ANTONELLI, Cairo farà la casa del Toro

05.09.2008 17:10 di  redazione TG   vedi letture
Fonte: Tuttosport

Stefano Antonelli dov’eravamo rimasti?
«Se non sbaglio, l’ultima vol­ta c’eravamo detti arriveder­ci. Sono felice di riscontrare come il mio legame affettivo e anche professionale con il Toro sia integro».

Dia un voto al mercato di Cairo.

«I voti li date voi giornalisti,
io posso esprimere un’opinio­ne. E’ stato fatto un lavoro oculato. Con cinque acquisti importanti e altri innesti di prospettiva il presidente ha ulteriormente rinforzato una rosa rivoluzionata un anno fa con circa 20 novità. Il Toro ha ulteriormente compiuto un passo avanti per una stabile collocazione tra le squadre che possono ambire a una classifica di prestigio».
Dove può arrivare il Toro?

«Non oso dirlo: voglio usare la stessa scaramanzia che ama avere il presidente. Quindi, piedi per terra».

Sensazioni dall’esterno?

«Da fuori, chissà perché, tra­spaiono spesso umori negati­vi che invece non ho riscon­trato personalmente. Ho an­zi la certezza che il gruppo sia molto compatto, perché
quello è uno spogliatoio straordinario. E i buoni ri­sultati cementeranno ulte­riormente la squadra e la guida tecnica».
De Biasi è l’allenatore del Toro o un allenatore da To­ro?

«Ho lavorato un mese e mez­zo con De Biasi, in una fase delicatissima del campiona­to. L’unico pensiero comune era quello di salvare il Toro,
non è stato possibile cono­scerci a fondo. Lui ha fatto tesoro delle esperienze pre­cedenti, la panchina granata è la sua naturale collocazio­ne: per me è un allenatore da Toro».
Giù dalla torre De Biasi o Di Michele?

«Non conosco i motivi di quella diatriba mediatica, ma dalla torre non butto giù nessuno. Ciò che è successo è giusto così: De Biasi deve es­sere l’allenatore del Toro e Di Michele deve trovare altrove la sua serenità».

I suoi rapporti con il segre­tario Ienca non erano esat­tamente idilliaci: non è un segreto. Giù dalla torre lui o i giornalisti di Torino, che passano come pressanti rompiscatole?

«Lei è un po’ cattivo con que­sta domanda, però rispondo volentieri, così facciamo chiarezza sulla questione. Massimo Ienca lo sa, perché gliel’ho detto un mucchio di volte, come io lo consideri il segretario ideale di ogni so­cietà. Conosce la materia co­me pochissimi in Italia, la sua operatività è di un’effi­cienza incredibile. Se c’è sta­to qualche problema tra noi probabilmente è perché io avrei voluto che lui fosse maggiormente presente in sede. Ma poi ho capito la si­tuazione. Ienca è arrivato al Toro quando c’era tutto da fare, dopo il fallimento. Più che un segretario è stato un tuttologo: un elemento fon­damentale
per Cairo, nella ricostruzione del club. E’ nor­male che dopo due anni vis­suti così intensamente non potesse accontentarsi di fare solo il segretario».
Non ha risposto alla do­manda...

«Ah, mi sono dimenticato dei giornalisti... Ho avuto un buon rapporto, nel bene e nel male, tra critiche e stima, con tutti: salvo, e lo dico sen­za ipocrisia, un’eccezione».

Al passo d’addio col Torino, nell’ultima intervista con­cessa a
Tuttosport, lei dis­se: con Cairo ci sentiremo più di prima. E’ così?
«Non conto le telefonate che ci facciamo. Il confrontarci è stato il motivo per cui il pre­sidente mi ha offerto la cari­ca di amministratore delega­to del Toro. Con immutata semplicità e la positività di sempre non nego che oggi sia una delle persone che sento più volentieri nel mondo del calcio».

E’ vero che lei lavora per l’Udinese?

«Un anno fa decisi di cam­biare vita e passare dall’al­tra parte della scrivania, do­po undici anni da agente di calciatori, per il desiderio di fare il dirigente. L’esperienza col Torino ha acuito questa mia vocazione. Con l’Udine­se e con la famiglia Pozzo ho un rapporto straordinario da anni, e va oltre alla profes­sione. In questo momento io penso solo al Supercorso di
Coverciano per iscrivermi al­l’albo dei direttori sportivi».
Lavora o no per l’Udinese?

«A Udine l’organigramma è completo. Il dg, che è Leonar­di, è un professionista di as­soluto valore che gode del­l’indiscutibile fiducia di tut­ta la famiglia Pozzo e ovvia­mente della mia stima. Io so­no onorato di essere consu­lente di questa società».

In quell’intervista a
Tutto­sport
lei si appassionò sul progetto del centro sporti­vo per il settore giovanile. Ne ha riparlato con il presi­dente?

«Sicuramente sì. E’ un pro­getto che ho nel cuore, un tassello determinante nella rinascita del Toro di Cairo. Lavorai per questo obiettivo gomito a gomito con Comi e Benedetti, facendo riunioni con gli organi competenti del Comune nell’hinterland di Torino. Diedi a Cairo tutte le informazioni, compreso uno studio sulle modalità e i costi della realizzazione di quel sogno. Sono certo che si rea­lizzerà: è la promessa che il presidente mi ha fatto».

Sarà il regalo più bello che ha lasciato a Cairo?

«La buona valutazione di un’area tecnica viene valuta­ta dai risultati sportivi e dal bilancio. Spero, ma non ho dubbi, che Cairo possa avere riscontrato in modo positivo i valori tecnici e patrimonia­li del lavoro svolto da me e dai miei collaboratori».