Errori arbitrali: semplici sviste o sudditanza psicologica?
Quasi giunti al termine del girone d’ andata, le consuete polemiche dovute ai numerosissimi errori arbitrali han fatto notizia anche quest’anno. Tutte le società della massima serie hanno scagliato forti accuse contro la classe arbitrale che in troppe occasioni ha dato prova di poca lucidità e competenza. Gli episodi di cui si è discusso maggiormente sono ovviamente gli indimenticabili errori di Catania-Juventus, il fuorigioco di Asamoah in occasione del gol di Vidal contro l’ Inter, il gol annullato a Montolivo nel derby di Milano, il rigore non concesso all’ Inter contro il Cagliari e il fallo di “schiena” di Isla in Milan-Juventus. Si parla, quindi, di episodi a favore o a sfavore delle cosiddette “grandi” del nostro campionato. A questo punto sorgono, però, spontanee alcune domande: è possibile che non ci siano stati errori altrettanto gravi nelle restanti 155 partite disputate? Ed è accettabile che squadre come Inter, Milan, Juventus e Napoli sollevino polemiche su polemiche in seguito ad ogni torto subito? La risposta è ovviamente negativa. Prendiamo in esame la situazione dell’Inter: i nerazzurri si sono lamentati per diversi giorni in seguito all’ evidentissimo offside non fischiato ad Asamoah. Un errore grossolano, verissimo, ma un errore che non ha impedito agli uomini di Stramaccioni di trionfare in quel di Torino. Non è, inoltre, trascurabile il filone di favori arbitrali di cui l’Inter ha goduto nelle precedenti uscite: il netto fallo da rigore di Guarin su Bergessio in Inter-Catania 2 a 0 e il fuorigioco di Nagatomo in occasione del gol dello stesso Guarin in Inter-Samdoria 3 a 2. Sia chiaro che è facoltà di qualsiasi società lamentarsi per un cattivo arbitraggio, ciò non toglie che un po’ più di buon senso nel capire quando sia opportuno farlo non farebbe affatto male. Se ponessimo di fare un bilancio di tutte le sviste a favore o a sfavore di ogni singola squadra del nostro campionato, il risultato che otterremmo sarebbe l’ inconfutabile prova di come sì ogni squadra venga aiutata e penalizzata, ma soprattutto di come siano le piccole compagini del torneo ad aver validi motivi di far polemica. Sono, infatti, numerosi gli incontri finiti nell’ anonimato più assoluto seppur condizionati da erronee decisioni del direttore di gara. Il motivo? Molto semplicemente perché squadre come Toro, Catania e Sampdoria non hanno lo stesso potere mediatico di Juve e Inter.
La partita di domenica scorsa tra Toro e Milan è l’ emblema di quanto appena affermato: i granata hanno giocato sicuramente la peggior partita della stagione, ma non si può negare che le decisioni di Romero non abbiano pesantemente influenzato l’andamento della gara. Fino al 2 a 1, eccezion fatta per una solare trattenuta di Mexes su Bianchi in mezzo al campo non giudicata fallosa, nulla da eccepire, poi l’ amnesia più totale da parte dell’arbitro e i suoi assistenti che prima non vedono il fallo di Yepes su Bianchi in area di rigore e, subito dopo, giudicano regolare la spinta con cui Pazzini si libera di Masiello per realizzare il 3 a 1. Nel giro di pochi minuti, si è passati, quindi, dal possibile 2 a 2 ad un irregolare gol del 3 a 1. Analizzando le 6 sconfitte del Toro di questa stagione, è lecito affermare che ben 4 siano state condizionate da decisioni arbitrali molto dubbie: il gol regolare annullato a Bianchi contro il Cagliari, il rosso a Sansone in Torino-Parma, il rigore a favore della Roma a venti minuti dalla fine e, infine, i sopracitati episodi di Torino-Milan. Gli uomini di Ventura hanno i loro limiti e i loro problemi, questo è indubbio, ma, come quasi tutte le altre squadre di bassa classifica, sono stati penalizzati in troppe circostanze. Ed è proprio per questo che non si può più parlare di semplici errori degli arbitri e i suoi assistenti, non è più accettabile un ragionamento di questo tipo, è piuttosto molto più appropriato interpretare questi episodi come il frutto della pressione psicologica esercitata dai grandi club nei confronti dei direttori di gara. Fermo restando che la vera contestazione dovrebbe provenire dalle realtà più piccole del nostro campionato, alla luce di queste prime disastrose 16 giornate, urge più che mai una soluzione in grado di dare più credibilità al calcio italiano (tanto per fare un esempio: la prova tv), in modo che ci si avvicini sempre di più a quella tanto sospirata unanimità di giudizio che troppo spesso viene meno.