PETRINI, Tanti nelle stesse condizioni di Borgonovo
Carlo Petrini, tu la storia di Borgonovo la conoscevi da tempo.
"La conoscevo e mi era capitato anche di citarla in qualche dibattito. Capisco la volontà della famiglia, ma io sono dell'idea che bisogna parlarne il più possibile di queste cose. Che senso ha tener nascosta questa malattia come fosse un delitto? Bisogna mettere in guardia i ragazzi di oggi".
I numeri con l'incidenza sulla categoria dei calciatori sono spietati, da brividi.
"Il calcio rifiuta questi morti e rifiuta questi malati, me come tutti gli altri. Io non l'ho visto, ma m'hanno detto che tra le poche cose che ha detto attraverso il macchinario che gli serve per parlare, Borgonovo ha affermato che il calcio in tutto questo non c'entra. Ma lui ha giocato a calcio, non ha fatto il minatore. Escludere a priori che il calcio non c'entra è assurdo...".
Chi può avere questo interesse?
"L'interesse ce l'ha il mondo del calcio. Chi gioca oggi, almeno chi gioca oggi, ha il diritto di sapere. Per evitare altre bombe di cortisone e tutte quelle altre schifezze che a noi hanno permesso di giocare e poi ci hanno ridotto così, come degli stracci usati. Invece hanno paura a dirlo, perché poi il giocatore magari si rifiuta di giocare se sta male, e si interrompe lo spettacolo. Questo è lo schifo".
Ibrahimovic è stato l'ultimo: dice che non gioca più con le infiltrazioni.
"Ha ragione, lo facessero tutti. Per evitare un giorno di ritrovarsi come me. Cieco e con un cancro".
Gli occhi come vanno?
"Ormai un disastro. Ho la cosiddetta cecità bianca, non riesco a distinguere niente, vedo solo ombre e non riesco più a capire se davanti ho un cane, una macchina o un uomo. E sai perché? Perché dopo l'operazione al cervello mi hanno dovuto fare un trattamento pesante di cortisone che ha spento l'occhio buono piano piano. E allora, quando ripenso a quante fiale di cortisone ho assunto per giocare, non sono autorizzato a pensare che il glaucoma che mi ha fatto perdere un occhio nel 1991 sia stato causato proprio dall'abuso di cortisonici? Con i miei 4 decimi all'altro occhio potevo essere un re. E invece adesso non so se sul piatto ho una bistecca o dei pomodori".
E quel ricamino in testa come ricordo.
"Per il momento sopravvivo con la chemioterapia. La realtà però è che ormai siamo in troppi, troppi malati, troppi morti. Vengono dubbi a tutti. Quando giocavamo ci facevano in continuazione punture endovenose, prendevamo esafosfina, neoton, micoren, cortex, tutto in maniera scellerata. A loro interessava solo se potevi dare una mano alla squadra".
Anche quando eri alla Roma?
"Meno. Ma anche lì ricordo, per esempio, prima di un Roma-Juventus io, Negrisolo, Spadoni, Prati, Morini eravamo in albergo ad aspettare il medico argentino Rubens Oliva, e quel giorno ci infiltrò tutti per poter giocare. Non sapevamo neanche che cazzo ci sparavano dentro perché aveva bottigliette senza etichetta. Giocavamo ma poi la sera non ci reggevamo neanche in piedi".
Ora si sta diffondendo una comune presa di coscienza.
"E' la mia battaglia. Tutti devono sapere come siamo ridotti. Soprattutto noi che siamo ancora sopravvissuti. E tutto per aver fatto un piacere a un allenatore che se ne sbatte le palle se l'anno dopo non ci sei più".
I medici non hanno abbastanza potere?
"Guarda Volpi che l'anno scorso si era ribellato. E' dovuto andare in rotta di collisione con Mancini. A me i dottori non mi hanno detto che cosa potevamo rischiare. Anzi, ai miei tempi erano addirittura consenzienti. Il dottore bravo per una squadra di calcio non è quello che cura. Ma quello che rimette in piedi in tempo".
Ce ne sono tanti nell'ombra come Borgonovo?
"So che ce ne sono. Ma anche le percentuali conosciute su questa malattia sono già così piuttosto significative. Tutti noi viviamo nel terrore. E invece di metterlo in risalto qui si cerca di nascondere".