Mauro Berruto, ciao Don Aldo, fuoriclasse

Pubblichiamo il pezzo che Mauro Berruto ha scritto sul suo sito ufficiale dedicato a Don Aldo Rabino.
21.08.2015 09:08 di  Marina Beccuti  Twitter:    vedi letture
Mauro Berruto, ciao Don Aldo, fuoriclasse
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Jacopo Duranti/TuttoLegaPro.com

Don Aldo, ti abbiamo accompagnato questa mattina. Un oceano di persone a celebrare, con gli occhi lucidi, la gioia e il dono di averti conosciuto. Nello stesso giorno i telegiornali si sono occupati di uno sfregio alla decenza e al valore della legalità rappresentato dal funerale di Vittorio Casamonica, un capoclan salutato con la musica de “Il Padrino”, petali lanciati da un elicottero, Rolls Royce, e un tiro di sei cavalli neri davanti al feretro.

Tutto sotto gli occhi di un parroco che ha celebrato, Aldo. Un salesiano, come eri tu.

No, non è così. Lui non è come te e adesso provo a raccontare il perché.

Ho parlato con te di calcio, di Teologia della Liberazione, di montagna, di oratori, di Borgo San Paolo, di pallavolo, di Mato Grosso, del Filadelfia, di giovani, del Grande Torino, di passato, di presente e soprattutto di futuro. Perché tu non potevi che coniugare tutti i tempi al futuro, come tutti coloro che sono mossi da una visione.

La tua ultima telefonata una manciata di giorni fa. Tu, capace di trovare tempo per me in un mio momento difficile. Tu, che avevi invitato me tante volte a parlare alla tua “Scuola di Sport”, con pazienza e affetto mi hai parlato di regole, di rispetto, di dignità.

Ti ho ascoltato, Don Aldo. Come sempre.

Fondamentalmente perché tu eri uno di quelli che quando dicono una cosa è perché l’hanno già fatta.

Tu scrivevi: “ancora oggi sto dalla parte dei giovani, realtà stupenda e faticosa, quotidiano incontro che mantiene fresco lo spirito, ma logora il fisico. Eppure, va bene così!”

Lo hai fatto fino all’ultimo giorno e non ci siamo accorti che il tuo fisico si stava logorando. Abbiamo la consolazione di sapere che non sarebbe servito a niente, perché chi ha una visione non conosce limiti. Chi ha una visione ha una dimensione del tempo che non è uguale a quella degli altri. Chi ha una visione non ha altra opzione che correre, e sempre per primo, davanti al gruppo. Anche in questo caso. “Sei andato avanti”, come dicono gli Alpini.

Avevi chiuso la telefonata, come sempre, con il nostro Toro.

Ancora cito parole tue: “Il Toro è cosa che non si può capire se non standoci dentro. È realtà di persone che, nella semplicità dei gesti e dei rapporti, creano famiglia. È condivisione quotidiana di ideali e di valori che vanno oltre il tifo”

Aldo, tu avevi una visione e tante missioni.

“Il mio Toro, la mia missione” è il titolo del libro che ti ho quasi costretto a dedicarmi. Era pochi mesi dopo i Giochi Olimpici di Londra, a una cena.

“Tu chiedi l’autografo a me?”.

Sì, Don Aldo, io chiedo l’autografo a te e adesso me lo tengo stretto come un tesoro.

Ti chiedo l’autografo perché hai vissuto la vita intera dalla parte dei giovani, dalla parte dei poveri, dalla parte dell’America Latina, dalla parte del Toro.

Capisci la differenza, Aldo? Capisci perché i telegiornali non hanno parlato di te ma di un capoclan e di un prete cha ha chiuso gli occhi?

Perché tu hai scelto sempre la parte giusta. E di quella non si parla mai.

Parliamo tutti noi di te, Don Aldo.

E ne parliamo come di quei fuoriclasse che dove i giocatori normali non vedono altro che tibie e parastinchi, vedono invece lo spazio per un tunnel.

Buon viaggio, fuoriclasse.

Per favore, fatti sentire ogni tanto. Tu, senz’altro, troverai il modo.