Joe Hart: "Giocare al Toro mi è piaciuto tanto. Futuro? Difficile in Premier"
La sua stagione in maglia Toro, targata 2016/17, prima di Sinisa Mihajlovic, quella delle "esplosioni" di Belotti, Baselli, e Zappacosta, fu l'ultima che lo vide mantenere i gradi da titolare, dall'inizio alla fine. Arrivato come colpo di mercato inatteso, Joe Hart era all'epoca ancora nel giro della nazionale, pur scaricato da quel Manchester City di cui aveva difeso i pali, quasi ininterrottamente, per sei annate consecutive (vincendo per due volte la Premier League, oltre a due edizioni dell'EFL Cup e una della FA Cup). Tornato in patria l'estate successiva, l'estremo difensore classe '87 aveva prima perso il posto al West Ham, in favore dello spagnolo Adrián, ora secondo di Alisson nel Liverpool di Klopp, finendo poi relegato in panchina anche al Burnley.
In uscita dai Clarets a fine stagione, a parametro zero, il gigante d'Albione, che ha compiuto 33 anni lo scorso 19 aprile, ha candidamente ammesso, ai microfoni del The Guardian, di sperare poco in un suo ritorno ai livelli che lo portarono, tra l'inizio e la metà dello scorso decennio, ai vertici del calcio internazionale: "Non essere scelto come titolare fa male, certo. Però, personalmente, cerco di far mio quel genere di sentimento, e di sfruttarlo per mantenere vivo quel 'fuoco sacro' necessario a dare il meglio di se stessi. Il lockdown? Mi ha reso ancor più consapevole di quanto io abbia bisogno di giocare a calcio. E voglio tornare a essere al centro di un progetto. So che non potrà accadere al Real Madrid, naturalmente. Questo non perché io pensi di aver perso le mie capacità, ma perché so come funziona il calcio".
Hart ha poi proseguito la conversazione spostandosi su un piano decisamente più personale: "Anche se ho incontrato il Principe William, per il programma della BBC sui danni provocati dalle patologie psicologiche e psichiatriche, voglio mettere in chiaro di non aver sofferto di depressione acuta. Certo, essere esclusi è dura, specie quando guardi ai momenti in cui vincevi i campionati da titolare. E quando Pellegrini mi tolse il posto da titolare nel 2013/14, parlare con uno psicologo dello sport, Jamie, mi aveva aiutato molto. Avevo un ottimo rapporto con l'allenatore, e dopo sei partite ero tornato a giocare regolarmente. Tuttora vedo Jamie regolarmente, e i colloqui con lui sono diventati una parte importante della mia vita".
Chiosa sulla sua esperienza in maglia Toro: "Prima di lasciare il City, mi ero premurato di parlare con Guardiola. Per lui era importante lasciare un'impronta nella storia del club, e riteneva che a questo scopo gli servisse un portiere che fosse più bravo palla al piede di quanto fossi io. E non si può certo dire abbia fatto fatica a imporre la propria linea, e ottenere grandi risultati. Pep è un uomo brillante, e dal punto di vista personale siamo sempre andati d'accordo. Il Toro? Farne parte mi è piaciuto tantissimo. L'esperienza in un altro campionato, un altro paese, un'altra cultura, uno stile calcistico diverso da quello inglese. Sicuramente lo rifarei. Club interessati a me? Ne spunteranno fuori. Sarò libero da contratti, prendermi è un buon affare. Dove non importa, l'importante è che sia al livello più alto possibile. Temo sarà difficile ciò sia possibile in Premier. Ma non vedo l'ora di poter nuovamente spiegare le ali, e riprendere a volare".