto in settimana durante gli allenamenti, a eventuali squalifiche, al tipo di partita, più o meno aggressiva, che vuole giocare e all’avversario. Ilic, Ricci, Tameze, Linetty, Gineitis, Bellanova, Lazaro, Vojvoda, Soppy, Vlasic, Radonjic, Seck, Karamoh, Zapata, Sanabria e Pellegri hanno a disposizione 7 posti che possono con i cambi diventare 12 e sono in 16.
Tutti gli allenatori tendono ad avere un gruppo base da mandare in campo, e Juric non fa eccezione, ma nessun tecnico è così masochista o folle da non utilizzare un giocatore che può permettergli di vincere una partita. Dipende quindi dai singoli calciatori sfruttare al massimo le occasioni e i minuti che passano in campo profondendo totale impegno e che va messo sempre al primo posto il bene della squadra, che di riflesso è anche il loro bene.
I calciatori del Torino devono quindi capire e accettare che si può essere protagonisti da titolari e da subentranti.