Beruatto e Francini rivogliono il Fila

05.05.2013 11:00 di  Matteo Maero   vedi letture
Fonte: inmarciaperilfila.com
Beruatto e Francini rivogliono il Fila
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© foto di Federico De Luca

Anche due protagonisti del Torino anni '80 si uniscono alla causa della Marcia per il Fila. Si tratta di Giovanni Francini e Paolo Beruatto, difensori che hanno giocato in granata per quasi un decennio. Entrambi, intervistati da Elena Rossin, hanno espresso il desiderio di rivedere il FIla rinascere. Il primo, Beruatto, possiede fortissimi ricordi riguardo la sua esperienza con il "Fila".

Lo stadio Filadelfia è stato la casa del Toro e dei suoi tifosi, ma da tempo non esiste più e il popolo granata vorrebbe che fosse ricostruito nel più breve tempo possibile. Tu lì ti sei allenato, che ricordi hai?

“Io con le giovanili avevo giocato lì, poi mi ci sono allenato. Io ho vissuto lì sei anni, anzi sette, perché sei con la prima squadra e un anno di settore giovanile. Adesso quando incontro gente faccio fatica a ricordare partite di serie A, mentre ho ben in mente l’anno, penso il ‘70-‘71 o forse il ‘69, non mi ricordo, era il primo anno che sono stato lì e in pratica il Filadelfia era un lungo corridoio: nella parte iniziale c’era la prima squadra e poi a scendere la Primavera e gli Allievi Nazionali, ed io ero fra loro con Ercole Rabitti, eravamo gli ultimi in fondo. Io ho l’immagine di qual corridoio, dove ogni tanto guardando verso la prima squadra, c’era una porta che ci separava, ma alle volte era aperta e si vedevano i giocatori della prima squadra, era tanta roba. Ogni tanto il magazziniere l’indimenticabile e grande Brunetto chiamava qualche ragazzo e gli dava un paio di scarpe della prima squadra, tutte rammendate, perché allora c’erano ancora quelle con i tacchetti…, insomma tutta un’altra epoca in tutti i sensi. Io da quel punto di vista ho dei ricordi straordinari… ero nell’ultimo spogliatoio e guardavo su verso la Primavera e ogni tanto vedevo qualche giocatore della prima squadra. Mi ricordo anche, cosa che mi è rimasta impressa, che quando uscivo dall’allenamento e guardando l’orologio vedevo che avevo tempo di aspettare la prima squadra andavo nel campo del Filadelfia dove si allenava la prima squadra di Pulici, Castellini, Sattolo, i due portieri, Agroppi, insomma quel Torino, io non andavo in tribuna, ma me ne stavo giù alla rete, arrivavo appena con la testa e guardavo questi giocatori straordinari… solo a pensare che un giorno sarei potuto stare anch’io lì dentro era veramente un sogno che mi cullava e poi sognavo nel viaggetto che facevo di un’ora e mezza per tornare a casa. Ho più questo tipo di ricordi che quelli degli anni seguenti, quando ho vissuto da giocatore, diciamo tra virgolette, da protagonista… il Filadelfia… dico sempre che diventa difficile parlare del Fila perché bisogna averlo vissuto, esserci stato dentro. Personalmente non sono in grado di dire quello che ha rappresentato per me il Filadelfia, non ho la proprietà di linguaggio per potermi esprimere”.

Però il cuore…

“Sì, il cuore sì, il vecchio cuore granata. Però, io non sono uno di quelli cui piace dire “Eh, il Filadelfia”. Il Filadelfia bisogna averlo vissuto, chi ci è passato dentro sa, ma a chi non c’è stato è difficile adesso poter trasmettere che cos’era. Era un altro tipo di calcio, anche il mio, gli anni ottanta, rispetto ad adesso era diverso, non è paragonabile. A me non piace dire il vecchio cuore granata, perché chi ci è stato sa, come anche i giocatori che erano fuori e venivano, gli Evani e tutti questi, che lo hanno vissuto e lo sentivano, però dire quello che era è un’altra cosa, si rischia di dire meno di quello che era effettivamente. Io sono di Torino, ma non sono più passato dal Filadelfia. Quando vado a Torino giro e vado, ma al Filadelfia non ci torno, non voglio vederlo in un’altra maniera e vorrei che lo ricostruissero perché ci vuole una casa, io so cosa vuol dire crescere in un settore giovanile e crescere nella casa. La casa del Toro è qualche cosa che mi ha segnato e che mi porterò per sempre. Ripeto alle volte non ricordo le partite di serie A, ma del Filadelfia e delle persone che c’erano ricordo tutto. (Ride, ndr) Ricordo certi aneddoti di quando giocavo negli Allievi perché sono cose che ti segnano. La prima volta che mi ha chiamato Ellena e mi ha parlato… non sapevo neanche che cosa mi voleva dire, ma per me sono stati dei momenti… per il solo fatto che mi aveva chiamato, mi ricordo che ero terrorizzato… ed Ellena era il responsabile del settore giovanile. Anche il segretario, il signor Zambruni… la prima volta che sono dovuto andare in segreteria… sono cose che mi hanno segnato e mi porto dentro in modo positivo. C’era un rispetto che adesso analizzando era presente, lo percepivi, era una presenza costante. Il solo fatto di poter alzare gli occhi e di vedere Pulici, Gianni Bui, Ferrini, Puja, veramente il rispetto camminava, era presente, era vivo e che mi porto dentro e cerco di… tuttora mi porto dentro quel rispetto”.

Se il Filadelfia fosse ricostruito, si ricostruirebbe la casa del Toro?

“Per ogni società, non solo per il Toro, la casa è fondamentale, se non hai la casa diventa difficile. Poi parliamo di valori, ma se anche adesso è un calcio diverso, io penso che la casa aiuta nel riconoscerti in quel tipo di società”.

Anche Francini possiede particolari memorie sul leggendario impianto.

Lo stadio Filadelfia è stato la casa del Toro e dei suoi tifosi, ma da tempo non esiste più e il popolo granata vorrebbe che fosse ricostruito nel più breve tempo possibile. Tu lì ti sei allenato, che ricordi hai?

“Io sono cresciuto al Filadelfia”.

Ti allenavi lì…

“Sì, mi allenavo lì ed è stato veramente un delitto lasciarlo andare… tutte le volte che venivo a Torino passavo davanti al Filadelfia perché c’erano questi ricordi. Io sono toscano e vi abito, sono arrivato a Torino quando avevo quattordici anni e abitavo in corso Vittorio Emanuele e mi allenavo al Filadelfia tutti i giorni e ci giocavo la domenica, quindi c’era un qualche cosa di speciale. Entrare nel portone del Filadelfia e andare negli spogliatoi… era veramente qualche cosa di speciale. Poi sono venuto anche quando era stata fatta la partita e i tifosi avevano tagliato tutta l’erba… era qualche anno fa. Era veramente un monumento nazionale, cioè un simbolo del calcio italiano, della più grande squadra mai esistita e dove giocava. Averlo fatto andare in rovina è veramente, secondo me, un delitto. Spero che possa rinascere, da diversi anni c’è questa volontà, e spero che possa essere rifatto perché era il simbolo di Torino e del Torino e sarebbe giusto che sia rifatto il prima possibile”.

Questo per fortuna avverrà perché è stato deliberato che sia ricostruito, però non completamente…

“Non come una volta?”

No, nel senso che doveva esserci una parte su via Giordano Bruno più commerciale…

“Lo avevo sentito”

Parte dove il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata avrebbe voluto portare il museo che adesso è a Grugliasco…

“Sarebbe anche giusto avere il museo lì dove c’è lo stadio”.

E appunto è stato deliberato di costruire, per il momento, solo la parte sportiva, perché non ci sono fondi abbastanza, dove il Torino FC farà allenare la prima squadra. Quindi verrà ricostruita sicuramente quella parte e poi si attenderà il reperimento di nuovi fondi per costruire anche quella su via Giordano Bruno. Per i tifosi granata la loro casa verrà ricostruita, ma non del tutto, però è già un bel passo avanti…

“Speriamo che piano piano sarà fatto tutto. Comunque, come dicevo prima, c’era qualche cosa di particolare noi arrivavamo con il tram dalla sede e c’erano dei signori anziani che avevano visto giocare il Grande Torino e ci raccontavano la storia di questi grandi calciatori e quindi… era tutto l’insieme e c’era un qualche cosa di particolare, veramente una cosa spettacolare”.