ESCLUSIVA TG – Dott. Giacchino: “Per riprendere a giocare serve un lavoro che scongiuri gli infortuni dei calciatori”

21.05.2020 07:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Maurizio Giacchino
Maurizio Giacchino

Il dottor Maurizio Giacchino è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Giacchino è direttore scientifico di Medical Lab, da oltre trent’anni consulente dell’Istituto di Medicina dello Sport di Torino, medico chirurgo, specialista in medicina dello Sport ed è stato medico del Torino da luglio 1993 a giugno 1998 nel settore giovanile e dal luglio 1998 a ottobre 2005 della prima squadra. Con lui abbiamo parlato degli allenamenti dei calciatori in vista della ripresa del campionato.

I giocatori stanno parzialmente riprendendo l’attività nei centri sportivi in vista dell’eventuale ripartenza del campionato, c’è il rischio di infortuni muscolari o di altro genere soprattutto se si disputeranno partite a distanza ravvicinata per terminare la stagione?

“In realtà molti hanno fatto riferimento che sia come riprendere dopo le vacanze estive, ma in realtà non è così. Il tempo di stop è stato molto più prolungato, non pensiamo poi, ad esempio, alle soste invernali che sono brevissime. Ma le vacanze estive in ogni caso sono caratterizzate da un tempo di riposo più contenuto e ormai, data la professionalità degli atleti e l’ultra specializzazione degli staff tecnici e sanitari delle diverse società, ciascun calciatore ha un programma di lavoro per cui l’inattività in realtà non esiste perché anche in vacanza si dilettano con altri sport o comunque seguono dei programmi di mantenimento che consentono di approcciare poi alla ripresa della fase della preparazione estiva adeguatamente condizionati, quindi, non c’è più o sono casi molto rari il fatto che arrivi il giocatore ingrassato o de-condizionato. La situazione attuale, invece, è del tutto nuova. Intanto perché lo stop degli allenamenti è durato due mesi ed è dagli anni ’60 che non c’è una sosta così lunga, allora magari il campionato finiva a maggio e riprendeva ad ottobre, adesso anche chi si è allenato a casa non è sicuramente condizionato in senso sport specifico, cioè per l’attività specifica del calcio. Quindi, gli staff sanitari e in particolar modo gli staff tecnici, i preparatori atletici e gli altri collaboratori andranno a rivalutare tutta una serie di parametri. Bisognerà ri-condizionare il calciatore dal punto di vista aerobico perché la fitness aerobica e la ri-atletizzazione pura è indispensabile per lavorare a ritmi che sono sempre più serrati e che saranno caratterizzati da sedute di allenamento in numero ridotto rispetto all’impegno agonistico. Altre cose da ri-condizionare sarà la forza, ovviamente per evitare dei deficit che possano creare la basa per un sovraccarico funzionale che è l’anticamera degli infortuni. Ma non dobbiamo dimenticare che in un’attività come il calcio, ma analogamente per altri sport, in relazione alla componente tecnico-tattica si ha la perdita anche di alcune doti di tipo coordinativo generale, coordinativo sport specifico e ruolo specifico, ad esempio, la capacità di valutare bene la profondità e il rapporto degli spazi fra compagni ed avversari, tutte cose che vengono a perdersi con la mancanza di applicazione del gesto tecnico-specifico nella situazione in cui si è abituati a svolgere la propria professione di calciatore”.

Ci sono anche altre doti che servirebbe allenare?

“Sì, nell’abito delle diverse doti da allenare come, ad esempio, alla fine di un percorso riabilitativo post infortunio di fondamentale importanza è poi allenare anche le doti propriocettive di equilibrio e di stabilità perché sono quelle che ci permettono di avere una reazione immediata quando ci si interfaccia con una situazione che tende a portare una turbativa del normale equilibrio. Per capirci, un soggetto che vada incontro in una fase di corsa con un repentino cambio di direzione ha uno spostamento ideale della posizione nello spazio di una certa articolazione e più la sua propriocezione, cioè la sua capacità di interagire tra il sistema nervoso centrale e la componente muscolo-scheletrica sarà brillante più la sua reattività sarà tale da consentirgli di creare delle risposte adattative immediate in modo da evitare l’infortunio, meno queste caratteristiche sono sviluppate e meno avremo difesa dagli infortuni particolari. Quindi, ci sono due cose da considerare: la forza che permette di stabilizzare e la propriocezione che è la capacità che mette in relazione l’informazione che arriva dall’articolazione col sistema nervoso centrale da cui parte un treno d’impulsi per una risposta muscolare. Tutto questo percorso deve essere ri-allenato perché se manca la forza il giocatore non riuscirà a stabilizzare e se manca il canale d’informazione è inutile il recupero della forza perché non sarà in grado di sfruttarla adeguatamente. Quindi, sembra tutto estremamente complesso, ma in realtà gli addetti ai lavori, cioè i medici sociali, lo staff tecnico, i preparatori atletici e quella componente che si va sempre più affermando all’interno degli staff tecnici ovvero il riatletizzatore-riabilitatore, che è quella figura professionale a metà strada tra lo staff sanitario e quello tecnico, hanno tutte le chiavi per poter lavorare su questo tipo di protocolli e di situazioni. Quindi, tutte cose che se non vengono ri-condizionate possono rappresentare la base per la possibilità di infortuni soprattutto di tipo muscolare. Tutte queste cose inoltre devono poi essere messe in relazione al fatto che ci sarà l’esigenza di effettuare partite sempre più ravvicinate per lo scarso tempo a disposizione per concludere, se si concluderanno, i campionati. Si tratta di una condizione che deve essere tenuta presente e la chiave per cercare di riuscire a ridurre al minimo gli infortuni è appunto quella della prevenzione lavorando sui deficit che si sono instaurati e personalizzare il più possibile gli allenamenti perché ciascun atleta ha delle caratteristiche proprie ed individuali che devono essere valutate dapprima con test che riguarderanno tutto l’ambito, oltre alla valutazione ematochimiche e tutto quello che sarà necessario per rimettere in sicurezza la macchina, ma proprio dei test valutativi per vedere quali sono le caratteristiche che devono essere eventualmente incrementate e che sono andate a depauperarsi di più in questo periodo”.

Come si fa a conciliare il recupero delle doti di tipo coordinativo generale, coordinativo sport specifico e ruolo specifico se ancora oggi non si possono effettuare allenamenti normali e presumibilmente si potrebbe tornare a giocare dopo il 14 giugno, quindi, fra circa un mese?

“Prima di iniziare l’attività agonistica vera e propria probabilmente verrà concessa la possibilità di arrivare di nuovo d utilizzare gli allenamenti collettivi che riproducono quelle che sono le caratteristiche del gioco di squadra. In ogni caso c’è comunque la possibilità, riscendendo in campo e quindi ri-allenando anche la componente visiva e la coordinazione oculomotoria, di acquisire la familiarità con gli spazi, la profondità etcetera e queste sono caratteristiche che si possono allenare già adesso”.

Quale tempistica si può ipotizzare per gli allenamenti per evitare che i giocatori incappino negli infortuni soprattutto muscolari?

“Teniamo presente che gli infortuni muscolari comunque, nonostante tutti i mezzi messi in atto dalle diverse società, sono abbastanza costanti nel tempo. Le statistiche della Fifa ci informano che negli ultimi 10-15 anni gli infortuni muscolari nonostante la messa in atto di programmi di prevenzione per ridurli sono rimasti costanti e quelli sui flessori della coscia hanno ricevuto un incremento del 4% all’anno ogni anno perché c’è anche una componente di imprevedibilità. La tempistica è quella dettata dal ripristino delle normali condizioni di efficienza atletica, della forza e della coordinazione e c’è tutta una serie di test che possono essere effettuati. Le società professionistiche hanno una banca dati di ciascun atleta poiché questi test vengono effettuati sistematicamente a inizio e a fine stagione e inter-season e, quindi, c’è la possibilità di riferirsi a quelli che sono i valor ottimali di ciascun atleta e cercare di ripristinare questi valori in un tempo ragionevole tenendo pur sempre conto che variano da atleta ad atleta”.

Ma un mese basterebbe per far sì che tutti i componenti della rosa arrivino a livelli abbastanza soddisfacenti e tali da evitare che avvengono infortuni a più giocatori?

“Il tempo è ridotto. Diciamo che non è sufficiente ad avere delle garanzie assolute proprio perché non le si ha neanche quando siamo nelle condizioni ottimali, ma comunque sfruttando il più possibile queste sedute di allenamento e personalizzandole e cercando di andare a comprender quelle che sono le esigenze di ogni singolo atleta e le sue eventuali défaillances è possibile portare a un grado non ottimale, ma sufficiente per riprendere l’attività agonistica. Molto probabilmente bisognerà anche considerare il fatto che magari l’approccio iniziale sarà con un calcio a una velocità differente e poi il ri-condizionamento arriverà a portare le performance ai livelli ai quali eravamo abituati. E’ indubbiamente un condizione mai sperimentata, quindi, pontificare anche dando anche delle valutazioni di certezza mi sembrerebbe oltremodo presuntuoso e scarsamente attinente a quella che è la realtà delle cose”.

Quanto potrebbe aumentare ancor di più il rischio d’infortuni il dover giocare circa ogni tre giorni per concludere il prima possibile la stagione?

“Un’osservazione comune e che le squadre che sono impegnate su più fronti e hanno impegni molto ravvicinati hanno meno possibilità di allenarsi e i loro giocatori vanno più facilmente incontro ad infortuni, quindi, ci possiamo aspettare un incremento, ma quantificarlo non è possibile perché una tale compressione delle partite non c’è mai stata. Potremmo fare solo delle valutazioni statistiche a posteriori poiché potremmo anche avere delle situazioni di sorprese positive in realtà, proprio perché una condizione del genere non si è mai verificata”.

Si è parlato di cinque sostituzioni anziché tre, questo potrebbe aiutare?

“Sì, potrebbe essere un aiuto. Indubbiamente mi sembra una proposta intelligente e che tiene conto delle condizioni che possono portare a un incremento degli infortuni e appunto tenerne conto mi pare un atteggiamento saggio e ponderato”.

Benefici maggiori ne trarranno le squadre che hanno rose con più giocatori.

“Sì, ma ormai le rose sono sicuramente ampie a livello di tutte le società. Poi ci possono essere le società che nell’ambito di una rosa ampia hanno dei ricambi di valore tecnico quasi sovrapponibili a quelli della squadra ottimale e altre in cui invece sono più dei rincalzi e magari non riescono ad avere le stesse doti prestative della squadra ideale, però, come numero di uomini diciamo che le rose sono adesso sicuramente abbastanza ampie”.