Federsupporter, sospensione dell'articolo 11 del Codice di Comportamento del Coni

05.09.2012 18:18 di  Marina Beccuti   vedi letture
Federsupporter, sospensione dell'articolo 11 del Codice di Comportamento del Coni
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Le continue, repentine modifiche, “sospensioni, moratorie”, del quadro normativo e regolamentare del mondo del calcio che si susseguono con sempre maggiore frequenza, disorientano coloro che , soprattutto in questi ultimi tempi, cercano di trovare, almeno nel mondo dello sport, quelle certezze che concretizzino i principi ed i valori dichiarati e più volte reiterati dalle Istituzioni Sportive, ma troppo spesso sviliti; certezze che il sistema Paese non è, al momento, più in grado di fornire.

L’attenta analisi effettuata dall’Avv. Rossetti di Federsupporter (che si riporta in calce) sulla recentissima delibera della Giunta del CONI evidenzia, ancora una volta, non solo e non tanto le pur palesi e gravi contraddizioni tecnico- giuridiche, ma soprattutto “ l’elasticità” con cui la normativa di riferimento viene interpretata ed applicata: Consiglio Nazionale del CONI, Giunta del CONI, Alta Corte di Giustizia del CONI, TAR del Lazio : a chi credere ?

Marco Liguori - Responsabile ufficio stampa Federsupporter
email marco.liguori@federsupporter.it
http://www.federsupporter.it

 

Roma 5 settembre 2012

Le norme dell’ordinamento sportivo si applicano a intermittenza

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale )

Con Comunicato del 4 settembre scorso, il CONI informa che la Giunta dello stesso CONI “ ha poi deciso all’unanimità, in via d’urgenza con i poteri del Consiglio Nazionale, di sospendere l’attuazione dell’art.11 del Codice di Comportamento Sportivo”.
Il richiamato art. 11 dispone quanto segue : “ Ferma restando la previsione all’art.5, comma3, lett. b) e c), dello Statuto del CONI, al fine di tutelare l’onorabilità e l’autorevolezza degli organismi centrali e territoriali del CONI, nonché degli organismi delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite, ivi compresi anche gli organismi rappresentativi delle società, sono automaticamente sospesi in via cautelare i componenti che sono stati condannati, ancorchè con sentenza non definitiva, per i delitti indicati nell’allegato “A” (tra cui figura il reato di frode sportiva, ndr) o che sono stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza personale . La sospensione permane sino alla successiva sentenza assolutoria o alla conclusione del procedimento penale o alla scadenza o revoca delle misure di prevenzione o di sicurezza personale”.

Ciò premesso, nel Comunicato del CONI, si legge che la sospensione dell’attuazione del sopra riportato art. 11 è stata adottata “ in considerazione di alcuni approfondimenti circa la mancanza della fissazione di un termine di scadenza del provvedimento”. Si tratta, con ogni evidenza e come ciascuno può ben valutare, di una decisione, non solo , a mio avviso, priva di qualsiasi fondamento giuridico, ma anche eticamente discutibile.
Non può, infatti, non destare più che legittimi sospetti il fatto che la Giunta del CONI, addirittura utilizzando quella norma dello Statuto del Comitato che dà la facoltà alla stessa Giunta di adottare decisioni di competenza del Consiglio Nazionale, in casi straordinari di necessità ed urgenza, salvo, eventuale, successiva ratifica della decisione da parte dello stesso Consiglio, si sia accorta dell’esigenza di fissare un termine di scadenza al provvedimento di sospensione ex art.11 citato, solo il giorno prima di una riunione del Consiglio Nazionale della FIGC cui non avrebbe potuto partecipare un componente di tale Consiglio sottoposto a sospensione cautelare dalla carica per aver riportato una condanna, ancorchè non definitiva, per il reato di frode sportiva. Peraltro, è da notare che, sempre con riferimento alla medesima persona, si era già verificato, come rilevato in alcune mie note del 18 agosto scorso consultabili sul sito www.federsupporter.it, che il Consiglio della FIGC, il 22 giugno scorso, avesse deciso di sospendere l’applicazione dell’art. 16 bis delle Norme Organizzative Interne Federali ( NOIF), così consentendo a due società appartenenti alla sfera professionistica, entrambe controllate dalla citata persona, di potersi iscrivere ai rispettivi campionati di appartenenza. Anche in questo caso, la decisione era stata adottata a pochi giorni di distanza dalla scadenza del termine ( 30 giugno) previsto per la suddetta iscrizione.

Come non parlare, dunque, di tipici provvedimenti ad personam ?

Ma, quello che più lascia stupefatti è la motivazione addotta dalla Giunta del CONI alla sospensione dell’attuazione dell’art.11 del Codice di Comportamento Sportivo.
Rilevo, preliminarmente, che tale Codice era stato approvato dal Consiglio Nazionale del CONI appena sette mesi fa ( 2 febbraio 2012) con la dichiarata volontà, come specificato nella premessa al suddetto Codice, di specificare “ i doveri fondamentali, inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali “ , in particolare nel momento in cui andavano emergendo i fatti meglio noti sotto il nome del così detto “Calcioscommesse”. Per entrare, ora, nel merito specifico tecnico-giuridico della questione, non si riesce a comprendere come si possa fondatamente affermare, come pure afferma il Comunicato del CONI, che mancherebbe la fissazione di un termine di scadenza al provvedimento di sospensione cautelare emanato ex art. 11 del Codice di Comportamento Sportivo. Già il chiaro tenore letterale del 2°comma di tale articolo smentisce clamorosamente l’affermazione di cui sopra. Il termine di scadenza, infatti, esiste e coincide con la “successiva sentenza assolutoria o alla conclusione del procedimento penale o alla scadenza o revoca delle misure di prevenzione o di sicurezza personale”.
Trattasi di quello che, nel linguaggio tecnico-giuridico, si definisce un termine fissato “ per relationem”. D’altronde, la questione relativa all’apposizione di un termine, incerto solo nella data, era stata già sottoposta al vaglio del TAR del Lazio che, in sede di impugnazione del provvedimento di sospensione in discorso, aveva, con sentenza( Sez. III,quater, del 30 maggio 2012, depositata in Segreteria il 1 giugno 2012) così stabilito "l’art.11 del Codice di Comportamento prevede un termine finale della sospensione, che coincide con il definitivo accertamento della vicenda o con la scadenza o la revoca delle misure di prevenzione o di sicurezza personale. La questione sottoposta al Collegio è dunque accertare se l’apposizione di un termine, incerto solo nella data ( non essendo dato sapere, al momento della sospensione, quando l’iter penale si concluderà definitivamente), può ritenersi legittima. Il Collegio ritiene di dover dare risposta affermativa. In primo luogo occorre evidenziare che nelle ipotesi in cui ad una misura cautelare è apposto un termine certo nel quantum ( ad es. la sospensione obbligatoria del pubblico dipendente per procedimento penale) tale termine ha una durata relativamente lunga ( cinque anni ex art.9, comma2, l. 7/02/1990, n.19), dovendo rispondere alla primaria esigenza di tenere lontano dalla carica o dall’impiego il soggetto accusato di aver commesso fatti penalmente ed eticamente rilevanti. (… omissis…). La disciplina dettata dal Legislatore nel settore del pubblico impiego ha superato il vaglio del giudice delle leggi ( 24 ottobre 1995, n. 447), con argomentazioni che è utile richiamare perché ben supportano anche la legittimità della disposizione contenuta dall’art. 11 del Codice di comportamento".
Tra le argomentazioni richiamate, figura quella per cui, anche scaduta la sospensione cautelare obbligatoria, la pubblica amministrazione può, perdurando l’esigenza cautelare, proseguire nella stessa, qualora sussistano gravi motivi che, sebbene non esaurito definitivamente il procedimento penale, giustifichino il mantenimento della sospensione, non solo in base al mero dato formale dell’imputazione penale, ma sulla base della commissione di un addebito disciplinare. Sorprende, poi, vieppiù, che, nel giudizio dinanzi al TAR del Lazio, l’Alta Corte di Giustizia del CONI abbia sostenuto che “ la sospensione non può ritenersi illegittima per la mancata fissazione di un termine finale, fermo restando che la FIGC potrà valutare l’opportunità di introdurlo” .

Ci si chiede, alla luce di quanto sopra, come possa, ora, la Giunta del CONI aver così, platealmente, smentito la tesi sostenuta, dinanzi al TAR del Lazio, dall’Alta Corte di Giustizia dello stesso CONI! Osservo, inoltre, che la facoltà di fissazione di un termine finale alla sospensione era stata attribuita dalla suddetta Corte, non al CONI, bensì alla FIGC.
In ogni caso, tutto quanto fin qui esposto smentisce, ancora una volta clamorosamente, che potessero sussistere quelle ragioni straordinarie di necessità ed urgenza, tali da facoltizzare la Giunta del CONI a sospendere l’attuazione di quanto previsto dall’art. 11 del Codice di Comportamento Sportivo.

Si apprende, altresì, da un articolo pubblicato in data odierna,a pag. 13 della “Gazzetta dello Sport”, a firma di Valerio Piccioni, che la decisione in argomento sarebbe stata presa sulla base di una non meglio specificata “ memoria difensiva” della persona sottoposta alla sospensione stessa, in cui si sosterrebbe che la condanna per il reato di frode sportiva “ è in prescrizione dalla fine di luglio”.
Laddove, se tali elementi rispondessero al vero e fossero confermati, saremmo in presenza di un altro fattore di palese abnormità della decisione stessa. Qualora, infatti, il motivo della mancata attuazione dell’art. 11 di cui trattasi fosse, per davvero, l’intervenuta prescrizione del reato da cui origina la sospensione medesima, la mancata applicazione dell’art. 11 non avrebbe alcuna motivazione e alcun senso.
Il venire meno della sospensione deriverebbe, in questo caso, non dalla mancata applicazione dell’art. 11, bensì, viceversa, proprio dalla sua applicazione, poiché, come si è visto,il 2° comma dell’art. 11 prevede , tra l’altro, che la sospensione permane fino “ alla conclusione del procedimento penale”.
Conclusione che, ove fosse in effetti intervenuta l’estinzione del reato per prescrizione, si sarebbe verificata !.
Che ragione c’era, dunque, nell’ipotesi di cui sopra, di sospendere l’attuazione dell’art. 11? Occorre, tuttavia, sottolineare che l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione non può essere, agli effetti del venir meno della sospensione cautelare, autodichiarata e autocerficata dalla persona sospesa. La declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, infatti, deve essere dichiarata dal giudice e, quindi, prima di tale declaratoria, il reato non può dirsi estinto. Aggiungasi che la prescrizione è eventualmente rinunciabile da parte dell’imputato e che, perciò, per effetto di tale rinuncia, il processo penale non potrebbe dirsi affatto concluso. Questa nuova vicenda non giova certamente alla autorevolezza e credibilità del mondo dello sport, il cui ordinamento, pur dotato di autonomia, tipicità e specificità, non può, però, non essere informato ai fondamentali principi di certezza del diritto e di affidamento nelle norme dell’ordinamento stesso.
Non mi resta, in conclusione, che, amaramente e sconsolatamente, ripetere quanto ebbi a dire alla fine delle mie richiamate note del 18 agosto scorso: “Ma, si sa, quello che conta nel nostro sistema calcistico non è l’interesse generale, bensì l’interesse individuale di pochi, singoli noti, a favore dei quali, come diceva l’illustre statista Giovanni Giolitti, le norme non si applicano, si interpretano, adattandole, di volta in volta, alle contingenti convenienze ed esigenze di lor signori”.


Avv. Massimo Rossetti