La maledizione granata
Era la calda estate del 2005, il Torino stava vivendo una delle pagine più nere della propria storia ed arrivò lui: Urbano Cairo. L'imprenditore piemontese rilevò la società dal fallimento, costruì in pochi giorni la squadra e la portò subito alla promozione nella massima serie. Sembrava l'inizio di una grande cavalcata, ma evidentemente così non è stato. Due salvezze non certo entusiasmanti e poi la pesante retrocessione dello scorso campionato nel testa a testa finale con il Bologna. Fino all'ultimo i granata sembravano favoriti e a dire la verità sembravano quasi certi di poter festeggiare fino al fortunoso, a dir poco, gol di Volpi nel finale del match fra Bologna e Lecce. In estate si aspettava poi la restaurazione e un campionato cadetto da vivere in carrozza prima del ritorno nella massima serie. Premettendo che le speranze di promozione non possono certo essere svanite, la situazione nemmeno questa volta è quella che ci si attendeva. Dopo quattro anni e mezzo, dunque, la responsabilità è tutta addossata allo stesso Cairo, ma quando un presidente ci mette denaro e buona voglia ha già fatto buona parte del suo compito. Chi è dunque il vero responsabile di questa situazione? Probabilmente manca qualcosa in società, unito a un po' di sfortuna, ma non si può mettere alla berlina un presidente oltretutto così appassionato. Il Torino è un patrimonio del nostro calcio e va difeso, ma forse riunendosi ancora una volta tutti insieme si potrebbero raggiungere traguardi certamente migliori di quanto in questo momento ci si possa aspettare.