Cerci c'è ma anche le pressioni, la strada per il successo è lunga
E’ scoppiata la Cerci-mania, tutti, addetti ai lavori e tifosi del Toro, non hanno occhi che per lui e si sprecano gli elogi. Indubbiamente l’esterno ha qualità donategli dalla buona sorte: accelerazione, capacità di saltare il diretto avversario, mira, propensione al gioco offensivo, un tiro di sinistro potente. Alla luce delle ultime prestazioni quindi sorge spontanea la domanda: ma Cerci ha raggiunto il top di capacità e forma? Anche perché domenica scorsa in tribuna allo stadio Olimpico c’era il Ct della Nazionale Cesare Prandelli che ha potuto ammirarne le doti. Ma tornando alla domanda persona più indicata a rispondere di mister Ventura che lo allena non c’è e da colui che lo ha fortemente voluto al Torino arriva se non proprio una doccia fredda almeno un’àncora che serve a tenere il giocatore con i piedi ben saldi a terra: “Cerci deve ancora mettere in mostra potenzialità sconosciute: di diverso, ora, c’è il suo modo di vivere la partita, il pensare che da soli non si va da nessuna parte. Di tempo ne ha già buttato ….” (come riporta Guglielmo Buccheri in un’intervista al mister granata pubblicata oggi sul quotidiano La Stampa a pagina 40).
Cerci ha venticinque anni compiuti, è nato i 23 luglio 1987, e a fronte di un debutto in serie A a soli sedici anni e mezzo, che di solito fa presagire una carriera di alto livello, non ha ancora sfondato rimanendo una promessa del calcio sempre sul punto di sbocciare. Infatti prima la Roma, nelle cui giovanili è cresciuto, e poi la Fiorentina non hanno deciso di puntare su di lui anche perché il giocatore alterna giocate di grande valore a inspiegabili pause nell’arco della stessa partita, che lo portano ad estraniarsi dal gioco e in più ha un carattere non facile essendo un po’ collerico e incline a esternare senza mezzi termini le sue idee. Finora la sua migliore stagione da professionista è stata quella a Pisa in serie B nel 2007-2008, dove ha trovato l’allenatore che più di tutti gli altri è riuscito a far emergere con continuità le sue indubbie doti: Giampiero Ventura. Proprio lo stesso che oggi lo sta riportando agli onori delle cronache.
Nessuno ha dubbi sulle qualità di Cerci, ma è normale che non lo si possa ancora definire un campione. Se da una parte gli elogi che sta ricevendo in questo periodo sono giusti, dall’altra rischiano di mettere sulle spalle del giocatore una pressione che sicuramente lo può stimolare per fargli dare ancora di più, ma allo stesso tempo rischiano di creare troppa aspettativa e di finire per influire sull’autostima dello stesso Cerci già di suo portato, come si evince dalle parole di Ventura riferite qualche riga sopra, a giocare con un pizzico di egoismo più per se stesso che per la squadra. Per il bene di Cerci, del Torino e perché no della Nazionale l’esterno offensivo deve continuare sulla strada intrapresa se vuole far vedere a tutti potenzialità che oggi sono ancora sconosciute. Cerci prima di tutto deve vincere la battaglia con se stesso, dimostrando che la testa la usa per passare dall’essere una promessa del calcio italiano al divenire un campione, per essere dei grandi giocatori non basta saltare l’uomo, avere buona corsa, servire assist pregevoli o segnare qualche bel gol. Fino a oggi Cerci ha dimostrato a tutti che le doti le ha, ora deve metterle sempre al servizio della squadra nella quale gioca così le metterà anche al servizio di se stesso. Tempo da buttare non ce n’è più, bisogna saper raccogliere quanto madre natura ha generosamente offerto.