Diego Novelli, la verità su Cimminelli
Contrariamente alla vulgata che anche in occasione della sua morte è stata cavalcata, Franco Cimminelli non fu il vero responsabile del fallimento del Torino Calcio.
Nel giorno del suo funerale è doveroso non solo per rispetto alla sua memoria, ma per amore della verità (che è stata violentata da qualche gruppetto di tifosi ingannati da chi aveva il dovere professionale di informare, ma anche da persone che erano state vicine a Cimminelli o che ricoprivano responsabilità istituzionali quando il Toro naufragò).
Ecco in sintesi alcuni fatti che i lettori di "Nuovasocietà" devono conoscere:
1) Cimminelli acquistò il Torino Calcio dietro insistente suggerimento di Paolo Cantarella (allora amministratore delegato Fiat) il quale indicò anche la persona che avrebbe potuto assumere la presidenza della società: un funzionario dell'Unione Industriali.
2) È vero (come ha scritto "La Stampa") che Cimminelli nel corso della sua prima conferenza stampa (svoltasi all'Hotel Ambasciatori) confidò, non so se per ingenuità o dabbenaggine, di essere stato simpatizzante della Juventus.
3) L'anno del fallimento il Toro era appena ritornato nella massima divisione, il ché avrebbe generato nella società maggiori disponibilità finanziarie, riservate alle squadre di serie A per i diritti televisivi.
4) Il bilancio della società presentava al momento del passaggio dalla B alla A un debito nei confronti dell'Agenzia delle Entrate ammontante a circa quattro miliardi di lire.
5) Le regole della Lega-Calcio stabilivano che le società per ottenere l'iscrizione al campionato dovevano non avere debiti con l'Agenzia delle Entrate
6) Cimminelli chiese all'istituto bancario San Paolo una fideiussione che gli venne inspiegabilmente negata. Acquistò tramite un ex presidente di una società di calcio una fideiussione che risultò fasulla.
7) Non trovando chi garantiva per il debito Cimminelli mise a disposizione buona parte dei suoi beni familiari nonché il pacchetto della società Ergom, una fabbrica di Borgaro con circa 500 dipendenti che operava nel settore delle materie plastiche, di cui era proprietario.
8) A questo punto entra in scena la Fiat temendo che la difficile situazione del Torino Calcio coinvolgesse anche la Ergom (unica fornitrice della grande industria automobilistica, mettendo in pericolo in caso di fallimento l'uscita di un nuovo modello già annunciato). La dirigenza della Fiat incaricò l'avvocato Angelo Benessia di assistere Cimminelli. Dopo un intervento presso la Lega-Calcio andato a vuoto, viste le resistenze dell'Agenzia delle Entrate a concedere una rateizzazione del debito l'avvocato Benessia si preoccupò di separare il Torino dal patrimonio di Cimminelli.
9) Negli stessi giorni un'altra società di calcio di serie A (Lazio) che si trovava in una situazione debitoria cinque volte più grave di quella del Toro ottenne che il suo debito venisse spalmato in vent'anni, grazie ad una telefonata all'Agenzia delle Entrate dell'allora presidente del consiglio Berlusconi. La rateizzazione venne concessa «per ragioni di ordine pubblico» poiché la Lazio di Lotito non poteva essere dichiarata fallita o retrocessa alla serie B con conseguenti tumulti nella Capitale da parte dei tifosi.
10) Sotto la Mole invece nessuno si mosse, comprese le autorità pubbliche. Il Torino calcio venne così dichiarato fallito. In base al Lodo Petrucci la storica società di calcio venne iscritta alla serie B con una correzione del nome. Urbano Cairo senza spendere una lira diventò proprietario del nuovo Toro e fu salutato dai tifosi nella piazza del Municipio come il salvatore della Patria, con la benedizione del sindaco dell'epoca.
11) L'operazione Benessia impedì il coinvolgimento della Ergom nel fallimento del Toro e la Fiat ebbe garantite le forniture per il nuovo modello.
Questi sono i fatti. Se la vecchia e gloriosa società Torino Calcio è fallita ciò è avvenuto perché nessuno è intervenuto per scongiurarlo. Il vituperato Cimminelli aveva messo sul tavolo tutti i suoi beni, che garantivano largamente il mutuo quinquennale che aveva richiesto per sanare il debito con l'Agenzia delle Entrate.
Il fallimento del Torino Calcio non fu quindi colpa del destino cinico e baro.