Mazzola il profeta, cosa scriveva il grande Valentino sul calcio moderno

15.07.2020 15:24 di  Marina Beccuti  Twitter:    vedi letture
Mazzola il profeta, cosa scriveva il grande Valentino sul calcio moderno
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Il Giornale ha pubblicato nei giorni scorsi uno stralcio di un pezzo, scritto di suo pugno, di Valentino Mazzola, che faceva il giornalista per un magazine famoso dell'epoca, L'Europeo, diretto da Arrigo Benedetti. E proprio il grande capitano granata il 7 dicembre del '47 parlava di un calcio che virava verso troppa modernità, con una certa svogliatezza negli allenamenti da parte di certi giocatori.

Così scriveva Mazzola, accennando anche della sua crisi coniugale.

"In Italia il foot-ball (così allora si scriveva e diceva, ndr) è in un periodo di crisi dovuto a due ragioni. La maggior parte dei calciatori non prendono con sufficiente serietà l'allenamento. Bisogna saper fare sacrifici. Rebuffo, ex giocatore del Torino, che fu anche il mio miglior maestro, dice che hanno troppi vizi, non sanno cosa significhi la disciplina. Io da anni ho abbandonato vizi e divertimenti, non mi troverete mai a ballare nei locali notturni. Ho fatto togliere il telefono dal mio appartamento perché mi svegliavano di notte alla vigilia di ogni partita importante con telefonate di ogni genere. Alle dieci di sera sono sempre a letto. Curo il mio fisico secondo i sistemi che seguiva Monti, il famoso centromediano juventino. Mangio presto, sempre, non solo la domenica, perché è soltanto a stomaco vuoto e a digestione ben avvenuta che i polmoni possono assolvere bene la loro funzione... E per questa mia vita da certosino ho sacrificato anche la felicità coniugale, perché mia moglie non si è assoggettata a condividerla con me".

Parlando invece di schemi e modo di giocare, Mazzola aveva già intravisto il calcio moderno: "Il sistema (metodo di gioco del Grande Torino, o WM, adottato dalla coppia Lievesley e Erbstein, ndr) rappresenterà l'avvenire del calcio, ma sistema significa precedere l'avversario e non interrompere la sua azione con spinte, colpi duri o illeciti. Ecco la seconda ragione della crisi che stiamo attraversando: non si bada più a fare del bel gioco ma si bada a vincere con tutti i mezzi. Il calcio è diventato una specie di caccia all'uomo, di picchi e ripicchi con relativo spezzettamento del gioco, infortuni anche gravi che ne seguono, mancanza di sicurezza da parte di tutti".

In quella stagione il Torino si accingeva a vincere il quarto titolo consecutivo.