Il Torino si è involuto: il tempo ha portato via la luccicante placca che ricopriva la squadra
Alla lunga tutto viene fuori, un po’ come quando si placca con l’oro un oggetto fatto di metallo meno nobile che una volta consumato il luccicante strato superficiale emerge ciò che c’è sotto. Al Torino sta succedendo proprio questo. In estate è vero che sono stati presi, seppur tardivamente, alcuni giocatori che hanno qualità tecniche, ma più di uno aveva un pregresso di infortuni che ne avevano condizionato le prestazioni negli anni precedenti, Pjaca e Praet, e per il resto, a parte Brekalo e Pobega, due ragazzi di belle speranze, Zima e Warming, più il secondo portiere, Berisha, e fatti rientrare dai prestiti Djidji e il terzo portiere Gemello. La squadra però era rimasta parecchio simile a quella che nei due precedenti campionati si era salvata all’ultimo, via Sirigu, Nkoulou, Lyanco, Meïté, Falque e Ujkani e non rinnovati i prestiti di Bonazzoli, Murru e Gojak. Ma sono rimasti parecchi calciatori che non rientravano nei piani tecnici, Izzo, Rincon, Baselli, Verdi, Zaza e in parte anche Linetty e Ola Aina.
Una rivoluzione solo abbozzata e giocatori consegnati a Juric, che forte delle sue passate esperienze, soprattutto quella al Verona, aveva il compito di cambiare mentalità, ridare gioco e far sì che la squadra subisse meno gol. Il mister e il suo staff hanno lavorato con impegno e fatto il possibile per rivoltare il Torino e cambiarlo e ci sono riusciti dovendo fare i conti con l’infortunio a Belotti e quelli a Pjaca, Praet, Ansaldi e Mandragora, pure lui in passato aveva avuto problemi fisici, e il focolaio Covid. La società ha voluto affidare la porta a Milinkovic-Savic, che sotto la guida di Palo Di Sarno, è migliorato. Djidji e Rodriguez sono stati rimessi a lucido. Lukic è divenuto un perno del centrocampo. Mandragora si è confermato ai suoi livelli. Buongiorno, Singo e Pobega hanno proseguito nel rispettivi percorsi di crescita. Vojvoda ha fatto passi in avanti. Warming sta cercando di inserirsi nel campionato italiano. Sanabria ci ha messo determinazione e impegno, ma resta il limite che segna poco e su questo l’allenatore può farci poco. Il girone d’andata, pur con qualche alto e basso, la difficoltà a fare punti in trasferta, in generale il segnare un po’ poco e seppur la difesa sia una fra le più solide della Serie A il subire reti per errori individuali e collettivi, soprattutto nei finali di partita, è stato positivo in quanto il Torino non è mai stato nei bassifondi della classifica e si è assestato nella parte centrale. Per fare ulteriori passi avanti nel mercato di gennaio servivano rinforzi adeguati, ma invece sono arrivati tre ragazzi di belle speranze, Pellegri, anche lui con alle spalle anni di problemi fisici, Ricci e Seck, che non ha mai giocato in Serie A, più Fares, altro con pregressi di infortuni importanti e che si è subito rotto chiudendo anzitempo la stagione. Almeno sono stati ceduti alcuni esuberi, Rincon, Baselli, Verdi (solo in prestito) e il quarto portiere Sava.
E pensare che il girone di ritorno era iniziato con il botto, dopo la partita non disputata con l’Atalanta a causa del focolaio Covid. Infatti, il Torino aveva vinto con Fiorentina e Sampdoria ed era tornato Belotti, al rientro dal secondo infortunio, e ha ripeso a segnare con continuità, gol annullato al Venezia, e reti a Juventus e Cagliari, ma si è fatto male nuovamente Praet, che era stato sempre utilizzato da Juric quando stava bene. Poi però è arrivata l’involuzione. Iniziata con il pareggio col Sassuolo e proseguita, acuendosi, con le sconfitte con Udinese e Venezia, mitigata solo dal pareggio con la Juventus, ma confermata ieri dalla sconfitta in casa con il Cagliari. Il portiere Milinkovic-Savic ha fatto passi indietro commettendo errori e dimostrando incertezze nelle uscite e letture tardive o non precise delle situazioni di gioco. In generale Il Torino è sembrato come sedersi accontentandosi di ciò che aveva fatto e della salvezza di fatto raggiunta. Questo è avvenuto dopo il mercato di gennaio che non ha portato rinforzi pronti subito, alla lunga gli infortuni patiti da giocatori chiave hanno condizionato la forma fisica non solo dei singoli, ma in generale della squadra e ha fatto il resto la progressiva mancanza di un vero obiettivo poiché la distanza da una posizione utile per la Conference League è divenuta sempre meno obiettivamente colmabile. Così a fine febbraio e a dodici partite dalla fine il Torino non ha più nulla da chiedere la campionato se non che giunga la termine senza grandi scossoni. Juric e il suo staff potranno fare di tutto per dare una scossa e magari ci riusciranno anche in parte, ma sembra improbabile che il Torino disputi un brillante finale di stagione perché la luccicante placca ormai è andata via ed è emerso ciò che era stato coperto. Non basta avere un allenatore emergente e con capacità come Juric se poi non gli si dà una rosa adeguata perché al più si ottiene di arrivare nella parte centrale della classifica, ma non si fa il salto di qualità.