ESCLUSIVA TG – Bachis (Tori Seduti): “Il mercato del Torino è stato discreto. Serve senso d’orgoglio e d’appartenenza. Bisogna crederci nella vita”
Andrea Bachis è stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Bachis è il presidente del club “Tori Seduti”, il primo club nato in Europa e gestito da chi è diversamente abile il cui motto è: “Non conosciamo barriere”. I Tori Seduti gestiscono gli accrediti riguardanti gli ingressi delle persone diversamente abili per le partite casalinghe del Torino FC, grazie ad un’intesa con la società granata. Con Bachis abbiamo parlato del mercato che si è d poco concluso e dell’avvio di campionato del Torino.
Cosa pensa del Torino uscito dal mercato con gli arrivi di Bellanova, Haveri, Tameze, Sazonov, Soppy e Zapata, i ritorni di Vlasic e Lazaro, le cessioni di Izzo, Warming, Singo, Verdi, Ilkhan, Berisha e Bayeye e gli addii di Aina e Adopo?
“C’è da fare una premessa, i grandi denari che arrivano dalla Premier e dall’Arabia hanno indebolito i campionato maggiori d’Italia, Spagna e anche Germania e non è facile fare affari. Secondo me, bisognerebbe veramente riprendere in mano i vivai ricostruendoli perché anche la Nazionale fatica a mettere in campo un undici titolare che sia valido. Il Torino dovrebbe ricostruire l’antico vivaio, che era la nostra fortuna. Creare plusvalenze è anche più semplice per poi comprare qualche giocatore veramente valido nel mercato.
Detto questo, il mercato del Torino è stato diciamo discreto perché abbiamo fatto tornare calciatori che ci davano sicurezza come Vlasic e Lazaro, abbiamo tenuto Schuurs, Ricci e Buongiorno, che sono punti basilari, bisognava acquistare ancora un trequartista perché domenica con il Genoa è stato cambiato di posizione Ricci e ha giocato da trequartista invece che nel suo ruolo di centrocampo e più avanzato ha reso meno. Anche se un giocatore così importante dovrebbe essere adattabile e adattarsi a ricoprire più ruoli, però non tutti ci riescono e non è così facile. Quindi ci manca una pedina. Il fatto di aver tenuto i giocatori che servivano è stata una cosa importante.
Abbiamo fatto l’ottimo acquisto di Zapata, che è un grande centravanti fisicamente molto forte. Sappiamo quanto ha segnato in Italia ed è di qui che dobbiamo partire, sperando che mantenga l’integrità fisica che nelle ultime due stagioni gli ha creato un po’ di problemi come, purtroppo, è accaduto anche a Pellegri, che è n ragazzo che ci mette impegno, lo ha fatto pure con il Genoa quando è subentrato, però il suo problema è fisico. Speriamo, come dice Juric, che trovi la continuità in allenamento.
Mi hanno fatto stupire un po’ le parole dell’allenatore riguardo a Tameze che lo vede non abbastanza impegnato in allenamento oppure che fuori dal campo fa una vita non del tutto in linea con quella di un’atleta. Il mister comunque ha in mano le redini dello spogliatoio e comprende quali sono le problematiche ed è importante. Juric è anche un po’, passatemi il termine, “lamentoso”, capisco che un allenatore voglia a disposizione 25 giocatori che siano all’altezza del suo gioco, però, come dicevo prima, oggi non è più possibile perché i dati statistici dell’economia e del calciomercato dicono che tutto è in crollo per cui non è facile creare una squadra che sia competitiva.
Ecco perché puntare sulla completa ricostruzione del vivaio, sarebbe bello sapere che cosa succede al Robaldo (l’area dove dovrebbe sorgere il centro per le giovanili, ndr) sarebbe molto importante come far giocare la Primavera al Filadelfia al fine di creare giovani calciatori che abbiano il senso di appartenenza e l’orgoglio di vestire la maglia del Toro. Sono convito che se si parte dal senso di orgoglio e di appartenenza i giocatori percepirebbero e vestirebbero la maglia in un altro modo. Basta vedere quello che è successo con Buongiorno, non so se nella vicenda c’è stato qualche cosa d’inventato o di “pubblicitario” però se è accaduto così com’è stato raccontato è stato un grande onore avere una persona e un giocatore che non ha voluto andare all’Atalanta e rimanere al Toro perché ci tiene essendoci cresciuto e ha voluto continuare a restare qui. Questo senso di appartenenza dovrebbero averlo almeno 4-5 o 6 giovani italiani all’interno della squadra affinché lo trasmettano anche agli altri e sarebbe molto importante persino più del mercato. Giocatori così difenderebbero molto di più i valori della società e della nostra storia. È brutto dover sempre parlare di storia, ma noi l’abbiamo e dobbiamo mantenerla”.
Pensando anche a quello che hanno fatto le altre squadre, questo Torino quanto può aspirare ad andate oltre il 10° posto degli ultimi due campionati?
“Se penso a chi è favorito per lo scudetto dico l’Inter per il potenziale, per come gioca la squadra e per il mercato che ha fatto. Il Toro, secondo me, ha una squadra che può ambire almeno alla Conference, quindi al 6-7 posto. La squadra dal punto di vista del gioco sta diventando un po’ prevedibile e infatti il Genoa ci ha messo un po’ in difficoltà per 93 minuti chiudendosi in difesa e bloccando le linee di passaggio fondamentali nel gioco di Juric. Il mister è un bravo allenatore, guadagna 2 milioni netti all’anno e allora studi qualche cosa di nuovo creando qualche cosa che gli avversari non si aspettano. Juric per il fatto che sa adattarsi alle situazioni è considerato un ottimo e non solo un buon allenatore. Gli allenatori vincenti nel mondo come Ancelotti e Guardiola hanno comunque sempre creato qualche cosa di nuovo, Guardiola faceva il tiki-taka e ora non o fa più e fa tutto un altro gioco. Ancelotti ha vinto tutti i maggiori campionati europei. Quindi bisogna adattarsi e anche Juric deve farlo alle caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione e degli avversari che si affrontano.
Il Torino può ambire a un buon risultato? Sì, però dipende dai giocatori, dal rapporto che hanno con il mister, dalle dinamiche dello spogliatoio, dal rapporto con al società. Ci sono tanti elementi che devono incastrarsi. La gente sui social scrive che quello fa schifo, punto. E tutti a mettere mi piace. Non sono d’accordo perché in una società ci sono talmente variabili umane, oggettive, sportive per cui non è così facile amalgamare il tutto. Per me, le potenzialità le abbiamo, ma resta a noi esprimerle: il Toro è artefice del suo successo. Ci vuole l’impegno di tutti. Sono convinto, ad esempio, che potremmo avere un buon risultato in Coppa Italia, però serve impegno”.
In Coppa Italia magari si superano gli ottavi e anche i quarti e persino le semifinali, ma poi in finale se l’avversario è più forte è complicato vincere.
“Vero, ma te la vai a giocare. Bisogna crederci nella vita. L’infusione d’ottimismo permette di fare come accaduto alla Fiorentina nella scorsa stagione che ha disputato le finali di Coppa Italia e di Conference League, anche se poi le ha perse entrambe. Tutti oggi dicono che la Fiorentina sia più forte dell’anno scorso, ma ha perso quattro a zero contro l’Inter ha rischiato di non superare lo spareggio per accedere alla fase a gironi della Conference avendo perso la gara d’andata con il Rapid Vienna e non ha ancora trovato una vera identità, però tutti dicono: “Vedi la Fiorentina che ha un presidente che ha fatto il centro sportivo, qui e là, su e giù” E poi gli anti-Cairo vedono come un Dio Commisso che ha attaccato Cairo, ma, secondo me, non va bene perché ogni presidente ha i suoi problemi al proprio interno e li vive quotidianamente e parlare da fuori è troppo facile.
Penso che si dovrebbero trovare un peso e una misura in tutto.
Le società di calcio hanno centinaia di dipendenti che non producono un oggetto per cui se non lo fanno bene li si cambia, ma producono risultati a livello umano e sportivo, prestazioni quindi non è così semplice. Si va in campo e ci sono anche gli avversari e gli arbitri. Faccio un esempio stupido, magari questo è il campionato del Cagliari neo promosso e che trascinato da un grande allenatore come Ranieri riesce ad arrivare in Europa League.
Bisogna credere nelle proprie potenzialità e andare avanti giorno per giorno, mancano 35 giornate e sono 35 finali. Ogni finale ha i suoi momenti, mentali e fisici, e le sue grandi prestazioni. Magari andiamo a Milano con l’Inter e vinciamo tre a zero, esempio banale, però è la giornata che fa tanto, l’entusiasmo e la carica. La prestazione sportiva dipende da molti fattori tanto differenti gli uni dagli altri. Gianmarco Tamberi ha vinto Europeo, Mondiale e Olimpiade, ma se avesse trovato tre giornate storte con l’asta non avrebbe saltato quella misura e non vinceva niente e invece ha vinto le medaglie d’oro eppure c’erano gli avversari non gareggiava da solo”.