Se Cairo e Mihajlovic ragionano all’unisono lo si capirà a gennaio
“La parola Europa non la pronunciavo prima perché non volevo mettere troppa pressione a Ventura, a cui non piaceva essere sotto pressione – aveva detto nei giorni scorsi il presidente Cairo ai microfoni di Radio 2 – ora, invece, la dico. Mihajlovic è uno che la pressione la cerca e quindi perché non dire quella parola?”. La sana ambizione di Mihajlovic era già emersa in tempi non sospetti durante la prima conferenza stampa da neo allenatore granata quando parlò subito d’Europa come collocazione naturale per il Torino. Il mercato estivo allora non aveva ancora aperto i battenti e c’erano solo accordi e intenti fra lui e la società, sono passati cinque mesi, fra alti, parecchi, e qualche basso, sia sulla conduzione e le scelte di mercato sia sull’andamento della squadra, ma si può affermare con grande convinzione che gli intenti iniziali del mister si stanno trasformando in realtà, infatti, la squadra a quasi un terzo del campionato è al settimo posto a sole tre lunghezze dalla coppia Lazio-Atalanta che occupa la quarta posizione della classifica e con il Napoli che di punti ne ha due in più dei granata ed è sesto.
Il Torino è in piena corsa per l’Europa League e nessuno considera più questo obiettivo un sogno nel cassetto da tenere ben nascosto, ma un traguardo da raggiungere. Rendere pubblici gli intenti è assolutamente positivo, ma non basta perché ci vogliono i fatti. La squadra ha una rosa di livello più che discreto, ma va migliorata per renderla competitiva fino alla fine della stagione. I gol presi, sedici in dodici partite, per una formazione che punta all’Europa sono un po’ troppi e anche le vittorie in trasferta vanno assolutamente incrementate, una sola su sei gare disputate è poco.
Nella sessione di mercato di gennaio la difesa va rafforzata e magari anche il centrocampo e qui tocca a Cairo non lesinare gli sforzi, d’altro canto Mihajlovic deve continuare a ricercare soluzioni per migliorare il gioco difensivo e ridurre il numero di reti subite su palla inattiva e sui cross spioventi in area. E’ vero che sono i giocatori che in campo devono assolutamente essere più concentrati in queste situazioni, ma se continuano a perseverare incappando in certi errori tocca all’allenatore inventarsi qualche soluzione, almeno fino a quando dal mercato non giungeranno calciatori che siano meno distratti. L’unione d’intenti fra l’allenatore è il presidente è fondamentale per riportare il Toro in Europa e il mercato costringerà tutti a giocare a carte scoperte: se arriveranno i giusti rinforzi sarà Mihajlovic a dover condurre la squadra dove per primo ha indicato che deve arrivare, se non saranno presi i giocatori che servono allora toccherà a Cairo spiegare perché ha voluto tenere ancora il sogno chiuso nel cassetto. Oggi l’ottimismo è giustificato e sono le stesse parole pronunciate da Mihajlovic prima e da Cairo poi a sdoganarlo, ma non significa che ci si accontenti di discorsi perché tutti si aspettano i fatti.