Izzo si racconta: "Io, i Mondiali, la Coca Cola e le guerre nelle partitelle"
Armando Izzo si è raccontato in prima persona al portale cronachedispogliatoio.it e ne è emerso un quadro interessante, a tratti anche inedito anche se molto del suo passato e del suo presente è noto. Lui ha cominciato così: "Le partitelle erano una guerra. C’era di tutto. E nessuno voleva perdere. C’erano bambini, c’erano figli di mafiosi, c’erano pregiudicati, e soprattutto c’era tanta competitività. Entrate dure, agonismo puro. Io il rispetto me lo sono guadagnato sul campo. Ero bravo e per questo mi rispettavano. Nessuno mi ha mai detto: ‘Sei un fenomeno’. Non mi dicevano niente, ma quando facevamo le squadre ero sempre il primo a essere scelto. Non pensavo che sarei diventato un calciatore, proprio perché quando sei lì non vedi prospettive. Ne esce uno ogni 50 anni. Insieme a me ce l’ha fatta Gaetano Letizia, che è del mio quartiere. Una cosa era certa: quando nasci senza niente, l’unica cosa che puoi mettere in palio è il cuore".
Le sue origini sono anche la sua forza: "La fame mi ha portato dove sono e non ho paura di tornare indietro. Né di guardare in quel buco nero. Ho sofferto quando uscirono le voci del calcioscommesse. La mia immagine davanti a tutti: il mio sogno stava svanendo all’improvviso. Ho avuto un lampo: non volevo me lo portassero via. Le mie origini hanno influito sul giudizio della gente, ma io non sputo sui posti in cui sono cresciuto.
I sogni sono quelli di ogni calciatore, compreso l'azzurro: "Nel 2006 quando abbiamo vinto il Mondiale mi sono visto tutte le partite in piedi, con un panino in mano, bevendo Coca-Cola. Adesso mi gioco le qualificazioni agli Europei e penso a quei ragazzi che mi guardano in piedi, con un panino in mano, bevendo Coca-Cola. Sono uno di voi".
Anche oggi il passato non si dimentica: "I miei compagni mi chiedono come sia Scampia. Mostro le foto, mi dicono che vorrebbero vedere con i loro occhi. Tomás Rincón, ad esempio, è uno dei più interessati. La mia storia è simile a quella di Paulo Dybala, anche lui viene dal nulla e ha perso il padre da piccolo. Dopo un derby gli sono andato incontro e gli ho detto: ‘Io e te abbiamo una storia simile. Ci fa onore per quello che siamo diventati’. E l’ho abbracciato. ‘Noi due siamo simili’".