IL PUNTO sull'Inter: il sinistro imperiale di Adriano

18.09.2008 18:53 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: Goal.com
IL PUNTO sull'Inter: il sinistro imperiale di Adriano
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Non mi era piaciuta tantissimo l’Inter della prima serata in Champions fino al raddoppio, devo dire la verità., con Mourinho che decide di insistere ancora una volta su Ibrahimovic prima punta e due ali veloci. Nonostante il vantaggio troppe cose mi avevano lasciato un sapore strano: quel Quaresma fantasma che vagava un po’ a destra ed un po’ a sinistra, uno Zanetti probabilmente giù di corda che, udite udite, perdeva palloni in mediana ed un Vieira in evidente calo fisico dopo la discreta prova contro il Catania.

E poi a dieci minuti dalla fine entra Adriano. Finalmente dico io, l’assenza di una prima punta si sentiva terribilmente e l’Inter stava soffrendo tantissimo, senza grandi pericoli è vero ma stava reggendo con i denti. Prima un dribbling stretto con splendido uno-due con i compagni e poi quel sinistro rabbioso sotto la traversa e quello sguardo, quel sorriso, quegli abbracci che mi hanno fatto capire quale sia la dimensione di questa nuova Inter. Solo lo scorso anno alla prima uscita di coppa in casa del Fenerbache, in un catino di entusiasmo molto simile a quello visto in terra greca, l’Inter era affondata in una sconfitta inaspettata senza mezzi termini e con merito, adesso l’Inter bada al sodo. Vincere, e basta.

Quando Ibrahimovic a fine partita intervistato da Sky risponde con una serenità imbarazzante “è ora di cambiare la storia”, non è la risposta in se' a fare scalpore, ma per quale domanda sia stata pensata ed espressa. La domanda era semplice, un riferimento agli avvii degli ultimi anni in Champions con un pensiero alle figure più o meno barbine rimediate negli ottavi e se, adesso qualcosa è cambiato. E la risposta semplice e diretta, non “si, qualcosa è cambiato” come se qualcun altro avesse operato il miracolo ma “è ora di cambiare la storia”.

Questo significa una sola cosa: senso di responsabilità nei calciatori. Se Ibrahimovic risponde così allora vuol dire che si sente chiamato in prima persona in questo cambiamento ed in questa voglia di fare, se Adriano interpellato su Mourinho dice che “mi ha definito il numero uno e questo mi motiva tantissimo, prometto che farò il bravo per tornare importante” oltre a fare un po’ tenerezza per le sorti di questo ragazzone che si era perso, si capisce che ognuno dei calciatori si sente parte di un progetto, che si va anche in panchina senza mugugni perché ci si sente parte di un obbiettivo più grande e che si ha fiducia che i risultati arriveranno.

Allora ecco perché l’Inter di coppa non è stata bellissima alla sua prima uscita, perchè è stata spietata, non gli interessava altro che vincere, non si può sbagliare mai, ogni partita vale tutto e tutti lo sanno e si dedicano a questo. Quando all’ottantaseiesimo e dodici secondi Ibrahimovic sul 2-0 rincorre il terzino avversario cercando di rubargli la palla dietro c’è tanto lavoro sui cervelli dei calciatori e quando si dice che i calciatori di Mourinho darebbero tutto per lui, beh qualcosa si comincia a capire.

Segna Mancini e balla con Maicon, mentre Zanetti va ad abbracciare Toldo e Figo in panchina, badate bene in panchina. Segna Adriano e si abbraccia a lungo con Ibrahimovic e poi va da Mourinho. Signori miei queste non sono cose normali nel calcio, quest’anno guarda caso non si vedono bottigliette che volano prese a calci o imprecazioni in svedese anche se si esce quando si è in vantaggio. Mi spiace dirlo ma la storia è cambiata anzi è ora di cambiarla come dice il genio svedese. E la strada si sta mostrando quella giusta, cioè diversa dal solito.

Un' ultima critica però la devo fare, quest’Inter più la vedo giocare e più la vedo tagliata per un 4-4-2 o comunque per un doppio centravanti. Si sente troppo l’assenza di un terminale offensivo di peso e Ibrahimovic l’ha dimostrato anche con i greci, segna quando vuole lui, ma sa fornire assist deliziosi giocando più defilato. Ma non sono io il tecnico e , giudicando i risultati, meglio lasciarlo lavorare.

Leonardo Ciancarella