La vera dimensione del Torino di Baroni: tra speranze e realtà

La stagione 2025/26 è entrata nel vivo e il Torino guidato da Marco Baroni si ritrova già a fare i conti con le prime verità del campo. L’estate aveva portato entusiasmo e promesse di rilancio, con la scelta di affidare la panchina a un tecnico esperto e pragmatico, ma dopo quattro giornate di Serie A il bilancio è tutt’altro che rassicurante.
La squadra ha raccolto una vittoria, un pareggio e due sconfitte pesantissime, con numeri che non lasciano tranquilli e un ambiente che ribolle di rabbia. Alla vigilia della sfida di Coppa Italia contro il Pisa, la domanda non è più quali siano le ambizioni, ma quale sia davvero la dimensione di questo Torino.
L’obiettivo dichiarato: un nuovo ciclo
Sin dai primi giorni di lavoro, Cairo e la dirigenza avevano indicato come obiettivo quello di tornare a lottare per un piazzamento europeo. Dopo anni di mediocrità e stagioni chiuse nella parte centrale della classifica, il club granata voleva rimettere la testa sopra la linea della metà alta per la stagione 2025/2026. Le dichiarazioni ufficiali avevano parlato di un nuovo ciclo, di un progetto tecnico in grado di garantire stabilità e di una rosa rinforzata da innesti mirati. La realtà, però, racconta un quadro più complesso.
I tifosi sognano di rivivere notti europee che mancano ormai da diversi anni, l’ultima apparizione risale ai preliminari di Europa League del 2019. La scelta di Baroni rientrava in questa visione: un tecnico esperto in grado di dare identità e continuità a una squadra che ha sofferto per troppi cambi in panchina nelle ultime stagioni. Non a caso Urbano Cairo, presidente del Torino, nel presentare Baroni aveva parlato di “inizio di una fase nuova”.
In sede ufficiale, il club aveva accolto il nuovo mister con entusiasmo, sottolineando la volontà di aprire un nuovo ciclo. L’esordio, però, è stato da incubo a San Siro, con il pesantissimo 5-0 inflitto dall’Inter di Chivu, seguito dal pari casalingo con la Fiorentina e dal lampo di speranza con il colpo esterno sull’Olimpico contro la Roma. Una vittoria firmata dalla perla di Giovanni Simeone che aveva ridato un po’ di ossigeno e serenità al gruppo. Ma il ritorno in campo con l’Atalanta ha nuovamente fatto emergere tutti i limiti di questa squadra, che in otto minuti è crollata sotto i colpi dei bergamaschi di Juric, subendo un 3-0 che ha evidenziato fragilità tecniche e soprattutto mentali.
Mercato sostenibile e partnership strategiche
Le ambizioni sportive vanno però sostenute da scelte di mercato ed economiche coerenti. Finora il Torino ha operato con prudenza: nessuna spesa folle, ma innesti mirati e bilancio in attivo. Secondo dati di mercato, il club granata ha chiuso la sessione estiva con un attivo di circa 20 milioni di euro circa, frutto di cessioni importanti e acquisti oculati. La linea guida dettata dal presidente Cairo è chiara: sostenibilità finanziaria al primo posto, investire con criterio e niente colpi di testa sul mercato.
Questo approccio conservativo riflette un equilibrio tra ambizione e realtà: il Torino voleva rafforzarsi e puntare in alto senza però mettere a rischio i conti, con l’idea di costruire gradualmente una rosa competitiva e adatta al modulo 4-2-3-1 caro a Baroni. il mercato fatto dalla dirigenza granata ha regalato a Marco Baroni una rosa di tutto rispetto, visti gli arrivi di Ngonge e Simeone in attacco, di Anjorin e Asllani a centrocampo, di Ismajli in difesa e di Israel in porta.
Parallelamente, il club ha lavorato sul fronte commerciale per aumentare le risorse. In un calcio dove i diritti TV non bastano più, il Torino ha stretto nuove partnership con sponsor di rilievo internazionale. Emblematico è l’accordo siglato con bet365 Scores, colosso delle scommesse online, divenuto Second Main Partner a partire da questa stagione. Il logo bet365 campeggia ora sul fronte della maglia granata, appena sotto quello dello sponsor tecnico, garantendo visibilità globale al club e introiti aggiuntivi utili a finanziare il progetto.
Questa collaborazione – che prevede anche iniziative digitali per avvicinare i tifosi, è significativa: il Torino dimostra di sapersi muovere per ampliare il proprio bacino commerciale, affiancando a sponsor storici come Suzuki nuovi attori nel mondo sport-tech e del gaming regolamentato.
Potenziare le entrate extra-campo, con sponsor solidi e partnership innovative (basti pensare, ad esempio, ad eventuali codici promozionale bet365 che potrebbero essere messi a disposizione dei tifosi attraverso i canali dedicati), rientra nelle ambizioni societarie di medio termine: più risorse significano maggior capacità di investire in giocatori e infrastrutture, condizioni indispensabili per competere stabilmente ai livelli alti.
Moduli in continuo cambiamento e fragilità difensive
Il problema non riguarda solo l’attacco. Baroni ha cambiato più volte modulo in poche settimane, passando dal 4-2-3-1 pensato in estate al 4-3-3, fino alla difesa a tre utilizzata con successo contro la Roma. Ogni variazione è sembrata dettata dall’emergenza più che dall’attuazione di un progetto definito.
La fragilità difensiva resta evidente: otto gol subiti in due partite parlano da soli, e non basta sottolineare i clean sheet con Fiorentina e Roma per cancellare i blackout vissuti con Inter e Atalanta. È proprio su questo aspetto mentale che Baroni ha insistito dopo il ko con i nerazzurri di Bergamo, parlando di una squadra che si è spenta all’improvviso e che non ha saputo reagire. Un atteggiamento che ha ricordato troppo da vicino la resa di San Siro, e che fa scattare un campanello d’allarme.
Il nodo centrale resta anche l’attacco. Simeone è stato fin qui l’uomo simbolo della reazione, con il gol decisivo alla Roma che lo ha sbloccato dopo un anno esatto di digiuno in Serie A. Baroni lo ha coccolato e ha parlato di un giocatore che può diventare centrale, ma è evidente che da solo non può bastare.
Il vero rebus è il ritorno di Duván Zapata. Il capitano è tornato dopo il lungo calvario seguito al grave infortunio dell’ottobre 2024. Baroni ha spiegato che il colombiano è un professionista esemplare e che sta lavorando duramente, ma che gli manca ancora qualcosa per essere competitivo. Non è escluso che possa ritrovare minuti proprio contro il Pisa in Coppa Italia: un palcoscenico meno carico di tensioni per rimettere benzina nelle gambe e cominciare a pensare a un suo impiego più regolare.
La visita di Cairo e la gestione del turnover
Il presidente Urbano Cairo ha voluto mostrare la propria vicinanza alla squadra nel momento più difficile. Dopo la pesante sconfitta con l’Atalanta, ha raggiunto il Filadelfia per assistere all’allenamento e poi parlare direttamente ai giocatori. Un discorso breve ma intenso, con cui ha cercato di motivare il gruppo e ribadire la fiducia al tecnico. Cairo ha avuto anche un colloquio con Baroni, in cui si è parlato delle difficoltà attuali ma anche dell’importanza della gara con il Pisa.
L’allenatore sa che non può permettersi passi falsi. Per questo, al contrario di quanto ci si poteva attendere, non ci sarà una rivoluzione in Coppa Italia: turnover limitato, con alcuni titolari confermati e spazio a pedine che finora hanno avuto poco minutaggio. Possibile il rilancio di Marcus Pedersen, Gvidas Gineitis e Cyril Ngonge, mentre l’unica vera novità sarà tra i pali, dove Alberto Paleari insidia Franco Israel. Baroni, nelle sue precedenti esperienze, ha spesso alternato i portieri tra campionato e coppa, e questa volta sembra orientato a dare fiducia all’italiano, protagonista di un precampionato positivo.
Il ventennio di Cairo e la contestazione della piazza
Il problema, però, non riguarda soltanto il campo. In casa granata si allarga la ferita del rapporto tra società e tifosi. I vent’anni di presidenza Cairo sono ormai percepiti come un periodo arido e infinito, privo di ambizioni concrete e incapace di riportare il Toro ai livelli che la sua storia richiederebbe. La sconfitta con l’Atalanta ha amplificato la contestazione, con migliaia di tifosi in marcia e striscioni espliciti contro il presidente. Non si tratta più soltanto di delusione per i risultati, ma di un’avversione profonda e radicata verso una gestione ritenuta responsabile di anni di mediocrità.
In molti sottolineano come il Toro, che un tempo era un punto di riferimento del calcio italiano, oggi si ritrovi costantemente dietro club che hanno saputo programmare e crescere. Atalanta, Napoli, Fiorentina, Bologna, persino realtà emergenti come il Como vengono indicate come società più solide, più moderne e più lungimiranti. In questo scenario il Torino appare fermo, incapace di fare il salto, e i tifosi non ne possono più. Le parole d’ordine sono diventate “Cairo vattene”, con la consapevolezza che solo un cambio di proprietà potrebbe restituire speranza e ambizione.
Coppa Italia e campionato: due crocevia immediati
Il futuro prossimo offre subito due appuntamenti che pesano tantissimo. La gara contro il Pisa in Coppa Italia non può essere sottovalutata: un’eliminazione ai sedicesimi rischierebbe di scatenare un putiferio nell’ambiente e renderebbe ancora più fragile la posizione di Baroni. Servirà vincere, convincere e soprattutto ritrovare la fiducia di un gruppo che finora si è sciolto troppo facilmente di fronte alle difficoltà. Poi ci sarà il campionato, dove la classifica non aspetta e dove i granata dovranno cominciare a dare continuità per non veder scivolare via l’obiettivo europeo già a settembre.
Tra sogni e realtà: dove può arrivare il Toro?
Oggi il Torino di Baroni vive in bilico tra sogni e realtà. Da un lato resta la volontà di puntare a una stagione di rilancio, con l’Europa come traguardo evocato a parole; dall’altro i limiti emersi impongono realismo. Per ridare credibilità alle ambizioni servono stabilità tattica, il recupero di Zapata, una mentalità diversa e, soprattutto, risultati.
Le prossime settimane diranno se questo Toro saprà crescere passo dopo passo o se l’ennesima rivoluzione estiva si rivelerà ancora una volta sterile. I tifosi non chiedono miracoli, ma vogliono tornare a vedere una squadra con orgoglio e continuità. La sfida più grande, per Baroni e per Cairo, sarà proprio riconquistare quella gente che oggi si sente tradita, ma che continua a riempire piazze e spalti perché il Toro non è solo una squadra di calcio: è un pezzo di storia e di identità che non può essere ridotto a un grigio campionato di metà classifica. L’Europa resta il traguardo indicato, la realtà dirà se resterà un sogno o diventerà finalmente raggiungibile. La palla passa al campo e alle scelte societarie dei prossimi mesi, nella speranza che ai proclami seguano i fatti e che il popolo granata possa tornare orgogliosamente a sorridere.
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