ESCLUSIVA TG – De Paola: “Il Torino più di tutte le altre concorrenti potrebbe arrivare all’8° posto. Nell’epopea di Cairo al Toro è stato tolto il Dna”
Paolo De Paolaè stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. De Paola è un giornalista sportivo, è stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport e direttore di Tuttosport e del Corriere dello Sport-Stadio. Con lui abbiamo parlato della lotta all’8° posto con, prima degli anticipi di questo turno, coinvolte sei squadre a quattro giornate dalla fine del campionato.
Quattro partite per stabilire chi si aggiudicherà l’8° posto, che potrebbe significare preliminari di Conference League, e ci sono sei squadre a competere fra loro: Fiorentina, Udinese, Bologna, Monza e Torino che hanno 46 punti e il Sassuolo, che però ieri ha perso con l’Inter, 44. Chi ha la rosa più attrezzata per questo sprint?
“Penso che il Torino non sia messo male, non mi sembra che abbia una rosa in difficoltà o corta, ma credo che, purtroppo, la caratteristica dei granata in questa stagione sia stata l’alternanza dei risultati ed è questo che li ha penalizzati. Se guardo le altre squadre, posso vedere dalla Fiorentina al Sassuolo tutte hanno una rosa abbastanza ampia. Forse solo la Fiorentina ha qualche cosa in più, ma anche la Viola ha avuto alti e bassi che ne hanno caratterizzato la stagione: non c’è nessuna di queste che si stagli particolarmente”.
Dal punto di vista atletico, quale squadra sembra più in forma?
“Il Sassuolo sembrava avere qualche cosa in più essendo una squadra che fa della fisicità una sua caratteristica principale, però ieri ha perso con l’Inter. Ma anche l’Udinese, però sono squadre che se non hanno obiettivi ben chiari da inizio stagione a volte navigano un po’ a vista. L’Udinese mi ha impressionato in alcune partite, ad esempio, contro il Milan proprio per la fisicità e non solo nei singoli giocatori che sono abbastanza potenti e poderosi, ma anche appunto per l’atletismo e la corsa. Do comunque un mezzo punto in più al Sassuolo rispetto al Torino, all’Udinese o al Bologna”.
La Fiorentina però è l’unica impegnata su tre fronti, campionato, semifinale di Conference League e finale di Coppa Italia. Tutti questi impegni potrebbero “distrarre” un po’ la Viola?
“Possono “distrarre”. Alla Fiorentina la prima gara della semifinale di Conference non è andata bene, un mezzo passo falso che mi ha anche un po’ sorpreso poiché i viola erano andati in vantaggio, e anche il disputare la finale di Coppa Italia è un altro impegno molto importante, però si tratta di impegni abbastanza limitati nel tempo. Non si tratta di impegni che veramente condizionano la stagione quindi dico che non mi sembra che l’essere impegnata su tre fronti possa essere un ostacolo in campionato per la Fiorentina”.
Secondo lei, tenuto conto che ogni squadra dovrà affrontare almeno una diretta concorrente, una che lotta per non retrocedere e un’altra che ha la possibilità di raggiungere un posto utile per la Champions, il Torino quante chance ha di finire il campionato all’8° posto?
“Per i risultati che ha ottenuto il Torino in questa stagione è la squadra che potrebbe arrivare più di tutte all’8° posto perché è la squadra che mi ha impressionato maggiormente. Lo dico perché seppur abbia perso partite che era difficile pensare che potesse perdere nella maniera in cui lo ha fatto, ne ha però vinte anche in modo abbastanza clamoroso dimostrando di avere quello che io ho sempre definito uno degli impianti di gioco più ostici delle squadre di Serie A. Il Torino è una squadra scorbutica, brutta in qualche modo da affrontare, ma sicuramente spesso è efficace. Al Torino è mancata la continuità e non so se fa parte un pochettino delle caratteristiche di Juric. E’ un allenatore che mi piace ed estremamente in gamba, ma, a volte, gli manca quel granello di sale per riuscire a condire per bene la minestra. Forse perché parte sempre per interrompere il gioco degli avversari e quasi mai per impostare una partita a suo favore. Comunque è un allenatore che sicuramente mette in mostra i talenti. Uno su tutti, che mi è piaciuto quest’anno è Radonjic, che è stato croce e delizia dello stesso allenatore. Juric infatti lo ha ripreso in alcune partite, però è anche il giocatore che ha fatto la differenza dal punto di vista della qualità”.
Purtroppo però Radonjic è infortunato e non si sa se potrà tornare a disposizione prima della fine del campionato.
“Questo è vero e infatti potrebbe essere un handicap per il Torino perché Radonjic rappresentava quella qualità che faceva la differenza: ha strappi, dribbling, capacità di tenere alta la squadra e di interrompere il ritmo degli avversari. E’ un giocatore che è veramente prezioso per questo Torino”.
Parlando di alti e bassi, il Torino è una di quelle squadre che crea occasioni da gol, ma fa fatica a concretizzarle nonostante Sanabria da inizio 2023 sia stato uno degli attaccanti più prolifici della Serie A, e in aggiunta i granata subiscono reti che potrebbero essere evitate. Queste sono le difficoltà che la squadra di Juric può incontrare in queste ultime quattro gare per raggiungere l’obiettivo?
“E’ assolutamente così, ha fatto la fotografia reale del Torino in questa stagione. Il Torino che di recente ha battuto la Lazio in casa è la squadra che non ti aspetti, con i biancocelesti in piena corsa per il secondo posto e che sembravano aver finalmente ritrovato l’equilibrio e invece improvvisamente si sono infranti contro un Torino che ha giocato bene, però poi nella giornata successiva per i granata è arrivata la sconfitta in casa con l’Atalanta proprio nel momento in cui dovevano dare continuità a quella che poteva rappresentare una specie di sorpresa. E l’Atalanta non mi sembra quella macchina da guerra che è stata nelle ultime stagioni. Insomma è questo che lascia perplessi del Toro. Anche l’ultimo pareggio con il Monza non è che sia stato del tutto convincente. C’è qualche cosa non so se nella fase difensiva, ma nell’ostinazione di tenere la squadra sempre su una certa linea coesa di interruzione del gioco avversario che poi impedisce al Torino stesso di diventare pericoloso e di costruire come squadra un gioco offensivo che abbia una certa validità”.
Può essere che al Torino manchi un po’ di personalità a giocatori chiave alcuni perché sono giovani altri perché pur avendo maggiore esperienza in carriera però non sono mai riusciti ad esprimere appieno le proprie potenzialità?
“Mi permetto di dire che il bene e il male del Torino stanno nel suo allenatore, nel senso che è un allenatore che ha una personalità molto forte e, a volte, tutto questo può essere anche negativo nell’approccio al lavoro e alla squadra. Mi spiego, a volte per poter permettere a qualche giocatore di crescere di qualità bisogna concedergli qualche follia. Faccio l’esempio di Radonjic: la sostituzione che avvenne nel derby nel giro di pochi minuti dopo l’entrata in capo, per carità aveva fatto una sciocchezza e sicuramente era stato un po’ sprovveduto nell’occasione, ma mi sembra che dal punto di vista dell’attenzione la squadra risente troppo della personalità di un allenatore che evidentemente concede pochissimo all’iniziativa singola dei giocatori. Molto spesso il calcio è fatto di equilibri fra quello che dice il tecnico e quello che può essere l’espressione massima della squadra, soprattutto se è una squadra giovane. Veder ripreso in quel modo il giocatore migliore rimane una specie di blocco per tutti gli altri giocatori per il resto della stagione”.
Oggi si gioca Hellas Verona-Torino con i veneti che sono terzultimi insieme allo Spezia, che ieri ha battuto il Milan, e quindi non sono ancora salvi e i granata che sono nel mucchio di chi lotta per l’8° posto. Sembra quasi scontato che o il Torino vince oppure rischia di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo, tanto più che dopo dovrà affrontare la Fiorentina.
“Tutta l’epopea di Cairo al Torino è stata un po’ caratterizzata dall’abbandono da parte della squadra degli obiettivi per cui spesso il presidente si è dovuto in qualche modo affidare a degli allenatori di grande personalità. E’ il caso, ad esempio, di Juric che è un allenatore con personalità che tiene alla squadra, ma se alla squadra si toglie lo scopo principale che è l’obiettivo o la capacità di raggiungere un traguardo perché in qualche modo l’ambiente non vive quel tipo di approccio assoluto per la vittoria, quel furore che è stato il Dna della storia del Torino, allora credo che in questi anni si sia tolto moltissimo al Torino da questo punto di vista. E invece si sia dato al Torino una sorta di limbo nel quale c’è solo il momento della stagione in cui bisogna decidere in qualche modo di tirare i remi in barca perché poi non c’è più alcun obiettivo. Stiamo dicendo in quest’intervista che finalmente potrebbe esserci qualche cosa che faccia tornare il Toro in Europa e speriamo che in qualche modo si accenda una scintilla e ci sia qualcosa che crei reattività nei giocatori altrimenti nelle motivazioni in campo questa partita sarà più favorevole al Verona che ha il grande obiettivo della salvezza da raggiungere”.
Quando ha parlato di ambiente lo intendeva in senso allargato comprendendo anche i tifosi oppure solo all’interno del Torino Fc?
“Ho conosciuto raramente una tifoseria più amorevole, più compatta e più gioiosa e nello stesso tempo con più storia che quella del Torino. Spesso ho accompagnato i tifosi o sono stato tra di loro quando c’era la commemorazione a Superga il 4 maggio e assistendo a quella cerimonia che in qualche modo caratterizza tantissimo la storia del Torino e ho visto anche lo sconforto della tifoseria. L’ultima componente alla quale potrei fare riferimento per questo mio discorso sono i tifosi del Toro. Vedo, purtroppo, negli occhi di una parte dei tifosi una certa rassegnazione: se va via Cairo dove finiamo? Se non c’è più nemmeno Cairo dobbiamo accontentarci di questo limbo, di questa situazione. Va benissimo, ma ho visto anche altri presidenti che nello stesso periodo e più o meno con le stesse disponibilità economiche, se non addirittura inferiori, hanno fatto grandissime cose: uno su tutti è Aurelio De Laurentiis. La storia del presidente del Napoli e quella di Cairo sono abbastanza simili per quel che riguarda l’esperienza nel calcio, però perché De Laurentiis è riuscito sempre a mettere gli uomini giusti al posto giusto, mentre a Cairo è sempre mancato la piccola cosa per formare tutto? Il Filadelfia è stato rimesso all’onor del mondo, ma manca l’ultimo lotto con il Museo in modo da creare un qualcosa di ancor più convincente attorno a questo investimento per la Storia del Toro e non è stato fatto. Per quanto riguarda il settore giovanile e in particolare i campi, l’area del Robaldo è ancora da edificare. L’attenzione che ci doveva essere per i quadri dirigenziali e per la sede in modo da farla sentire di nuovo una casa che poteva essere al Filadelfia anziché in un ufficio in un palazzo della città. Tutte queste cose hanno contribuito in qualche modo a mettere il Torino nel limbo con, purtroppo, la prospettiva che in mancanza di questo presidente non ci sia più nulla. Sento però che ci sono altri tifosi del Toro che preferirebbero vivere un’avventura, magari anche con alti e bassi maggiori, ma con quello spirito che ha caratterizzato il Toro e che si è andato un po’ perdendo negli anni”.