Mazzarri vs. Semplici: chi perde non mangia il panettone?
Se non proprio da ultima spiaggia, quella tra Toro e SPAL è una gara dal sapore di penultima spiaggia, per i rispettivi tecnici chiamati alla sfida. L'amaro lasciato in bocca ai rispettivi tifosi, illusi e poi delusi domenica scorsa: tra la debacle granata del Bentegodi, dopo il triplo vantaggio sull'asse Ansaldi-Berenguer (senza dimenticare il gran lavoro di Verdi e Zaza per propiziarlo), e quel rigore - questa volta trasformato - da Petagna, all'Olimpico, per un sogno, troppo bello per essere vero, durato meno di mezz'ora. Ma quali sono gli effettivi rischi per il futuro di ciascun tecnico sulla panchina attualmente occupata?
Che Leonardo Semplici, fiorentino classe '67, sia amato, amatissimo, nell'ambiente estense, è, al di là della stagione finora ricca di difficoltà, una certezza. Rilevata la squadra nel dicembre 2014, dall'ex-difensore centrale granata Oscar Brevi, Semplici, proveniente allora da numerose esperienze nel calcio toscano - tra le quali Arezzo, Pisa, e la Primavera della Fiorentina - aveva già riconquistato la Serie B, dopo ben 24 anni di assenza dalla categoria cadetta, nel giro di un anno e mezzo. Passa un altro anno, e, nel maggio 2017, arriva lo storico ritorno nella massima serie, che mancava pressappoco dal doppio del tempo (l'ultima apparizione 49 anni prima). Due salvezze inizialmente insperate - in particolare la prima - con Lazzari, ora punto fermo della Lazio e presenza fissa nel giro della Nazionale di Mancini, trascinatore assoluto. La scorsa estate, la necessità di una parziale rifondazione, e dei nuovi innesti che finora, Berisha escluso, non hanno dato i frutti auspicati. Mattioli e Vagnati, per ora, hanno confermato Semplici, accostato in estate anche a un futuro alla guida di realtà dal blasone e dalla capacità di spesa nettamente superiori (Sassuolo, Sampdoria, Udinese, persino la sua Fiorentina), e una sconfitta sul terreno del Grande Torino, contro una squadra dai mezzi e dal monte ingaggi decisamente imparagonabili a quelli estensi, è da mettere in conto. Molto dipenderà dalla qualità di questa eventuale sconfitta: se i biancocelesti, pur perdendo, mettessero in campo la tenacia, l'abnegazione, l'equilibrio mostrati nella prima ora di gioco contro la Roma, la fiducia a Semplici sarà con ogni probabilità rinnovata. In caso di batosta, invece, l'ambiente, specie ove le dirette concorrenti aumentassero il distacco da una SPAL già ultima in classifica, nonostante l'affetto nei confronti del tecnico, potrebbe esigere un cambio di rotta. Magari anche solo temporaneo, per tentare di imprimere nuova linfa alla squadra.
Diversa, ma con qualche punto in comune, la situazione di Walter Mazzarri. Il pari di Verona è un risultato insoddisfacente soprattutto per come si è verificato: triplo vantaggio, si diceva, dissipato, crolli psicofisici come quelli avvenuti nell'ultima mezz'ora scarsa del Bentegodi sono da sempre indicatori da tenere d'occhio. L'ambiente, a differenza di quanto si diceva per Semplici, non lo ama particolarmente, e la scia di fiducia generata dal cuore della passata stagione appare per lo più esaurita. Il gioco, per lo più, entusiasma ancor meno dei risultati, per quanto, sul banco d'accusa, da parte dei tifosi ci sia soprattutto la società, rea - si dice - di essere intervenuta sul mercato estivo in misura insufficiente e senza la necessaria tempestività. Da qui a parlare di esonero, considerato che Cairo nel progetto a lungo termine sembra credere ancora (ma una classifica finale che collochi i granata nella metà destra potrebbe cambiare le carte in tavola), ce ne passa. Va detto, però, che un ko interno contro la SPAL, eventualità che ammanterebbe la gara di un valore nefandamente simbolico, e che rappresenterebbe l'ennesima emorragia di punti "insindacabili" (come non pensare alla sconfitta interna contro il Lecce, alla Samp e all'Udinese "resuscitate" dal Toro in momenti di estremo appannamento delle stesse, e, infine, al rocambolesco 3-3 sul terreno dell'Hellas), metterebbe la società di fronte alla necessità di rispondere, specie in un momento così complicato dal punto di vista dei rapporti con la tifoseria - non solo quella organizzata - di una seconda metà di 2019 deludente quasi oltre ogni misura. Intanto, innanzitutto, si vinca senza e senza ma, per poter gustare un buon panettone sotto l'albero. Evitando un retrogusto amaro e, probabilmente, indigeribile.