Ventura: "Con il Cagliari la gara ideale per metterci alla prova"
Siamo in grado dopo cinque minuti di gioco di leggere e capire le situazioni in campo e di sviluppare e proporre il nostro gioco? Siamo pronti mentalmente? Le risposte a queste domande le darà il campo.
La netta vittoria sull’Atalanta, il gioco finora espresso e la posizione in classifica rendono la vigilia della partita con il Cagliari differente dai precedenti pre-partita?
“Qualsiasi parola io dica ha valore zero perché le risposte le dà sempre il campo, credo che però quella con il Cagliari sarà una verifica importante per un motivo nostro più che tecnico. La verifica è importante perché abbiamo incontrato squadre che giocano a quattro, a tre, a cinque, con il 4-3-3, a rombo o con il 4-4-2, mentre domani incontreremo una squadra della quale non sappiamo come giocherà. Non sappiamo né che modulo adotterà né come giocherà: non sappiamo nulla. E in più veniamo da una partita positiva. La verifica è: siamo in grado dopo cinque minuti di gioco di leggere e capire le situazioni in campo e di sviluppare e proporre il nostro gioco? Siamo pronti mentalmente? Le risposte a queste domande le darà il campo. Direi che quella di domani è la partita che chiuderà il primo piccolo ciclo e lo chiuderà, neanche a farlo apposta, con una gara che riassume tutte le difficoltà che abbiamo incontrato in tutte le precedenti partite, senza entrare nel merito del valore dei giocatori del Cagliari perché se io chiedo se Conti è un giocatore importante in serie A o se lo è Nainggolan, o se lo è Cossu o ancora Pinilla o Astori che risposta mi si può dare? Stiamo parlando di una squadra che è abusiva, nel senso buono del termine, della classifica attuale. Quindi tenendo presente tutte queste considerazioni e la domanda iniziale direi che le risposte le deve dare il campo e non io. Se le risposte dovessero essere positive allora inizierebbe il nostro campionato con una consapevolezza decisamente diversa”.
Durante la settimana come ha visto emotivamente i giocatori e con quale modalità si stanno approcciando alla gara di domani?
“Li ho visti come le altre settimane. Per chi vede dall’esterno la vittoria dà euforia e la sconfitta depressione, noi all’interno vediamo le cose in maniera diversa, abbiamo analizzato il primo, non il secondo tempo, della partita con l’Atalanta e abbiamo cercato di capire cosa abbiamo fatto di buono, ma soprattutto tutte le cose che non abbiamo fatto e potevamo fare. Stiamo parlando di una squadra che acquisisce giorno dopo giorno, spero sempre di più, la maturità e la voglia di migliorare. Se una vittoria ci dovesse intaccare allora non saremmo assolutamente maturi e non avrebbe senso che io rispondessi alla domanda. Mentre, invece, sono convinto che questa squadra, come tutte le altre, ha pregi e difetti, ma credo che ogni giorno che passa ci si renda conto che il nostro cinquanta per cento non ci rende competitivi, ma il novanta per cento ci permette di esserlo con tutti”.
La scorsa settimana parlava dell’onda che se fosse arrivata vi avrebbe fatto fare ancora meglio, adesso l’onda positiva è giunta, quanto di più il Torino può fare?
“Confermo quello che avevo detto. Abbiamo avuto una settimana di elogi, ma gli elogi non sono l’onda di cui parlavo. L’onda c’è stata alla fine del primo e nel secondo tempo domenica scorsa. L’onda è la consapevolezza, l’Atalanta ha fatto una buona partita e un record di punti nello scorso campionato e bene in questo. L’onda è questa, non ci deve essere euforia, ma consapevolezza, se dovessimo perdere una partita, sicuramente nella stagione ne perderemo tante, il nostro obiettivo è sempre lo stesso, però se dopo un sconfitta avessimo la testa reclinata non saremmo mai protagonisti; se dopo una vittoria, roboante o meno, ci facessimo prendere dalla presunzione o dalla sufficienza allo stesso modo non saremmo mai protagonisti. Il nostro obiettivo è quello di mantenere la categoria e di voler essere e diventare protagonisti di questo campionato. Protagonisti non lo si diventa con le parole o i proclami, ma con il lavoro, con quello che si ha dentro, con la voglia che si ha e la consapevolezza di aver aspettato tanto questo momento e il momento è arrivato e ora che c’è bisogna lavorarci sopra perché era quello che si voleva, quando non lo si ha è un conto, ma quando si ha la possibilità di averlo ogni giorno lo si vive con l’adrenalina in corpo, con la pelle d’oca, con le sensazioni che si è sognato di avere e che non si hanno e quindi si va alla ricerca di questo”.
In carriera le è capitato di subentrare a un collega, i giocatori del Cagliari quali benefici possono trarre dal cambio di allenatore?
“La serenità, la rabbia e la determinazione perché è subentrato un compagno di squadra, Lopez, insieme a Pulga ed è evidente che dovranno dare delle risposte, quindi la partita sarà difficile per questo motivo e in più non sappiamo niente. Di solito quando arriva un nuovo allenatore nel giro di tre giorni impone di cambiare modulo e io credo che cambieranno perché quando Lopez era un giocatore hanno vissuto esperienze molto positive insieme e se non cambieranno il modulo già con noi lo faranno dopo la sosta. Il cambio in panchina servirà a portare serenità e convinzione in una squadra che ha qualità. Quando c’era Ficcadenti giocavano con il 4-3-3, ma sembra che non fossero contenti. Quando allenava la primavera Lopez li schierava con il 4-4-2 lo farà anche domani o non lo farà? Giocherà con il rombo? A noi servono le conoscenze per prendere le decisioni in rapporto a come loro saranno schierati”.
Lopez era stato lei a volerlo al Cagliari?
“Sì, Cellino lo prese su mia indicazione”.
Il conoscere bene l’uomo la facilita un po’ nell’ipotizzare come potrà far giocare la squadra?
“No, è stato un mio giocatore per sei mesi, nel mio ultimo anno al Cagliari e allora era un calciatore”.
Di alcuni giocatori si dice che sono allenatori in campo perché hanno la propensione ad allenare, Lopez non aveva questa caratteristica?
“Non so come farà da allenatore, sicuramente è un ragazzo serio. Qualche mese fa l’ho incontrato in aeroporto e non sapevo che avesse preso il patentino e allenasse nelle giovanili, non avrei mai pensato di trovarlo seduto in panchina da avversario qualche mese dopo”.
Quale margine di crescita ha il Torino?
“Il discorso è un po’ diverso noi oggi concettualmente siamo, sempre nella nostra dimensione, una squadra che nell’ottanta-novanta per cento dei casi sa e quindi ora dobbiamo lavorare sui dettagli e mettere in pratica quello che sappiamo. Il problema di fondo è che cosa occorre per mettere in pratica, perché se alla prima partita di campionato c’è l’esordio in serie A di concentrazione se ne mette il centodieci per cento e la prima partita la si fa bene, mentre se alla quinta si dà per scontato di essere un giocatore di serie A, allora vuole dire che non si sarà mai un giocatore da serie A; se, invece, arrivati alla quinta partita si cerca la conferma di essere un giocatore di serie A allora diventare il giocatore che si vorrebbe è possibile. Il problema non è quanto la squadra può crescere, ma se la squadra è in grado di essere o di non essere e se non siamo quasi sempre non è merito degli avversari, qualche volta effettivamente lo è, ma demerito nostro, così come quando noi siamo credo che sia giusto dare il merito ai giocatori del Torino”.
In passato si sottolineava che la squadra non faceva gol su palla inattiva, ultimamente anche da questo tipo di situazione sono arrivate le reti. State facendo allenamenti specifici per sfruttare anche queste occasioni?
“Questo ha annullato pagine e pagine di analisi e commenti e quando accade sono dispiaciuto (ride, ndr). Che non accada più una cosa del genere (volge gli occhi al cielo, ndr)”.
Lo studio di nuovi schemi prevede l’osservazione di altre partite o movimenti che si effettuano in altri sport?
“Gli spunti possono essere tratti dalle osservazioni più disparate sia di altre partite sia di altri sport”.
Martedì sera è andato a vedere la Juventus, si sta documentando in previsione del derby?
“La Juventus l’ho già vista giocare sette-otto volte, ero andato anche lo scorso anno allo Juventus Stadium, quando vado sono sempre molto apprezzato perché mi dicono che hanno tot punti in più e mi dicono che sono stato bravo non perché sono venuto in serie A con il Torino, bensì perché il Torino è in A e sottolineano quanti punti in più hanno e io faccio buon viso nella speranza poi di deluderli. A parte le battute martedì sono andato per vedere lo Shakhtar Donetsk Lucescu è migliorato tantissimo e tatticamente, a mio modo di vedere, è uno di quegli allenatori che ha delle idee”.
Contro lo Shakhtar la Juventus ha avuto delle difficoltà, ha tratto delle indicazioni?
“Dopo tanti anni che non si gioca più la domenica e il mercoledì non è semplice riprendere questo ritmo e la Juventus finora ha toppato forse solo questa partita, magari ha sofferto un pochino anche con la Fiorentina, ma meno. Sono umani anche loro. Comunque, secondo me, c’è stato molto merito dello Shakhtar, ma la Juventus ha confermato di avere giocatori di qualità assoluta per cui sono abusivi di questo campionato, abusivi in senso positivo sia ben chiaro”.
Tornando al Torino, Santana e Stevanovic dal punto di vista della condizione sono ad un livello simile?
“Più o meno tutti sono sullo stesso livello, stanno lavorando tutti con lo stesso impegno, non c’è da lamentarsi e vorrei solo che capissero che cosa serve per raccogliere quello che meritano per l’impegno che profondono e il lavoro che stanno facendo soprattutto durante la settimana. Il giorno che capiranno diventeranno veramente artefici del loro futuro in positivo o in negativo, questo poi lo dirà il campo. E’ un gruppo di giocatori che pur con mille difetti hanno la possibilità di essere protagonisti”.
Agostini a che punto è della preparazione? Oggi per la prima volta è stato inserito fra i convocati.
“Ho convocato sia Agostini sia Caceres perché hanno migliorato la loro condizione e quindi era doveroso farlo, così iniziano a respirare l’aria dello spogliatoio visto che prima non erano mai stati convocati, uno per un motivo e l’altro per altri. Soni stati convocati non per amicizia, ma perché in caso di necessità riteniamo che possano dare il loro contributo”.
E Cerci come sta?
“Cerci ha lavorato e continua a farlo perché non può abbassare la guardia e deve lavorare sia fisicamente sia mentalmente. L’obiettivo di Cerci non è solo disputare un buon campionato nel Torino, ma ha un obiettivo maggiore e quindi più grande deve essere l’applicazione e l’impegno nel lavoro, cosa che sta provando a fare, ma deve anche riabituarsi perché da diversi anni lavorava con un approccio diverso e piano piano si sta adattando ai suoi compagni e al gruppo nel modo in cui partecipano e come lavorano, con quale impegno e consapevolezza, non lavorano tanto per lavorare bensì per incamerare la condizione per poter essere, come dicevo, protagonisti. Cerci è un giocatore che ha la qualità per dare un contributo importante quando sta bene fisicamente e mentalmente, ma non è la squadra che deve adattarsi a lui e lui che deve mettersi al servizio del gruppo, lui l’ha capito e sta lavorando in questa direzione”.
D’Ambrosio sta facendo bene, quando Masiello avrà superato i problemi fisici riprenderà il suo posto sulla fascia sinistra oppure dovrà superare la concorrenza del compagno?
“Non ci sono titolari, Masiello sulla sinistra è nel suo ruolo naturale, mentre D’Ambrosio è un applicato e non è nel suo ruolo anche se, secondo me, sta facendo più che bene in questo periodo. E’ più giusto che ognuno giochi nel suo ruolo, ma non è che Masiello è meglio di D’Ambrosio, magari D’Ambrosio è meglio di Bianchi però con questo non va a giocare in attacco. L’alternativa a Masiello in un prossimo futuro sono Agostini e Caceres, poi se non daranno garanzie ci sarà sempre D’Ambrosio. Con questo non dico che D’Ambrosio non giocherà più, c’è chi gioca un po’ di più adesso e chi lo farà più in là. L’anno scorso sono stati determinanti nella parte finale della stagione Surraco, che per problemi fisici prima non aveva potuto dare il suo contributo, e D’Ambrosio che nella partita decisiva con il Sassuolo, che ci ha permesso di avere quasi la certezza di vincere il campionato. Quando durante il riscaldamento Di Cesare si era fatto male e D’Ambrosio era in panchina a cinque minuti dal fischio d’inizio si è scaldato e ha giocato realizzando il gol decisivo ed è stato determinante, questo è stato il vero successo dell’anno scorso, non l’aver vinto con il Sassuolo. Tornando a oggi non c’è Mimì che gioca e Caio che non giocherà mai, stiamo parlando di diciotto-diciannove giocatori, ma ce ne sono trentadue ed è chiaro che questo discorso per il trentaduesimo è più difficile, però questo ragionamento ne coinvolge sicuramente almeno ventidue”.