La misura è colma per il Torino: quando si lavora servono testa e professionalità
~~Il calcio per giocatori, allenatori e dirigenti di serie A è un lavoro non un passatempo per dimenticare per novanta minuti i problemi della quotidianità, quindi non è accettabile che ripetutamente al termine delle partite del Torino si senta dire, da chi si presenta in conferenza stampa o in zona mista per le interviste, che: “i problemi sono nella testa”, “ci siamo lasciati sfuggire la partita di mano”, “siamo partiti bene poi è cambiato tutto”, “dovremo riflettere sui motivi”, “ce l’abbiamo messa tutta, ma non è arrivata la vittoria”, “il pareggio ci sta stretto”, “dovevamo fare più attenzione”, “l’avversario in fase difensiva e offensiva ha fatto bene meritando la vittoria”, “dobbiamo lavorare per uscire da questa situazione”, “voglio essere più decisivo nei cross”, “la nostra colpa e di non aver concretizzato e di aver subito un gol evitabilissimo”, “meritavamo di più, il pareggio sarebbe stato più giusto”, “purtroppo gli avversari alla prima occasione che hanno ci fanno gol”. Basta! Una volta può capitare, magari anche due che si sbagli la partita, non quasi sempre.
Se dovete lavorare di più, forse vuol dire che negli allenamenti a porte chiuse avete battuto la fiacca? Oppure che avete lavorato male? Se dovete riflettere sui motivi della crisi allora fatelo e se non riuscite a trovare le cause forse siete inadeguati. Se il pareggio vi sta stretto, bastava segnare un gol in più degli avversari e avreste vinto. Se dovevate fare più attenzione vuol dire che siete stati distratti. Chi vuole essere più decisivo nei cross o nei tiri in porta deve provarli ripetutamente in allenamento ed essere concentrato in partita al momento di effettuarli. Se il gol era evitabilissimo perché l’avete subito? Se meritavate di più, perché ha vinto l’avversario e non voi? Se i giocatori dell’altra squadra riescono a fare gol alla prima occasione vuol dire che sono più bravi e più precisi. Se ce l’avete messa tutta, perché avete solo pareggiato e non vinto? Forse perché avete dei limiti.
Cairo e Patrachi quando sentono queste dichiarazioni che cosa pensano? Ah, saperlo! Loro come si spiegano che la squadra non è più capace a disputare una partita decente senza dover recriminare alla fine? Una vittoria nelle ultime cinque partite con la penultima e due pareggi con l’ultima e la quart’ultima evidenziano che ci sono problemi e non piccoli, se poi si va a ritroso e si analizzano tutte e ventiquattro le partite disputate il declino è lampante. Se il Torino non avesse vissuto di rendita grazie ai dieci punti conquistati nelle prime quattro partite del campionato gli altri diciotto punti fatti in venti gare dove lo collocherebbero oggi? Non ha nessuna importanza che la squadra granata non rischi la retrocessione perché aggrapparsi a questo è fare il male del Toro non volendo affrontare la situazione. I due massimi dirigenti sono sicuri di aver agito bene in sede di calciomercato? Il sospetto è che o hanno sopravalutato le potenzialità di più di un giocatore e la capacità di Ventura di riuscire a mantenere la squadra sui livelli delle due passate stagioni oppure non si sono accorti che nello spogliatoio qualche cosa sì è incrinato, a prescindere da frasi di circostanza dove si dichiara che tutto va bene e che c’è armonia. E adesso che cosa pensano di fare nell’interesse del Toro e anche nel loro?
Fino a quando si cercherà di nascondere la polvere sotto il tappeto i problemi resteranno e s’ingrandiranno. E’ urgente agire per dare una scossa ad allenatore e giocatori e se nel giro di poco tempo, si ha a che fare con professionisti e non con dilettanti, non si vedranno cambiamenti concreti si dovranno prendere misure più drastiche per far capire a tutti che il Torino non è un “clubettino”, ma una società che ha scritto la storia del calcio italiano dal 3 dicembre 1906. Chi non fosse all’altezza di 109 anni di storia si accomodi altrove: grazie di cuore per quello che è riuscito a fare, ma adesso servono professionisti di qualità superiore per alzare l’asticella, sempre che si voglia alzarla.