Carlo Nesti: "Platini e il senso della misura"

27.06.2010 17:32 di  Giulia Borletto   vedi letture
Carlo Nesti: "Platini e il senso della misura"
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© foto di Giacomo Morini

"Senso della misura": valore sempre più fuori moda in un mondo che viaggia a velocità supersoniche, che disprezza spesso le regole, e che vede nell'"esagerazione" la massima espressione della libertà. Anche lo sport, e in particolare il calcio, nella sua dimensione di business, è vittima di questo virus.

Oggi, se qualcuno prova a ricordare che 4 miliardi di persone su 6 se la passano decisamente male, e che dunque le ricchezze dovrebbero essere distribuite, senza per forza essere marxisti, in un altro modo, si viene accusati di retorica. E il "senso della misura" dovrebbe partire proprio dalle bocche dei saccenti.

Le cifre del 2008 dicono che la perdita complessiva delle società calcistiche più importanti d'Europa raggiunge 578 milioni di Euro, il 65% delle entrate finisce nelle tasche dei giocatori, e il 47% dei club è in passivo. Chiunque capirebbe che, oltretutto nel contesto di una crisi economica globale, è assurdo.

Michel Platini, presidente dell'Uefa, non è stato solo un campione sul campo, ma dimostra di esserlo anche con le gambe sotto la scrivania, e senza palloni nei dintorni. E' diventato un asso negli anni Ottanta, l'ultimo decennio in cui il football, nelle gestione delle risorse, non oltraggiava il "senso della misura".

Forse per questo, e cioè in virtù di radici molto nobili, quelle di chi vorrebbe "normalizzare" e "umanizzare" un sistema-calcio esasperato, è stato lui, su tutti, a imporre un codice comportamentale, approvato il 29 maggio scorso, e destinato a entrare in vigore nel 2015: il "Financial fair play".

Nel trienno 2012-2015, sarà permesso ai club un deficit complessivo di 45 milioni; nel biennio 2015-2017, di 30; dal 2017 sarà obbligatorio il pareggio ogni triennio. Non saranno considerati passività gli investimenti per stadio, settore giovanile e progetti sociali. Si potrà arrivare fino all'esclusione dalle Coppe.

A Michel diciamo "in bocca al lupo", perché mai come in questo periodo, agli "sportivi" italiani, interessa solo vincere, in qualsiasi modo, anche il più irragionevole. E si dimentica che Moratti ha finalmente vinto tutto, proprio nella stagione in cui ha ricavato più di quanto ha speso: il caso Ibrahimovic docet.