Le difficoltà del passato devono indirizzare il mercato di oggi
Ci sono delle costanti nel Torino delle ultime due stagioni e non solo perché l’allenatore sia stato sempre lo stesso, infatti, anche se la squadra ha militato in categorie diverse sia in serie B sia in serie A il girone d’andata è stato in termini di punti più prolifico, seppur di pochissimo (serie B 42 a 41, serie A 21, con un punto iniziale di penalizzazione, a 19) e altra costante è che nel girone di ritorno si sono registrati un numero maggiore di gol (serie B 25 a 32; serie A 20 a 26), ma anche un incremento delle reti subite (serie B 13 a 15, serie A 22 a 33) che insieme allo stesso numero di vittorie (serie B 12 a 12, serie A 4 a 4) e ad un aumento delle sconfitte (serie B 3 a 4, serie A 6 a 8) e a una diminuzione dei pareggi (serie B 6 a 5, serie A 9 a 7) ha determinato che i punti conquistati nel girone di ritorno siano stati inferiori a quelli dell’andata. Questo tipo di andamento ha permesso comunque di centrare gli obiettivi stagionali, raggiungere la massima divisione e mantenerla, ma deve far riflettere.
Se in due campionati e in due stagioni differenti ci sono state delle costanti vuol dire che qualche cosa nella programmazione e nell’impostazione è rimasto uguale e poiché le costanti hanno prodotto un girone di ritorno inferiore a quello d’andata è evidente che qualche cosa dovrà essere cambiata se si vuole fare un passo in avanti positivo nella stabilizzazione dei risultati. Se il Torino in serie B avesse tenuto lo stesso andamento nel girone d’andata e in quello di ritorno avrebbe vinto il campionato, invece l’essere arrivato a pari punti con il Pescara ha impedito di conquistare il trofeo Coppa Ali della Vittoria poiché a causa della classifica avulsa (tiene conto: dei punti conseguiti negli incontri diretti; della differenza tra reti, segnate e subite, nei medesimi incontri; della differenza tra reti segnate e subite nell’intero campionato; del maggior numero di reti segnate nell’intero campionato; e se occorre del sorteggio) gli abruzzesi erano in vantaggio. Allo stesso modo in serie A l’aver disputato un girone di ritorno inferiore, anche se di pochissimo, a quello d’andata ha comportato che al termine della venticinquesima giornata, era il diciassette febbraio, al Torino mancassero solo otto punti a quelli che erano stati giustamente indicati dall’allenatore come certezza di permanenza nella categoria e si è dovuto attendere la penultima giornata, dodici partite dopo, per avere la certezza aritmetica di aver conseguito l’obiettivo. Non è possibile utilizzare come alibi il fatto che i granata dalla ventiseiesima alla trentasettesima gara hanno dovuto affrontare ben sei formazioni che lottavano per i primi posti in classifica (Lazio, Napoli, Roma, Fiorentina, Juventus e Milan) perché nello stesso periodo si sono confrontati anche con sei formazioni che avevano il medesimo obiettivo stagionale (Cagliari, Palermo, Parma, Bologna, Genoa e Chievo) e se con le forti i punti incamerati sono stati tre (vittoria con la Lazio) con le squadre alla portata quattro (pareggi con Palermo, Bologna, Genoa e Chievo), un bottino un po’ miserello.
In sede di calciomercato è evidente che le scelte dovranno essere differenti rispetto al passato se si vogliono ottenere risultati migliori. Le cessioni di Ogbonna e molto probabilmente anche di Cerci unite a quella di D’Ambrosio, che vuole andare via, e alle possibili squalifiche di Gillet, Gazzi e Barreto renderebbero la squadra molto meno forte dell’attuale, quindi è indispensabile che vengano presi giocatori che diano delle garanzie e che siano compatibili per caratteristiche tecniche e carattere con l’allenatore. L’aver finora preso solo il vice portiere, Padelli, è un po’ poco anche se non va scordato che per le comproprietà c’è tempo per accordarsi fino al 19 giugno alle ore 19 e per le buste si aggiunge un giorno, ma questa seconda possibilità rappresenta un’incognita grande e rischiare di perdere Darmian, Glik e Basha è una roulette russa troppo pericolosa. Se il Torino vuole anche solo restare in serie A ha l’obbligo di prendere calciatori che conoscono il campionato italiano e che non abbiano problemi ad imparare i movimenti che vuole Ventura. La squadra rispetto alla scorsa stagione subirà cambiamenti in ruoli chiave quindi sbagliare a individuare i nuovi giocatori vuol dire rischiare di non centrare l’obiettivo stagionale.
Tanti giocatori che vengono quotidianamente accostati al Torino sono tecnicamente idonei a giocare o con il 4-2-4 o con il 5-3-2, ma per ragioni diverse è difficile che approdino in granata perché costano e hanno ingaggi elevati fuori dai tetti che il Torino si è imposto, ad esempio Sorrentino o Scocco, oppure perché non hanno mai giocato in Italia, Farnerud o Valentini, e prenderli sarebbe un salto nel buio. Per andare sul sicuro e avere ottime possibilità di mantenere la categoria, poi se qualche cosa in più arriverà tanto meglio, è più saggio puntare su un mix di giocatori d’esperienza confermando i vari Rodriguez, Brighi, Santana e magari prendere calciatori come Borriello, Edgar Barreto o Almiron e puntare su giovani emergenti, ma che hanno già fatto vedere che possono dare un apporto concreto come Immobile e Schelotto. Si dice che chi non risica non rosica, ma è altrettanto vero che chi lascia la strada conosciuta per la nuova sa quel che lascia, ma non sa quel che trova.
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